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16 Luglio 2023 - 13:27
Il manifesto che il Comune di Petilia Policastro ha fatto affiggere per il carnefice di Lea Garofalo
La vita è fatta di scelte e di quelle fatte dobbiamo rispondere, durante e dopo.
Quella di Lea Garofalo, che dà il titolo ad un libro di Marika Demaria, fu di rompere con la cultura patriarcale e malavitosa della ‘ndrangheta in cui era cresciuta e vissuta, diventando collaboratrice di giustizia, ossia scegliendo la legalità e lo Stato. Per questa scelta, il 24 novembre 2009, venne uccisa e sciolta nell’acido dal marito, affiliato alla ‘ndrangheta, e da suoi complici.
Lea fu vittima di femminicidio e di mafia, perché scelse la legalità e lo Stato. La uccisero e la sciolsero nell’acido, in modo da non avere un corpo da seppellire, un simbolo che ricordasse che ci si piò affrancare da un destino familiare inaccettabile, per cancellarne la persona e la memoria della sua scelta.
Perché io, Marco Riva Cambrino, mettendoci nome e faccia, a differenza degli affiliati alla malavita organizzata che sguazzano come ratti nell’anonimato ed omertà, consci dell’infamia in cui vivono, parlo oggi di Lea?
Perché è notizia dei giorni scorsi che a seguito della morte dell’esecutore materiale del vile gesto, che non citerò per condannarlo all’oblio, alla pattumiera della storia, il Sindaco e l’Amministrazione comunale tutta di Petilia Policastro, in Calabria, paese di Lea e dei suoi assassini, ha pubblicato un manifesto funebre di cordoglio e vicinanza alla famiglia per la scomparsa del vile assassino, giustificandosi dicendo “che lo fanno per tutti i concittadini”.
Il murales a Chivasso in ricordo di Lea Garofalo
Ma con le sue scelte, il soggetto si è posto fuori dalla società democratica, contro lo Stato repubblicano rappresentato sul territorio dal Sindaco e dall’Amministrazione; egli, quindi, non fa parte di “tutti cittadini”.
Si dice che i morti sono tutti uguali, ma non può esserlo il giudizio storico su di essi e sulle loro scelte di vita.
Lea non è uguale al suo carnefice, proprio per le scelte che ognuno di loro fece in vita: una è un’ eroina civile da ricordare e prendere come esempio, l’altro un vile da condannare, appunto, all’oblio.
La targa posizionata dall'amministrazione chivassese
Ed è ciò che fece la Città di Chivasso nel 2019, dedicando a Lea Garofalo un’opera di street art in Viale Vigli del Fuoco che pochi conoscono e, purtroppo, anche le varie Amministrazioni comunali succedutesi, hanno dimenticato di commemorare.
E’ per questo che da cittadino italiano e chivassese mi sono indignato alla notizia dell’iniziativa dell’Amministrazione del Comune calabrese; ed è per questo che rivolgo un appello a tutto il Consiglio Comunale e all’Amministrazione, affinché all’unanimità, in quanto su certe vicende non ci deve essere divisione di parte e “giochi di ruolo”, approvi una mozione che impegni il Sindaco Castello a esprimere lo sdegno della città di Chivasso all’Amministrazione di Petilia Policastro per la scelta fatta; che istituisca, inoltre, a partire dall’imminente prossimo anno scolastico, iniziative coinvolgenti le scuole del territorio ed una borsa di studio dedicate a Lea Garofalo per “coltivarne la memoria”; perché, parafrasando Gesualdo Bufalino, la mafia sarà sconfitta da un esercito di insegnanti; perche’, citando Peppino Impastato, “la mafia è una montagna di merda” che impesta l’aria che respiriamo e perche’ solo coltivando la memoria possiamo comprendere che si viene giudicati per le scelte fatte in vita, anche dopo la morte.
E infine, poiche’ la coltura della cultura crea un terreno fertile per la legalità e infertile per le mafie, propongo anche che attorno all’opera di street art dedicata a Lea, venga realizzata un’aiuola, un giardinetto, di fiori colorati e profumati.
A Lea Garofalo, vittima di mafia e di femminicidio perché si ribellò alla sub-cultura malavitosa e patriarcale della ‘ndrangheta.
Marco Riva Cambrino
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