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Casa Madia accoglierà il dialogo, l'amore e la speranza

Ed ecco Padre Bianchi con Melek. Tutti a coltivare l'orto. Da Bose ad Albiano

L'incontro tra fede e natura: Padre Bianchi apre le porte della Casa Madia

Padre Enzo Bianchi

Padre Enzo Bianchi

«Tante volte mi appoggio a quelle pietre esposte al sole. Mi rimandano il loro calore. In certo senso anche le pietre mi comunicano vita. E io lo sento. Sento il loro calore. Pensare alle cose e alle persone. Avvicinarsi ad esse fino ad avere una forma di contatto mi aiuta a dare un senso alla vita. A sentirmi parte del tutto». Parole e musica di Padre Enzo Bianchi. Tutto scritto nero su bianco su Facebook.

Sullo sfondo, in fotografia, c’è un cascinale ristrutturato come si confà. Insomma, tutto era fuorché una finta. Tutto torna. Sta per arrivare davvero.

Lo abbiamo scritto parecchie volte e parecchie volte abbiamo anche parlato di un comitato che lo stava aiutando a realizzare il progetto di una “Casa della Madia” di cui fanno parte l’ex sindaco di Torino  Valentino Castellani (Presidente), Corrado Colli e il consigliere regionale Mauro Salizzoni.

 

All’immobile (un edificio su due piani con tanto di cortile), venduto il 5 luglio del 2021 dal falegname Maurizio Ollearis di Viverone, si accede percorrendo una stradina sterrata immersa nel verde che parte dalla Provinciale per Ivrea. I lavori di ristrutturazione sono stati appaltati all’impresa edile di Ugo Ollearo di Piverone. 

“Trascorsi poco meno di due anni di esilio dalla comunità alla quale ho dato inizio e nella quale ho vissuto per 55 anni e non potendo tornare a Bose per finire i miei giorni da monaco nella vita fraterna -  aveva detto Enzo Bianchi - ho acquistato con l’aiuto di amici e attraverso un mutuo decennale un cascinale nel comune di Albiano d’Ivrea, dove poter vivere nella pace gli ultimi anni della mia vita. Terminati i necessari lavori di ristrutturazione al fine di renderlo abitabile, questo cascinale sarà una casa che accoglierà chi vorrà vivere con me, gli amici e gli ospiti che cercheranno un luogo di silenzio, di dialogo e di ospitalità...”.

E poi ancora: “Chi genera un figlio non può rigenerarlo né farlo nascere di nuovo: ogni figlio è in un certo senso unico ed io non intendo rifare la comunità che da me ha avuto inizio, né fondare una nuova comunità religiosa canonicamente riconosciuta. Voglio solo vivere da monaco cenobita e non eremita come ho sempre vissuto. Cammin facendo vedremo cosa ci riserverà il Signore e cosa ci suggerirà lo Spirito. Questo cascinale – che da sempre porta il nome augurale di Camadio, ossia “Casa della madia”, casa dove si fa il pane – sarà certamente un luogo di incontro, di fraternità e sororità, una tavola approntata per la condivisione e lo scambio delle parole, degli affetti e della speranza ...”.

Chi è Padre Bianchi

Classe 1943, originario di Castel Boglione nella Langa Astigiana, Padre Bianchi è un monaco cristiano e saggista italiano. E’ il fondatore della Comunità monastica di Bose a Magnano (crocevia di tutte le chiese cristiane), che ha lasciato rispettando un provvedimento di allontanamento a tempo indeterminato (di 5 anni anni per altri tre confratelli, Goffredo Boselli, Lino Breda e Antonella Casiraghi) firmato dalla Santa Sede, datato maggio 2020, senza alcuna possibilità di appello, quale unica soluzione alla risoluzione dei contrasti ai vertici della Comunità e il difficile passaggio di consegne al successore  Fra’ Luciano Manicardi, priore dal 2017.

Risale, invece, al febbraio del 2021 un secondo decreto, a firma del Delegato Pontificio, Amedeo Cencini, con invito a Bianchi di andare a vivere nella pieve di Cellole di San Gimignano, di proprietà della Comunità stessa.

Le condizioni poste dal decreto e dal contratto di comodato d’uso però vennero ritenute dall’ex priore “lesive della dignità” sue e dei suoi fratelli, e per questo motivo il monaco non accettò e iniziò la ricerca di una struttura che lo potesse accogliere senza “disumane” richieste.

In molti si appellarono in allora al Papa, ma in un incontro col nuovo priore e il delegato pontificio, alla vigilia di un viaggio in Iraq di Francesco, ribadì che Bianchidoveva lasciare la Comunità di Bose, al cui interno, peraltro, il clima si era fatto sempre più pesante, prefigurando addirittura una scissione.

“Cari amici/e per alcuni giorni sono stato silente e non vi ho inviato i pensieri emersi nel mio cuore ma un faticoso, sofferente trasloco me lo ha impedito: per noi vecchi migrare è uno strappo non pensabile anche perché ci prepariamo all’esodo finale, non a cambiar casa e terra”, scrisse Bianchi su twitter nelle ultime ore Bose.

In tutti questi mesi,  comunque, Padre Bianchi non ha mai smesso la sua attività di commentatore, editorialista e scrittore, più volte manifestando il suo pensiero anche sui social.

