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Lupi e Orsi

Guai a chi tocca Lupo Alberto! I lupi non azzannano un uomo da ben 200 anni ma...

I Collezionisti di Grandi Carnivori sapranno gestirli?

Guai a chi tocca Lupo Alberto! I lupi non azzannano un uomo da ben 200 anni ma...

Come per i lupi, il conflitto tra orso e attività antropiche può generare una scarsa accettazione del plantigrado, ostacolando la politica di tutela della specie e ciò è verosimilmente causata da un’inefficace gestione dei due predatori.

Non basta, a mio avviso, risarcire i danni causati dai Grandi Carnivori, fornire agli allevatori cani da guardiania, segnaletica di “attenzione” e barriere elettrificate.

Bisognerebbe fare un passo in più: adeguare l’impianto normativo burocraticamente farraginoso, procedere ad un monitoraggio serio e capillare con la definizione di una mappa del rischio che comprenda l’identificazione delle aree di presenza dell’orso e del lupo e delle strutture antropiche sensibili, da aggiornarsi periodicamente.

E ancora: organizzare una trasparente comunicazione, coordinamento e collaborazione tra le istituzioni e gli enti che si occupano della conservazione dei Grandi Carnivori con le popolazioni locali tramite una strategia capace di adattarsi alle diverse realtà in cui si opera (in Francia, per i lupi è stata creata la figura del mediatore).

Ḕ indispensabile approntare un piano strategico per la gestione dei Grandi Carnivori (lupi e orsi) con un approccio squisitamente scientifico pur perseguendo l’obbiettivo della coesistenza con l’uomo, cosa, a mio avviso, più facile a dirsi che a farsi (considerazione suffragata dai recenti insuccessi).

Ma soprattutto è assolutamente irrinunciabile l’onestà dei responsabili del progetto a qualsiasi livello operino, affinché l’orso o il lupo non diventi un business, un lucroso affare su cui molti possono speculare. Qualsiasi progetto di reintroduzione di Grandi Carnivori dovrebbe preventivamente definire delle linee guida per la gestione futuribile delle specie animale che si intende trattare (orso, lupo o lince), in maniera tale d’evitare di affrontare eventuali situazioni critiche con approcci tampone e maldestri sempre in emergenza, ma semplicemente correggendo protocolli già in essere.

Mi spiego meglio considerando la specie lupo: ne abbiamo 3300 (il doppio della Svezia e circa sette volte in più di quelli francesi) che cosa vogliamo farne?

Chiudere la stalla ora che sono fuggiti i buoi?

Impossibile! Prendere drastiche soluzioni?

Guai a chi tocca Lupo Alberto! Pazienza per gli altri animali predati!

I lupi non azzannano un uomo da ben 200 anni, così dicono gli “esperti” e le persone (in genere di città) che ritengono questo predatore capace di comportamenti quasi domestici, forse soprassedendo a fatti “irrilevanti” assai più recenti. Ma cosa significa asserire che il lupo non aggredisce un uomo da 200 anni?Che non è più in grado di farlo o che ne è comunque potenzialmente capace? Già perché, ripeto il pensiero dello storico Marc Léopold Bloch, “L’incomprensione del presente nasce fatalmente dall’ignoranza del passato”. 

Il lupo divenne specie particolarmente protetta con il decreto a firma dell’allora ministro per l’Agricoltura Giovanni Marcora nel 1976, ma che ora sia in costante aumento pare un dato incontrovertibile. Si deve attendere il morto per rendersi conto finalmente che occorre gestire in modo razionale e scientifico i Grandi Carnivori in primis e i selvatici subito dopo? Ciò nella fondata considerazione che ostinarsi a sostenere che nessun lupo possa essere abbattuto significa fomentare il bracconaggio e continuare a non tutelare i diritti degli allevatori a salvaguardia delle loro proprietà.

