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Crisi Stellantis: a Mirafiori le tute blu preoccupate per il futuro

Dopo le parole dell'amministratore delegato Carlo Tavares, ai cancelli rabbia e paura: "Tre quarti della fabbrica vuoti'"

Crisi Stellantis: a Mirafiori le tute blu preoccupate per il futuro

Operai

Ai cancelli di Mirafiori non si respira un'aria buona. Al cambio turno delle 14 le tute blu escono come sempre in fretta e pochi hanno voglia di fermarsi con i cronisti.

Non sono piaciute a nessuno le parole dell'amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, che ha indicato la fabbrica di Torino, dove vengono prodotte la 500 elettriche e le Maserati, e Pomigliano come gli stabilimenti italiani i cui posti di lavoro sono più a rischio.

"Era già nell'aria perché le produzioni continuano a diminuire, abbiamo paura che non investano più a Mirafiori. Oggi a mensa e davanti alle macchinette era l'argomento principale" spiega Ivan Finotello delle carrozzerie, addetto al montaggio delle Maserati.

"Siamo delusi, io ho già subito la chiusura della Bertone, di nuovo lo stesso spettro. Non vediamo futuro, abbiamo una grande ansia. Non ci sono progetti, modelli futuri. Tre quarti dello stabilimento sono vuoti" afferma Gabriele Bertolas, 56 anni, operaio prima della Bertone e poi dal 2009 di Fca e Stellantis.

"Siamo rassegnati, c'è poca fiducia, abbiamo la sensazione che la fabbrica stia chiudendo. Speriamo di poter essere spostati in altri siti come l'hub dell'economia circolare, soprattutto speriamo di riuscire ad andare in pensione. Tavares pensa solo a guadagnare e non a noi. Speriamo nella politica, il governo fa bene ad alzare la voce anche se forse è un po' tardi", aggiunge Enzo Palomba, operaio della carrozzeria.

Parla di ansia e di angoscia anche Dario Ghionda, 59 anni, che lavora all'hub di economia circolare: "Non conosciamo le vere intenzioni dell'azienda, stiamo lavorando molto poco. Ora ci saranno altre tre settimane di cassa integrazione. Abbiamo paura di una possibile chiusura, non sembra esserci tanto interesse a ripristinare le aree dove lavoriamo. Tavares pensa all'azienda a livello globale e non locale, tende a favorire quei territori dove ci sono costi più bassi".

Preoccupazioni condivise anche da Roberto De Benedetto, operaio tecnico della qualità della Maserati. "In fabbrica c'è un clima di tristezza, ma anche tanta rabbia, sono cose che prevedevamo. I francesi cercano di portarsi tutto in Francia. E' un ricatto, vogliono i soldi del nostro Stato. Noi non abbiamo mai smesso di fare cassa integrazione che pagano i cittadini italiani. Non portano qui nuovi modelli, le nuove Maserati non verranno fatte a Torino. Questa oggi è la fabbrica più grande e più vecchia in Europa, non ha futuro".

Carlo Tavares, amministratore delgato di Stellantis

LO STATO IN STELLANTIS?

L'ingresso dello Stato in Stellantis, questione venuta alla ribalta negli ultimi giorni, appare difficilmente percorribile anche perché gli scogli da superare sono molti: dove comprare le azioni soprattutto se si intende avere una partecipazione al capitale non simbolica, il costo di queste azioni, i reali benefici.

Stellantis, nata nel 2021 dalla fusione tra Fca e Psa, ha una capitalizzazione, ai valori attuali di Borsa, di 67 miliardi di euro. Se il governo italiano oggi volesse acquisire una quota pari al 6,1% - uguale a quella che il governo francese detiene attraverso Bpi, l'equivalente della nostra Cassa Depositi e Prestiti - dovrebbe, quindi, pagare ai valori di Borsa attuali 4,1 miliardi di euro. Non bisogna però dimenticare che nel frattempo Bpi, che come Exor e Peugeot è azionista di lungo corso di Stellantis, dopo tre anni di possesso della quota, ha chiesto e ottenuto di aumentare i diritti di voto in assemblea.

Quindi oggi il governo francese ha un peso pari al 9,6%. Con lo stesso meccanismo Exor è salita al 23,13% e Peugeot all'11,1%. Questo vuol dire che se anche acquisisse il 6,1% spendendo 4,1 miliardi il governo italiano non avrebbe lo stesso peso del governo francese. Non sarebbe neanche automatico un posto nel board di Stellantis perché dovrebbe essere presentata in assemblea una lista in grado di avere una minoranza qualificata di capitale a sostegno della proposta.

La discussione sulla possibilità di una partecipazione dello Stato italiano nel capitale di Stellantis, ritornata in questi giorni al centro delle cronache, non è nuova. Già nel 2022, un anno dopo la fusione, il Copasir aveva chiesto di valutare l'ingresso di Cassa depositi e prestiti nel gruppo Stellantis per controbilanciare il peso della Francia nel gruppo.

