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Scuola
02 Febbraio 2024 - 17:55
Il Senato ha approvato in prima lettura il disegno di legge governativo che riforma l’istruzione tecnico-professionale con l’introduzione del nuovo modello 4+2.
“Si tratta di una riforma molto attesa dalle scuole e dal mondo produttivo in cui questo governo crede fortemente”, ha detto il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. “Il via libera segna una tappa fondamentale di una riforma che serve ai nostri giovani e al Paese”, ha aggiunto.
Il ministro dell’Istruzione ha poi sottolineato che “avremo una filiera della formazione tecnica e professionale di serie A, che potrà contare sul potenziamento delle discipline di base e sull’incremento di quelle laboratoriali e professionalizzanti, sul maggior raccordo fra scuola e impresa, ma anche sulla maggiore internazionalizzazione e ricerca”.
Secondo il ministro dell’Istruzione “non si tratta di ridurre di un anno i programmi alle superiori ma di avere programmi rivisti e potenziati su 4 anni, mantenendo inalterato il numero dei docenti e dunque avendo più insegnanti per classe”.
L’obiettivo, secondo Valditara, è che “i giovani abbiano la preparazione adeguata per trovare più rapidamente un impiego qualificato e che le imprese abbiano le professionalità necessarie per essere competitive”.
A manifestare un interesse sono state circa 170, la maggior parte con sede nelle regioni del sud.
Inutile dire che in molte scuole, i collegi dei docenti hanno affrontato lunghe discussioni e in diversi casi, alla fine, hanno deciso di non aderire .
Significativo il caso del Piemonte (6 scuole hanno aderito) e ancora emblematico il caso dell’Istituto di istruzione superiore “Olivetti” di Ivrea dove – come raccontano alcuni docenti che hanno scritto alla nostra redazione – il progetto è stato bocciato nel corso di un collegio dei docenti svoltosi il 29 gennaio.
Il caso di Ivrea appare ancora più clamoroso se si pensa che è avvenuto in una scuola intitolata a Camillo Olivetti, padre di Adriano che negli anni ’50 aveva contribuito a realizzare sul territorio solidi rapporti fra l’impresa e il mondo della scuola.
“Nei nostri confronti – scrivono i docenti – si stanno facendo, sulla stampa e non solo, critiche che potrebbero danneggiare la nostra scuola nella delicata fase delle iscrizioni”.
“In realtà – spiegano i docenti – nel corso della seduta del collegio sono emerse forti argomentazioni, fondate e coerenti, di carattere pedagogico e didattico, basate sulle esperienze pregresse di molti docenti che per anni hanno prestato servizio sia nella scuola tecnica, sia professionale e, in virtù di ciò hanno riflettuto sulle difficoltà concrete emerse nel corso di passate sperimentazioni attuate dall’istituto”.
“Tali motivazioni – proseguono – hanno spinto la maggior parte degli insegnanti [109 su un totale di circa 135] a votare contro la proposta di sperimentazione che non solo assimila l’istruzione superiore tecnica a quella professionale, ma anticipa anche l’entrata nel mondo del lavoro degli studenti a scapito della formazione di competenze di base vitali per fronteggiare una realtà complessa e multiforme ed impone alla scuola di abdicare alla sua funzione primaria che è quella di educare e formare la persona, per favorire l’addestramento di manodopera in base alle richieste contingenti del mercato”.
“Il collegio dei docenti – concludono i firmatari della lettera – non ha bocciato la sperimentazione per il timore della perdita del posto di lavoro, né teme cambiamenti o riforme che possano arricchire l’offerta formativa. Molto più concretamente chi ha votato no alla sperimentazione ha esercitato il diritto/dovere di esprimersi su una riforma considerata non favorevole agli studenti sotto il profilo organizzativo e didattico”.
A livello nazionale e regionale proseguono intanto incontri di presentazione della sperimentazione del “4+2” organizzati dalle Regioni, dagli Usr e da altri organismi finalizzati soprattutto a “convincere” gli ultimi incerti sulla scelta da fare al termine della secondaria di primo grado.
Anche perché, è bene ricordarlo, le 170 adesioni fin qui prevenute da tutta Italia dovranno essere confermate dalle iscrizioni: in mancanza di richieste delle famiglie, infatti, i percorsi rimarranno sulla carta e non si tradurranno in classi effettive.
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