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Tra cultura e ambiente ecco l'Ipca immaginata dal Pd

Luogo simbolo dell'industria ciriacese, la fabbrica dei “culur” verrà restituita alla città grazie ai fondi del Pnrr

"Senza memoria l'Ipca sarà solo una fabbrica dismessa come tante"

L'ex Ipca

L'ex Ipca torna prepotentemente al centro della politica ciriacese. Succede a causa dei 4 milioni di euro di finanziamento da parte del Pnrr concessi con il vincolo di riaprre l'area alla città, rendendola fruibile.

Cosa fare, dunque di quella vasta area dove un tempo si fabbricavano i colori e dove molte persone hanno perso la vita proprio per l'inalazione delle sostanze nocive contenute?

Se n'è discusso qualche giorno fa in un'apposita commissione dove l'amministrazione guidata dal sindaco Loredana Devietti si è messa più che altro all'ascolto.

La proposta più articolata, tra quelle ricevute, è stata quella del Partito Democratico guidato dal segretario Federico Ferrara. Un progetto ambizioso che pensa ad una restituzione su due grandi filoni: quello della memoria, affinché cos'ha rappresentato per molti lavoratori e per le loro famiglie, questo luogo - e quello dell'ambiente, del rispetto e della valorizzazione.

Ecco la proposta di recupero dell'area ex-IPCA presentata dai Dem.

1 Il territorio come relazione tra lavoro e ambiente

Il sito ex-IPCA costituisce un elemento fondamentale della storia della Città di Cirié. Luogo simbolo dell'industria ciriacese, la fabbrica dei “culur” (come veniva chiamata) è stata anche tragico snodo dei rapporti tra industria e territorio. Quest'ul­timo termine va inteso come l'insieme di lavoro e ambiente. Da un lato, l'Industria Piemontese dei Colori di Anilina, fondata nel 1922, a causa della decennale as­senza di misure di prevenzione e di tutela, e del quotidiano contatto con sostanze tossiche e nocive, ha condotto alla morte numerosi operai.

Il processo che ne è conseguito ha avuto come risultato una ridefinizione degli stessi standard di si­curezza sul lavoro. Dall'altro, la gestione dei processi di lavorazione dell'IPCA e in seguito le operazioni illecite della sopravvenuta Interchim, hanno prodotto un lascito gravemente impattante sull'ambiente, tanto da non essere ancora risolto a distanza di decenni.

I lavori di riqualifica devono perciò mettere in valore questi due assi:

  1. Asse storico. Si tratta da un lato di mantenere memoria di un periodo tragico della storia della città, con il carico luttuoso che ne è conseguito; dall'altro, di orientare il sito e la sua storia verso un futuro diverso e consapevole. Non una monumentalizzazione passiva ma un rilancio attivo, a partire dalle cruciali lotte per la dignità del lavoro di cui è stata sede l'IPCA, con una progettualità che risulti perciò in una sostenibilità in senso largo;

  2. Asse territoriale. È necessario mettere in valore la dimensione del lavoro come prassi antropologica che si integri con l'ambiente: quest'ultimo non può essere inteso come risorsa da sfruttare, quanto come occasione per una interazione necessaria, fruttuosa e finalmente consapevole. Va altresì notata la prossimità dell'area al circuito di Corona Verde Stura. Il progetto Corona Verde Stura ha permesso di valorizzare le sponde del torrente Stura, sempre di più meta di un turismo, non solo locale, che ne apprezza la dimensione naturale. Ma non va dimenticato il tributo pagato da Stura, in termini di inquinamento, alla fabbrica dei “culur”.

2 Un progetto tra ambiente e cultura

L'attuale configurazione dei lavori di intervento prevede due tipologie:

  1. la messa a disposizione di un'area per favorire la partecipazione del Consorzio CISA a finanziamenti volti alla realizzazione di una ecostazione moderna che operi come efficiente centro di raccolta;

  2. un finanziamento PNRR (decreto del Ministero dell'ambiente per la messa in sicurezza dei cosiddetti “siti orfani”) volto al recupero dell'area non interessata al progetto di cui sopra.

La nostra proposta punta a integrare queste due tipologie nell'ottica dei due assi descritti sopra. In particolare distingue due poli, capitalizzando il progetto della nuova sede CISA per il primo, e proponendo un impiego dei fondi regionali per l'allestimento del secondo, in un'ottica di cultura del territorio, secondo quanto descritto sopra.

