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San Giusto
01 Dicembre 2023 - 19:39
Alessandro Dotto è morto nel 2014 mentre pilotava il suo Tornado
A distanza di oltre nove anni non ci sono responsabili per lo scontro tra due Tornado dell'Aeronautica militare nei cieli di Ascoli Piceno in cui persero la vita quattro militari, tra questi il capitano Alessandro Dotto di San Giusto Canavese.
A bordo del Freccia 21 c'erano i capitani Mariangela Valentini e Paolo Piero Franzese, il Freccia 11, invece, era pilotato dai capitani Giuseppe Palminteri e Alessandro Dotto.
Morirono tutti in quel drammatico schianto del 19 agosto del 2014 e ci vollero giorni per recuperare i loro resti e mesi per quelli dei due jet che si erano alzati in volo dalla base di Ghedi (Brescia) per un'esercitazione militare in ambito Nato che si doveva concludere con un attacco simulato fra i monti Sibillini del centro Italia.
Un incidente che ha originato varie inchieste (una della Procura militare) e che oggi ha conosciuto una prima verità giudiziaria: il giudice del Tribunale di Ascoli Matteo Di Battista ha assolto i due avieri imputati di omicidio colposo e disastro aviatorio colposo, gli ufficiali Fabio Saccottelli e Bruno Do Tora, in servizio a Ghedi.
La Procura di Ascoli aveva chiesto la condanna a 12 mesi (pena sospesa) solo per Saccottelli, 43 anni di Verbania, che si è sciolto in lacrime alla lettura della sentenza assolutoria, e l'assoluzione per Di Tora, 47 anni, di Caserta.
Di Tora e Saccottelli erano in servizio presso la base di Ghedi: al primo, 47enne, originario di Caserta all'epoca comandante del 154/o Gruppo, era affidata la responsabilità della pianificazione dell'esercitazione; Saccottelli, 43 anni, di Verbania, era il capo cellula della pianificazione area target della stessa esercitazione.
Ad entrambi erano contestate negligenze nella pianificazione della missione e nell'assistenza agli equipaggi di Freccia 11 e Freccia 21, che si scontrarono sopra Venarotta poco dopo le 14.00 causando la morte dei quattro piloti.
Lo scontro avvenne dopo la simulazione dello sgancio di bombe, nella fase di "deconfliction" ad una quota nella quale il Freccia 21, con a bordo Valentini e Franzese, non si doveva trovare. Per l'accusa, sostenuta oggi dal procuratore capo di Ascoli Piceno Umberto Monti, il velivolo era lì per un errore nella pianificazione della missione.
Secondo la difesa e l'Avvocatura di Stato invece ci sarebbe stato un errore del capitano Mariangela Valentini, tanto che è stato raggiunto un accordo di risarcimento solo con i familiari dell'equipaggio del Freccia 11.
La sentenza ha stabilito che non ci sono colpe da addebitare a Saccottelli e Di Tora, ma per conoscere se è stata una fatalità o se effettivamente è stata la scelta del capitano Valentini occorrerà conoscere le motivazioni della sentenza attese entro 90 giorni. Le perizie dell'Aeronautica militare sono confluite ed hanno avuto un peso in quella della Procura di Ascoli che nel 2018 l'allora procuratore Michele Renzo concluse chiedendo l'archiviazione.
Il gip però accolse l'opposizione dei familiari dei quattro piloti e la successiva inchiesta diretta dal procuratore di Ascoli Umberto Monti ha portato al processo a Saccottelli e Di Tora. "Quasi sicuramente farò ricorso in Appello" ha commentato il pm Monti dopo la sentenza.
"Ci siamo costituti per l'onore di una ragazza che ha fatto seriamente il suo mestiere e che ora viene da qualcuno indicata come responsabile del tragico evento. Semmai nelle motivazioni dovesse passare questo concetto, faremo ricorso" ha annunciato l'avvocato Claudio Polidori, legale della famiglia Valentini.