Ḕ ormai evidente che una eccessiva presenza di Grandi Carnivori, così come ultimamente di cinghiali, nel nostro Paese non possa essere più sostenibile, dato il suo affollamento antropico e le sue caratteristiche d’allevamento zootecnico. Così come è da sfatare la tesi “ecologica” tale per cui la presenza di branchi di lupi possa provvedere a mantenere bassa la popolazione dei cinghiali e degli altri ungulati, sdegnando gli armenti domestici. Non è dunque solo un problema nazionale: il lupo sta creando tensioni sociali un po’ ovunque.

Se non si vuole giungere a drastiche e divisive soluzioni è necessario che la politica, con i suoi Enti preposti, si decida finalmente a gestire i territori nei quali la presenza dei Grandi Carnivori potrebbe condizionare seriamente gli equilibri già di per sé piuttosto precari.  Antropizzazione della montagna o suo definitivo abbandono?

Ci troviamo di fronte a ideologie irrazionali nate, presumibilmente, dalla profonda incapacità di affrontare un problema reale su cui bisogna concentrare conoscenze scientifiche, buon senso e snellimento burocratico. Tre virtù irraggiungibili? Viene spontanea la domanda: questa carenza di pragmaticità che si accompagna ad un’eccessiva burocrazia, farà fallire ogni tentativo di gestione?

Occorre decidere finalmente di iniziare un’attività relativa alla gestione del lupo come dell’orso con un certo rigore scientifico che va ben oltre l’integralismo di parte. Per far ciò occorrono denaro, capacità e volontà politica. Pare manchino tutt’e tre le cose, così che in Italia si ha l’impressione che i Grandi Carnivori vengano gestiti “sotto traccia”.

La storia dell’orsa JJ4, per intenderci, pare la tragica icona di un fallimento umano e politico e c’è da domandarci se la reintroduzione dell’Orso bruno in Trentino, dove rischiava l’estinzione venticinque anni fa, sia stata fatta per giungere a questo triste epilogo: una storia senza un preciso programma di gestione, senza comunicazione, senza formazione, solo in nome di un collezionismo d’animali che, in seguito, sono stati trasferiti qua e là come pacchi postali in nome di una non ben definita “ pietosa salvezza”. Forse stavano meglio a casa propria tra i boschi sloveni anche se cacciati, ma liberi.

Arroganza del potere di uomini incapaci di trovare soluzioni ad un problema creato da loro stessi? Per cercare d’essere i più pragmatici possibili, potremmo tentare di suddividere queste politiche di gestione, in relazione ad orsi-lupi confidenti/problematici, in tre momenti susseguenti:

  • gestione preventiva durante la quale vengono messe in essere tutte le misure reputate necessarie per evitare la possibilità che un Grande Carnivoro possa divenire confidente e/o problematico. Quindi realizzare con tutti i mezzi disponibili una buona comunicazione, rendere inaccessibile al plantigrado-lupo fonti trofiche di origine antropica, programmare tutte le misure, i provvedimenti e i comportamenti che devono essere adottati in presenza di un Grande Carnivoro: una specie di check list. Individuare sul territorio nazionale un’area adeguata per conformazione e ampiezza da attrezzare quale “oasi per orsi problematici/pericolosi”, o aree di minor impatto con le attività antropiche per la specie lupo. Addestramento del personale, seguendo le direttive del PACOBACE (possibilmente meno burocratizzato).

Tutto ciò a priori: prima dell’introduzione del plantigrado/lupo, a stalla vuota direbbero gli allevatori;

  • gestione attiva durante la quale vengono attivati tutti quegli interventi già pianificati in precedenza ed aventi lo scopo di ridurre, se non proprio eliminare, il comportamento del Grande Carnivoro confidente o problematico, gestendo le situazioni ritenute critiche o potenzialmente tali, che questo comportamento potrebbe creare. Si può parlare di condizionamento negativo (es. uso di recinzioni elettrificate), intendendo per condizionamento una risposta del comportamento di un animale ad un certo stimolo. Durante questa fase vengono attuati interventi correttivi sulla check list proposta nella fase precedente di gestione preventiva;
  • gestione reattiva durante la quale vengono messi in essere tutti quegli interventi diretti sull’orso/lupo, mirati sia ad aumentarne la diffidenza nei confronti dell’uomo (condizionamento negativo), sia per ridurlo in cattività o per abbatterlo, ultima ratio ma comunque adottabile di fronte a orsi/lupi pericolosi per i quali si è resa vana ogni forma di condizionamento.