IL SEGRETARIO PD FEDERICO FERRARA

2.1 Polo ambientale

Gli spazi dell’area ex IPCA consentono di pensare, nel disegno complessivo di rinascita, anche ad un ruolo di riqualificazione del quotidiano sforzo di miglio­ ramento delle condizioni ambientali. Ripensare il posizionamento dell’Ecocentro di Ciriè significa fare un ulteriore passo verso l’aggiornamento delle politiche am­bientali sul nostro territorio. Le direttive europee stabiliscono l'ordine di priorità delle azioni nei processi di gestione dei rifiuti, sintetizzato nella cosiddetta re­ gola delle 4R (Riduzione, Riutilizzo, Riciclo, Recupero): subito prima del riciclo e recupero c’è il riutilizzo. Il salto di qualità che oggi si impone è quello del riuti­izzo degli oggetti grazie alla creazione di un “Centro del riuso”, da affiancare al nuovo Ecocentro venendo a creare un polo per l’ambiente centrato su di una vera e propria economia circolare. Il riutilizzo quindi si basa sul concetto di azione che ripristina la funzionalità dell'oggetto, seppur diversa dall'originale. I centri del riuso diventano così pieno titolo un'alternativa allo smaltimento. Queste at­tività di “preparazione” e “riutilizzo” interessano annualmente tra le 600 e le 700 mila tonnellate di rifiuti, circa il 2% della produzione nazionale, rifiuti dunque che potrebbero essere sottratti allo smaltimento. Non è solo una questione eco­nomica, né tanto meno ambientale: tra gli scaffali dove le merci hanno trovato nuova vita si ritorna a imparare il valore delle cose, non solo il loro prezzo. In questo spazio si perde l’impersonalità delle cose, che smettono di essere anonime e standardizzate proprio perché hanno un vissuto unico. Il riuso è dunque una sfida da vincere perché solo con il suo consolidarsi si potranno davvero cambiare le basi produttive e consumistiche, orientandoli verso logiche opposte a quelle –oggi prevalenti– dell’obsolescenza programmata.

2.2 Polo culturale

Il progetto prevede la creazione di un Ecomuseo, inteso come Centro di ricerca e documentazione, che includa il mantenimento, in generale, della struttura della fabbrica così come si presenta e, in particolare, il salvataggio e il recupero dei reparti denominati “Diciotto” e “Mulini”. Questo sia per l’innegabile valore storico delle strutture e degli impianti, espressione di un modo di lavorare e produrre proprio di un'epoca dell’archeologia industriale, sia per il coinvolgimento emo­tivo che i luoghi, le attrezzature, i procedimenti di lavoro visti in diretta pos­sono provocare nei visitatori. Va osservato in proposito che lo stabilimento è stato oggetto di molti lavori scientifici, pubblicati a livello internazionale, dal Prof. Emanuele Romeo (Politecnico di Torino), che ne hanno stabilito il valore nel con­ testo dell'archeologia industriale.

L’Ecomuseo si propone di trasformare quegli spazi, così drammaticamente vissuti, in un originale e importante strumento di riferimento sociale, rivolto soprattutto ai giovani, per lo studio, l’approfondimento e la divulgazione dei problemi più rilevanti, e drammaticamente attuali, del mondo produttivo e del lavoro: ambiente, salute, sicurezza, etica.

La trasformazione della struttura in un Ecomuseo, la vicinanza con l’ex cava di amianto di Balangero, con il Parco della Mandria, con le rive del torrente Stura dovrebbero costituire anche un importante offerta di turismo culturale ed escursionistico tale da assumere un ruolo qualitativamente più incisivo sulle scelte e le proposte da promuovere per il territorio. Proprio nella contrapposizione, che qui è così marcata, tra territori violati e territori protetti può trovare sviluppo una moderna offerta turistica.

3 Proposteoperative

Nel seguito dettagliamo alcune proposte di recupero dei fabbricati, in relazione alla numerazione della planimetria fornita dagli uffici tecnici del Comune di Cirié:

• n. 29. Il fabbricato, in ottimo stato, contiene attualmente l'archivio sul diritto del lavoro. L'archivio è una risorsa fondamentale, che andrebbe sistemizzata con l'inclusione degli atti del processo IPCA. È necessario intervenire per garan­tire l'accessibilità del luogo e valorizzarne i contenuti presso studiosi e interes­sati. È possibile pensare a una collaborazione con università e istituti di ricerca sul diritto del lavoro;

  • manica lunga, non numerata, sotto 29: non ha un particolare valore storico, ma potrebbe essere conservata, almeno in parte, per realizzare una guardiania del sito e per eventuali altre funzioni (ad esempio, affitto biciclette per Corona Verde Stura, punto di ristoro).

