AGGIORNAMENTI
Cerca
Lutto
27 Marzo 2023 - 23:01
Il giornalista e scrittore Gianni Minà
"Mi hanno sempre attratto persone capaci di andare controcorrente, anche a costo dell'isolamento, della solitudine. Persone capaci di raccontare storie, di mostrare visioni altre. E inevitabilmente hanno acceso la mia curiosità, perché, come diceva il mio amico Eduardo Galeano, capace di raccontare la storia dell'America Latina attraverso racconti ironici e apparentemente non importanti, fatti di cronaca, 'il cammino si fa andando', non sai mai dove queste storie ti possano portare. E' il bello della vita, tutto sommato".
Così si raccontava Gianni Minà, signore del giornalismo, oltre sessant'anni di carriera sempre fuori dal coro, celebre per le interviste ai grandi personaggi dell'attualità, della politica, della musica, dello spettacolo e dello sport - la più celebre quella di sedici ore a Fidel Castro, nel 1987 - che è morto stasera a Roma all'età di 84 anni, nella clinica Villa del Rosario dopo una breve malattia cardiaca.
Nato a Torino nel 1938, giornalista, autore, intrattenitore, conduttore, documentarista, appassionato di America Latina, inventore di Blitz - che negli anni '80 rappresentò su Rai2 il 'rivale innovativo' di Domenica in, ospitando, tra gli altri, Federico Fellini, Eduardo De Filippo, Muhammad Ali, Robert De Niro, Jane Fonda, Gabriel Garcia Marquez, Enzo Ferrari - Minà ha realizzato centinaia di reportage e interviste per la Rai e non solo.
Dai personaggi incontrati, raccontava, aveva imparato ad "esercitare il pensiero critico, anzi, il pensiero complesso, e a respirare la libertà di essere come si è, mostrando soprattutto la propria fragilità".
L'incontro più bello?
"Quello con Muhammad Alì, il più grande di tutti, perché ha rotto un sistema, una cultura. All'inizio di ogni intervista, esordiva sempre con le sue idee di riscatto per il popolo nero e enumerava tutto quello che un nero americano non era riuscito ad avere nella vita: 'Tutti hanno una terra per la quale lottare, combattere... tutti. Solo noi, solo i neri d'America non hanno una terra di riferimento'. Purtroppo le sue battaglie non hanno prodotto grandi cambiamenti, ma non mi sento di dire che ha perso".
Il personaggio che avrebbe voluto incontrare senza riuscirci?
"Sicuramente Nelson Mandela, ci siamo rincorsi: una volta non potevo io, una volta non poteva lui. E l'ho perso, come ho mancato l'intervista a Marcello Mastroianni, una persona gentile e ironica".
Cosa avrebbe fatto se non fosse diventato il giornalista?
"Sono nato giornalista, lo sono stato, lo sono e lo sarò", aveva sottolineato un anno fa, in occasione della presentazione al Bif&st del docufilm 'Gianni Minà - Una vita da giornalista'.
Gli inizi della carriera nel 1959 come giornalista sportivo per Tuttosport, di cui è stato direttore dal 1996 al 1998. Poi l'approdo in Rai come collaboratore dei servizi sportivi, seguendo per la rete pubblica cinque Olimpiadi, tre mondiali di calcio e i più importanti incontri di pugilato.
Dopo aver esordito per il rotocalco Sprint, ha realizzato reportage e documentari per rubriche come Tv7, Dribbling, Odeon. Tutto quanto fa spettacolo, Gulliver ed è stato tra i fondatori del programma L'altra domenica.
Per il Tg2, dal 1976, ha realizzato non solo servizi sportivi ma anche reportage dall'America Latina. Poi ha collaborato a Mixer, ha esordito come autore e conduttore di Blitz e ha condotto la Domenica sportiva e il talk show Storie.
Ha diretto la rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo. Collaboratore per anni di quotidiani come Repubblica, l'Unità, Corriere della Sera e Manifesto, ha scritto numerosi libri tra cui Il racconto di Fidel (1988), Un continente desaparecido (1995), Storie (1997), Un mondo migliore è possibile.
Da Porto Alegre le idee per un futuro vivibile (2002), Politicamente scorretto (2007), Il mio Alì (2014), Così va il mondo. Conversazioni su giornalismo, potere e libertà (2017, con G. De Marzo), Storia di un boxeur latino (2020) e Non sarò mai un uomo comune (2021).
Nel suo passato c’è anche un legame con il chivassese. Un legame che l’ha portato, nel gennaio 2022, a diventare “cittadino onorario” di Brusasco.