Per i lupi il protocollo dovrebbe essere un po’ più articolato: bisognerebbe prevedere la lotta al randagismo, l’eliminazione degli ibridi cane-lupo, sanzioni a carico dei pastori con cani da guardiania non microcippati o rinvenuti lontani dall’area di pascolo etc.

Fatte queste considerazioni è d’obbligo rivolgerci una domanda: perché attuare il monitoraggio se poi, alla fine, non si conosce il numero reale dei Grandi Carnivori che si può gestire? La proliferazione incontrollata di Grandi Carnivori provocherà, prima o poi, gravi problematiche a vari livelli: sociale, economico, etologico, zoologico, sanitario e, perché no, politico. Ḕ necessario fare delle scelte e farle ora.

La gestione dei Grandi Carnivori non può essere abbandonata all’inettitudine degli enti governativi che si occupano di ambiente e che, sino ad ora, si sono palleggiati il problema creando una frammentazione di responsabilità.

Se è stato facile parlare di tutela dell’orso/lupo è assai più complicato e senz’altro meno remunerativo parlare della sua gestione. Un’altra considerazione: la vita del Grande Carnivoro non è facile nonostante sia tutelato dalla legge, anzi forse proprio per questa sua tutela tout court priva di gestione può diventare vittima di coloro che, sentendo minacciate le loro attività, considerano plausibile e moralmente giustificata una drastica personalissima autodifesa.

Il ritorno dei Grandi Carnivori nei territori da cui erano scomparsi da circa un secolo ha determinato un conflitto tra due correnti di pensiero, una favorevole alla loro libera e protetta diffusione, l’altra di parere diametralmente opposto. Ḕ necessario trovare un punto d’incontro: lo dobbiamo all’orso così come al lupo! Solo nelle favole buono e cattivo, giusto e sbagliato si possono trovare nettamente separati, in una sorta di manicheismo che non lascia intravvedere come la realtà sia fatta di molteplici sfumature.

Tuttavia la triste vicenda dell’orsa JJ4, orsa condannata per essere un’orsa e comportarsi come tale, apre la via ad una serie di perplessità sulla necessità d’intraprendere “progetti” che non possono essere debitamente seguiti, curati. Non ne siamo capaci! Non abbiamo imparato nulla dal passato e ci siamo lasciati convincere che tutto sia facile per noi umani, padroni del Mondo. Tutti gli animalisti, la Provincia Autonoma di Trento, l’ISPRA, il Ministero dell’ambiente erano perfettamente allineati: orsi e lupi dovevano necessariamente far parte del territorio Alpino (con possibili fughe in pianura per i lupi).

Il progetto UE LIFE ha permesso (e in parte sponsorizzato) la possibilità di catturare un po’ di orsi in una Nazione dove erano perfettamente a loro agio e non mostravano l’assoluta necessità di migrare. Gli orsi catturati, narcotizzati, messi in una gabbia di trasporto perfettamente aderente alle norme dettate dai Live Animals Regulations e portati in Trentino nel giro di una decina di ore di viaggio. Arrivo in Val di Tovel, dove vengono liberati. Stress ridotto al minimo? Può essere.

Si potrebbe raccontare, a questo punto, una storia alternativa.

Al loro arrivo a destinazione gli orsi si guardano attorno e si adattano al meglio: le femmine partoriscono e i maschi vagano qua e là. Situazione idilliaca, mi par di vedere l’orso Baloo nel cartone di Walt Disney “Il libro della Jungla” nella scena in cui passeggia e canta:

Mi piace vagare

Ma ovunque io sia

Mi pare di stare

A casa mia…”

La famiglia allargata di orsi si moltiplica senza però espandersi territorialmente, contraddicendo i calcoli umani. Ci si accorge che, non essendo di peluche, il plantigrado per campare usa nutrirsi.