A porre la questione relativa all'acquisizione di una quota di minoranza della società è stato già in passato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. L'iniziativa avrebbe potuto essere messa a punto anche attraverso il Fondo nazionale Made in Italy previsto da un disegno di legge del governo Meloni. Ci sono tuttavia alcuni ostacoli. Il fondo sovrano investirebbe solamente nelle aziende con sede legale in Italia, mentre Stellantis è una società di diritto olandese. Inoltre il presidente del gruppo John Elkann ha spiegato che Stellantis non ha bisogno della presenza dello Stato italiano perché gli Stati intervengono quando una società va male e che la presenza dello Stato francese è dovuta alle difficoltà avute in passato da Psa che avevano richiesto un salvataggio pubblico.

Anche in Italia in passato lo Stato è intervenuto per salvare un'azienda dell'auto. Bisogna risalire al 1933 quando il governo italiano decise di rilevare, attraverso l'Iri, le quote dell'Alfa Romeo che era già di proprietà delle banche. 

SINDACATI SUL PIEDE DI GUERRA

Resta alta la tensione tra il governo e Stellantis, mentre sindacati e Pd chiedono alla premier Giorgia Meloni di convocare Carlos Tavares. Al centro dell'attenzione del mercato c'è, invece, il possibile ingresso dello Stato nel capitale del gruppo italo francese, una strada che appare però difficilmente percorribile anche perché gli scogli da superare sono molti: dove comprare le azioni soprattutto se si intende avere una partecipazione al capitale non simbolica. Il costo di queste azioni (l'esborso per una quota uguale a quella del governo francese che detiene il 6,1% sarebbe ai valori attuali di 4,1 miliardi), i reali benefici.

"Lo stato in Stellantis? Io entrerei in Ferrari" ironizza il ministro Giancarlo Giorgetti. E' ancora il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, a intervenire pesantemente. "Se a dicembre la Volkswagen ha superato nelle vendite in Italia Stellantis, se i cittadini italiani hanno preferito acquistare un'auto prodotta all'estero piuttosto che una fatta in Italia, a fronte di condizioni di mercato e incentivi simili, il problema non è del governo ma dell'azienda" osserva.

IL MINISTRO GIORGETTI

"Negli scorsi anni - rileva Urso - il 40% degli incentivi è andato a Stellantis, come è giusto che fosse, ma la metà di questi sono finiti a modelli prodotti all'estero e importati in Italia. Non può continuare così". Da Bruxelles Antonio Tajani invita "a seguire con grande attenzione la vicenda di Stellantis affinché non si perdano posti di lavoro come peraltro non si devono perdere all'Ilva e il governo è impegnato". I sindacati chiedono alla presidente del Consiglio di convocare Tavares, le cui parole hanno creato forti timori tra i lavoratori negli stabilimenti di Mirafiori e di Pomigliano, quelli più a rischio senza il sostegno dello Stato. Al presidente del Consiglio scrive una lettera il sindaco di Torino Stefano Lo Russo che si fa portavoce dello "stato di apprensione per il futuro occupazionale della fabbrica di Mirafiori espresso da tutte le sigle sindacali".

"Il Governo non può tacere di fronte alle minacce dell'ad di Stellantis sul futuro di Mirafiori e Pomigliano, convochi subito Tavares in Italia ad assumersi delle responsabilità e impegni chiari" sollecita la segretaria del Pd Elly Schlein.

La segretaria del Pd Elly Schlein

"Il governo convochi subito un incontro con Stellantis e con i sindacati perché c'è bisogno di definire le produzioni e di salvaguardare l'occupazione in tutti gli stabilimenti del nostro Paese" afferma il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, mentre il leader della Cisl Luigi Sbarra ricorda a Tavares che "gli incentivi sono risorse pubbliche e non regalìe" e chiede al governo di farsi "garante di un patto tra istituzioni, impresa e sindacati sul rilancio del settore auto nel nostro Paese".

"Siamo dispiaciuti e arrabbiati. Le dichiarazioni di Tavares sono preoccupanti e ingenerose nei confronti dei lavoratori di tutti gli stabilimenti italiani di Stellantis" spiega il segretario generale della Uilm Rocco Palombella. "La premier Meloni convochi Tavares e le organizzazioni sindacali per arrivare a un accordo per tutelare produzione e occupazione in Italia. Negli ultimi anni abbiamo perso 11.500 posti di lavoro in Stellantis" insiste Michele De Palma, segretario generale della Fiom, mentre Roberto Di Maulo, segretario generale della Fismic Confsal, chiede al governo "di smetterla di ingaggiare dei corpo a corpo con il principale produttore di auto italiane, che è Stellantis, e uscire fuori da generiche affermazioni che sembrano minacce inutili. Se ha realmente intavolato delle discussioni con altri produttori, che non siano cinesi, noi ne siamo ben lieti, ma deve rendere attrattiva la possibilità per investitori esteri e attrattivo il nostro Paese".

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