Casa Madia

Cosa sarà “Casa Madia” lo dice lui stesso: uno spazio abitativo aperto a tutti, sicuro e sostenibile.

“Con la condivisione del lavoro nell’orto o nella campagna - dice Bianchi - verrà offerta, a chi la ricerca, un’esperienza di contatto con la natura, la terra e i suoi prodotti.  Saranno accolte anche persone desiderose di un tempo di silenzio e di solitudine oppure di un confronto umano e spirituale con un membro della comunità.  A questo scopo, la comunità metterà a disposizione la struttura dell’Ospitalità, composta da alcune stanze personali e da ambienti comuni riservati a quanti chiederanno di risiedere per alcuni giorni o un breve tempo precedentemente concordato... Casa della Madia sarà in grado di provvedere in autonomia a tutti i lavori necessari alla gestione delle attività che si svolgeranno: dalla preparazione dei pasti per residenti e ospiti, alle attività di pulizia, dai lavori agricoli alle incombenze amministrative. Questo approccio, oltre ad essere, insieme alla preghiera, il cuore dell’ esperienza cenobita, consiste di ridurre i costi che Casa della Madia dovrà affrontare...”.

Oltre alla sala polivalente, destinata a momenti di incontro, riunioni e conferenze, nella foresteria, sono state ricavate 8 camere doppie, per un totale di 16 posti letto.

La nuova comunità di Casa della Madia organizzerà giornate di riflessione e confronto su tematiche di attualità culturale, ecclesiale e sociale, tenute da personalità del panorama italiano invitate a condividere il loro pensiero.  Particolare attenzione sarà riservata al dialogo all’interno delle confessioni cristiane e al dialogo interreligioso.

Con l’intento di creare momenti nei quali celebrare la gratuità e la bellezza, la comunità offrirà  appuntamenti con musicisti, poeti  e artisti.

Per la sua nuova “casa”, per aiutarlo a ristrutturarla, in questi mesi di appelli ce ne sono stati un mucchio. 

Di Carlo Petrini, per esempio. Ma anche Fabio Volo, durante una trasmissione di Radio Deejay,  Vito Mancuso, Massimo Cacciari, Antonella Parigi e Mario Brunello.

“Voglio solo vivere da monaco cenobita e non eremita come ho sempre vissuto. Cammin facendo vedremo cosa ci riserverà il Signore e cosa ci suggerirà lo Spirito Santo”.

E tutto ricomincia dall’orto.

“Avevo l’orto, l’ho sempre avuto. Ricordo che, quando ho fatto l’esame di ammissione alla terza media, mio padre mi ha chiesto quale regalo desiderassi: io volevo l’orto.  L’orto è una grande metafora della vita spirituale, l’hortus conclusus, difeso appunto da una recinzione: luogo di lavoro e di delizia, luogo di semina e di raccolto, luogo di attesa e di soddisfazione.  Ho cominciato a tenere l’orto da ragazzo e da allora non sono mai riuscito a vivere senza accudire un orto: arrivato a Bose per

Del resto, continuo ad andare sovente nell’orto lavorato dai fratelli e dalle sorelle, perché non trovo soddisfazione più grande del mangiare i pomodori raccolti dalla pianta, dell’accarezzare i peperoni carnosi, il “cuneo” e il “quadrato d’Asti”, dello strappare uno spicchio d’aglio per mangiarmi, fattasi notte, nella mia cella, una “soma” di pane, olio buono, sale e aglio....

iniziare una vita monastica, ho subito avviato un orto – che ora altri conducono, ricavandone frutti meravigliosi in ogni stagione – e anche oggi continuo a tenere un piccolo orto vicino alla mia cella, interamente dedicato alle erbe aromatiche: prezzemolo, basilico, boraggine, erba cipollina, menta, timo, maggiorana, aglio...  Non riuscirei a vivere senza questo orto che non solo dà gusto ai cibi, ma mi insaporisce l’anima. Del resto, continuo ad andare sovente nell’orto lavorato dai fratelli e dalle sorelle, perché non trovo soddisfazione più grande del mangiare i pomodori raccolti dalla pianta, dell’accarezzare i peperoni carnosi, il “cuneo” e il “quadrato d’Asti”, dello strappare uno spicchio d’aglio per mangiarmi, fattasi notte, nella mia cella, una “soma” di pane, olio buono, sale e aglio... Mi piace pensare che di là, nel paradiso che non a caso ha il nome di “giardino”, ci sono tanti orti che mi aspettano”.

Due “Bose” al posto di una

Inutile chiedersi che cosa dirà l’attuale vescovo di Ivrea, monsignor Edoardo Cerrato già costretto all’ingombrante e onnipresente figura del suo predecessore Monsignor Luigi Bettazzi con cui, nella Diocesi di Ivrea, continuano ad avere rapporti decine e decine di preti, diaconi e viceparroci.

Tutto e bene quel che finisce bene, termina così un lungo e doloroso tira e molla, che a tratti aveva preso i contorni di una specie di ‘telenovela’. Ora Padre Bianchi una casa, anzi una cascina ce l’ha a due passi dal castello e dall’amico Bettazzi. E presto avrà anche una nuova comunità tutta sua... Una comunità e pure un cane. Si chiama Melek. Glielo ha regalato un amico

 


La campagna di Enzo Bianchi ha raccolto seimila euro in un solo giorno. Si può raggiungere al link https://gf.me/v/c/4srp/3187zrvrwo 

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