  • n. 28: il locale, originariamente adibito a falegnameria, può essere recuperato per realizzare una biblioteca multimediale incentrata sul lavoro (libri, audio­ visivi), e una sala convegni, che, in sinergia con l'archivio, può costituire un punto di riferimento integrato sulle problematiche del lavoro.

  • n. 18: è il Reparto 18, la cui struttura è di grande pregio nella prospettiva dell'archeologia industriale, e che quindi merita una conservazione e un re­ cupero di tipo museale. La struttura potrebbe essere accessibile attraverso un ascensore trasparente che la percorra in verticale (l'edificio è molto alto) e un insieme di balconate che ne permettano la visione complessiva dal perimetro.

  • n. 11: si tratta del Magazzino delle ammine. Il fabbricato è la sede ideale per un Museo del colore. Quest'ultimo, oltre a mantenere la memoria della funzione industriale originaria, si pone come luogo di ricerca sulle tecnologie del col­ ore. L'industria del colore rimane a livello mondiale una delle più inquinanti. Il Museo si pone come luogo di conoscenza del colore e dei suoi processi di produzione, e integra spazi laboratoriali per sperimentare soluzioni sosteni­ bili. Va notato che il progetto non ha solo un fine turistico ma può integrarsi con le agenzie didattiche e produttive, come luogo di sperimentazione e for­ mazione.

  • nn. 17a, 17b, 15, 16: si tratta di un insieme di fabbricati da cui selezionare una parte ai fini di recupero per la componente laboratoriale del Museo del colore (corsi di formazione, attività didattiche con le scuole, etc.)

  • n. 5: è una palazzina alta, che conteneva i laboratori IPCA. Si pone come sede ideale per uffici. Potrebbe essere integrata con il progetto CISA. Data la posizione in prossimità della strada, potrebbe altresì ospitare una “Porta di Corona Verde”: un luogo di informazione e valorizzazione del circuito lungo Stura. A tal proposito, va notato come le informazioni relative al circuito siano distribuite e parzialmente eterogenee. Una Porta di Corona Verde Stura potrebbe offrirsi come luogo di presentazione (in prossimità del circuito), di informazione e valorizzazione, in eventuale collaborazione con gli altri comuni interessati dal circuito.

  • n. 4: è il locale dei cosiddetti “mulini”. Come nel caso del Reparto 18, si tratta di una importante testimonianza di archeologia industriale, che andrebbe re­cuperata e resa accessibile alla visita.

  • n. 3a: è il salto dell'acqua, che serviva originariamente per produrre ener­gia elettrica per il funzionamento dell'impianto industriale. Il suo recupero funzionale costituisce un fattore di economia importante e insieme una di­ mostrazione (visitabile) della produzione di energia idroelettrica sostenibile, nel contesto ad esempio della recente proposta delle comunità energetiche.

  • nn. 13 e 5: si tratta di fabbricati che potrebbero ospitare il Centro del riuso (v. sopra)

  • n. 25: il fabbricato potrebbe essere utilizzato come spazio polivalente per at­ tività di vario tipo (teatrali, musicali, etc). Un luogo “aperto” in cui allestire attività così come già avvenuto in passato, vista anche la prossimità alla strada che potrebbe permettere un ingresso differenziato

  • 4 Sinergie

    La proposta che presentiamo si inserisce nel recupero culturale di siti industriali, di cui esistono ormai molti esempi, anche sul territorio della Città metropolitana (Lavanderia a vapore a Collegno, Fonderie Limone a Moncalieri, lo stesso Parco Dora, e non ultimo, a Ciriè il recupero degli spazi della Remmert). Ma non si limita al recupero (pur fondamentale) del luogo: proponiamo un progetto che tiene conto della specificità di quest'ultimo per affermarne una nuova funzion­ alità. Ormai è acquisito per molti operatori del settore che la produzione cultur­ ale di buona qualità riesce a generare, con il suo indotto, un certo impatto positivo sull’economia locale. Va anche sottolineata la possibilità di sinergie con il mondo della formazione. La valorizzazione di Corona Verde Stura può poi costituire una possibilità per attività economiche correlate. Infine, gli spazi e la posizione fa­ vorevole di tutti i tetti dell’ex-IPCA permetterebbero l’installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione energetica.

Una pratica sostenibile è un'azione, un fare umano, che interagisce con l'ambi­ ente di cui è parte, in un ciclo di retroazione costante. Unire cultura e ambiente attraverso l'idea di pratiche sostenibili è la sfida che ci pone il recupero del sito ex-IPCA.

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