"I familiari dei piloti di Freccia 21 hanno comunque avuto i benefici previsti per le vittime del dovere. Non potevamo accettare, però, che questo risarcimento venisse fondato sulla condanna di due innocenti" ha concluso l'avvocato Massimo Giannuzzi per l'Avvocatura di Stato.
Quando Alessandro volava sui cieli del Canavese era solito 'salutare' i suoi compaesani di San Giusto facendo con il suo aereo una sorta di 'inchino'.
A raccontarlo sono i suo conoscenti di San Giusto. "Quando volava qui sopra di noi trovava sempre il modo di manovrare leggermente l'apparecchio in segno di saluto. Di solito uno dovrebbe avere paura se un aereo si avvicina di più al paese. Ma noi sapevamo tutti che era lui ed eravamo tranquilli".
Per tutti Alessandro era il classico bravo ragazzo. Viveva a Ghedi, dove aveva una fidanzata, ma tornava spesso a trovare i genitori. Prima di morire, quella tragica estate, aveva trascorso il Ferragosto in famiglia a San Giusto. Era bravo disponibile con tutti, un ragazzo con la testa a posto.
Cresciuto a San Giusto Canavese, era entrato in Aeronautica una decina di anni prima della sua tragica fine. Aveva frequentato l'Accademia aeronautica di Pozzuoli requentando il corso Drago V nel 2003. Pochi mesi prima del drammatico 19 agosto 2014, era stato nominato capitano.
"Quella di Alessandro per gli aerei era una passione nata da bambino. Giocava sempre con aerei di carta e piccoli modellini. Poi aveva visto visto Top Gun ed era rimasto come fulminato". Così gli amici e i conoscenti di San Giusto Canavese avevao ricordato Alessandro dopo al sua morte. A 15 anni aveva chiesto ai genitori di poter frequentare la scuola di preparazione alla guida di aerei. "Loro in un primo tempo si erano opposti, ma poi era stato talmente insistente avevano accettato - ricordano in paese -. Adesso erano orgogliosi di lui".
Il funerale di Alessandro Dotto era stato celebrato nella sua San Giusto
Un Tornado che si staglia nel cielo, in controluce, sopra uno strato di nuvole:era questa la foto di copertina del profilo Facebook del capitano Dotto. Era stato lui a scattarla, dall'abitacolo dell'aereo "perché a volte il momento è proprio perfetto e non si può non immortalare" aveva scritto sotto l'immagine.
Alessandro, 31 anni, originario di San Giusto Canavese, un grappolo di case nelle campagne a una ventina di chilometri da Torino, portava dentro di sé la passione del volo fin da bambino.
"Ce l'aveva nel sangue", raccontava la zia. "Da piccolo giocava in continuazione con gli aeroplanini di carta e modellini vari. Lo fanno in molti, come tanti bambini. Ma poi vide "Top Gun", il film con Tom Cruise. E per lui fu come una folgorazione, non ci fu verso di lasciarlo a terra. "A 15 anni - raccontano i conoscenti di San Giusto Canavese - aveva insistito per andare in una scuola preparatoria. Mamma Ninetta e papà Lino, in un primo tempo, si erano opposti. Poi si arresero. Accettarono. E adesso erano orgogliosi di lui".
A San Giusto Canavese, il giovane militare era una piccola celebrità. Nella pasticceria-caffetteria dei signori Dotto tutti lo conoscevano. E tutti dicono che era "un tipo a posto, senza grilli per la testa, senza pose da Rambo, sempre pronto a scambiare due chiacchiere".
I suoi genitori gestivano fin dal 1999 il bar caffetteria "Dolce Luna" nel centro del paese. La mamma era attiva nella locale associazione di commercianti. Il fratello, 20 anni all'epoca dei fatti, aveva da poco preso la maturità scientifica. E proprio per festeggiarne il compleanno, la domenica prima dell'incidente, Alessandro aveva preso una licenza.
"Nonostante fosse via da tanti anni - raccontano gli amici - non si era mai dimenticato di noi. Quando era a San Giusto bastava fare un salto al bar e lo trovavi lì, allegro e sorridente".
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