Ne fanno le spese i frutteti, le arnie, alcuni capi di ungulati domestici e non della zona, poi c’è un salto di qualità: l’orso incontra l’uomo ed inizia a rovistare nei suoi cassonetti dei rifiuti e apprezza lo street food.

Qualcuno non gradisce questa intrusione, lo affronta, lo rimprovera e l’orso si rende conto d’essere di carattere incazzoso e si fa le sue ragioni. “Oibò! Che succede?” Si chiede l’umano basito dal fatto che il Grande Carnivoro non obbedisca repentinamente ai suoi comandamenti.

Allora rimpiange d’aver dato il suo illimitato consenso a chi, tempo prima, lo aveva intervistato chiedendogli se era d’accordo ad allevare orsi a casa sua. Le cose si fanno difficili: qualche orso, per reconditi motivi, strapazza qualche umano sino a che, cosa che non succedeva da centinaia d’anni, ne uccide uno.

Anche questo tristissimo evento doveva pur essere considerato durante la pianificazione, o forse non c’è stata alcuna pianificazione? L’uomo che si era reso disponibile ad avere un orso sotto casa era stato reso edotto sulle abitudini dell’inquilino che gli stava per piombare addosso grazie al Progetto LIFE UE? Questa si chiama comunicazione.

Che si fa ora dell’orso/lupo cattivo che non si può più ricondurre alla ragione?

Lo si elimina? Lo si sbologna a qualcun altro? Questa si chiama gestione.

Gli animalisti, alla notizia che la Provincia si vuole liberare definitivamente dell’orsa assassina insorgono come i calabroni quando vengono importunati. Avvocati, politici e semplici attivisti ricorrono al Tribunale Amministrativo Regionale per revocare la sentenza piuttosto frettolosamente emessa dalla Provincia: la pena capitale.

Si sa che in questo Paese la Giustizia richiede tempi dilatati e, con calma, si cerca l’alternativa migliore da proporre. A qualcuno balena un’idea grandiosa: portiamo il plantigrado altrove!

Sembra una soluzione brillante, gli animalisti da salotto esultano: un santuario per orsi confidenti pare loro il luogo più adatto! Non sanno, forse, che i santuari sono luoghi dove non esiste via d’uscita, dove sono rinchiusi orsi confidenti senza possibilità di redenzione, che l’uomo ha trasformato in attrazioni da circo, incapaci di pensare a sé in autonomia e che, quindi, sono costretti a trascinare la loro vita in quella specie di zoo, al 41 bis, talvolta aperto ai turisti fieri di poter scattare una foto ricordo: “io l’eroe con lei, la belva cattiva!”

Ma l’orso è salvo, la sua vita non è più minacciata e poi è lontano: Romania? Germania? Giordania? Che importa? Purché non sia più qui! Nessuno si chiede come si sentirà un Orso bruno selvaggio delle Alpi là in mezzo.

Ḕ mai possibile che nessuno pensi, prima di fare il grande passo, a considerare la possibilità di creare piuttosto un’oasi per questi animali ritenuti ormai confidenti/pericolosi dove si possa cercare di ricondizionarli alla loro vera natura, lontana dall’essere umano, pasticcione indiscusso dell’Universo?

Magari una soluzione c’è ed è da realizzarsi a monte di tutto: lasciamo perdere i Progetti LIFE UE e lasciamo che i Grandi Carnivori vivano in ambienti loro vocati, senza forzature, senza considerarli merce di scambio, di lucro, di giochini pseudo-scientifici ed anche di tensioni ideologiche.

Piervittorio Stefanone (veterinario in pensione -Rivalta)

 

"Al pastore il pascolo, al lupo la foresta” convegno ad Innsbruck (foto E. Stefanone)

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