“Gianni Minà è riconosciuto a livello internazionale come uno dei migliori giornalisti al mondo del secondo Novecento e dell’inizio del Nuovo Millennio - si legge nel documentato preparato dal consigliere comunale Gian Lorenzo Lagna nella delibera con cui il Comune brusaschese gli conferì il riconoscimento -. Le sue cronache e le sue inchieste hanno fatto e continuano a fare scuola nell’ambito del giornalismo cartaceo e televisivo e ne hanno innovato lo stile ed il linguaggio conducendolo a risultati di eccellenza assoluta. Come milioni di italiani, anche molti nostri concittadini brusaschesi lo ricordano come il “Baffo del Telegiornalismo italiano”, autore e conduttore di alcuni tra i più memorabili rotocalchi della nostra televisione. Eppure non tutti i brusaschesi sono a conoscenza del legame che unisce Gianni Minà alla nostra Brusasco: un legame profondo, forte ed inscindibile, che si strinse in un periodo particolarmente significativo della nostra storia recente”.
"Nei primi anni ’40 del secolo scorso l’Italia ed il mondo erano stati messi in ginocchio dagli orrori del secondo conflitto mondiale.
Il 13 Luglio 1943, il nonno paterno di Gianni Minà, Vincenzo, fu tra coloro che rimasero tragicamente vittime degli “uccellacci della morte”, i bombardieri degli Alleati, a seguito di un attacco nel cuore di Torino, mentre era di servizio come funzionario presso gli uffici delle Ferrovie dello Stato di Corso Re Umberto.
A seguito di quel drammatico evento, la famiglia Minà sfollò da Torino e si rifugiò nelle campagne al confine con l’astigiano. E giunse proprio a Brusasco, dove tra il ’43 ed il ’44 visse in un palazzo di Via Guglielmo Marconi.
Di quegli anni, Gianni Minà ha sempre ricordato i campi in cui giocava insieme al fratello, all’età di 5 anni, finalmente al riparo dalla guerra, che però non tardò a ripresentarsi nelle sembianze di due soldati tedeschi, che spensero la vita di un giovane compaesano poco più che ventenne: era Enrico Tumino, detto “Kiki”".
“Quell’evento Gianni Minà lo ricorda bene, come lo ricordiamo ancora oggi noi brusaschesi, purtroppo non l’unico in cui lo strazio del conflitto non risparmiò nemmeno le nostre valli - prosegue il documento -. E ricorda anche una domenica mattina quando, dopo la messa a San Pietro, i tedeschi caricarono su diversi camion qualche dozzina di nostri ragazzi, giovani come Kiki, e li portarono a Torino per tradurli poi in Germania. Il padre di Gianni, che a Torino godeva di una certa stima, andò immediatamente a parlare con il comandante di piazza; l’ufficiale nazista lo ascoltò ed assecondò le sue richieste, liberando tutti i ragazzi, tranne uno che aveva promesso di “far fuori un tedesco” non appena fosse tornato in libertà. Di questo episodio, Gianni Minà ebbe a scrivere in un suo libro: “Nei bar di Brusasco, in quella stagione, brindarono spesso a Barolo e a Barbera per mio padre”. Il suo intervento, per i nostri ragazzi fu provvidenziale”.
A guerra terminata, Gianni Minà tornò poi con la famiglia a Torino e subito la vocazione per il racconto ed il giornalismo emerse palesandosi in tutta la sua abilità, già all’età di soli 8 anni, quando cominciò a redigere le cronache dei Tour ciclistici di Francia ed Italia.
Da allora non abbandonò mai più la penna e, pochi anni dopo, nel ’58 approdò agli studi RAI di Via Teulada a Roma, a “Tuttosport” nel ’59 ed alle Olimpiadi di Roma l’anno successivo.
E poi rotocalchi, trasmissioni, reportage, documentari, riviste, libri ed interviste ai più importanti ed influenti protagonisti della nostra storia moderna: da Cassius Clay ai Beatles; da Ray Charles a Federico Fellini; da Maradona a Massimo Troisi; da Mennea a Tommy Smith; e poi Sepúlveda, De Niro, Scorsese, John John Kennedy, l’intervista fiume di 16 ore a Fidel Castro ed il rimpianto per aver rinviato l’intervista a Nelson Mandela, che purtroppo non si poté poi mai più realizzare.
“Potremmo dire, senza nascondere un umile orgoglio: da Brusasco al mondo intero”, conclude l’amministrazione brusaschese.
La cittadinanza onoraria venne conferita a Gianni Minà per “i risultati di eccellenza raggiunti attraverso più di sessant’anni di dedizione, abnegazione, meticolosità, avanguardia e coraggio, espressi nella sua vita e nel suo lavoro, che lo hanno condotto ad essere uno dei più grandi giornalisti mai vissuti del nostro tempo”.
Un anno fa Minà, per le cui condizioni di salute non potè partecipare alla cerimonia a Brusasco, fece pervenire un messaggio di ringraziamento al Comune.
“Mi sono commosso per questo bellissimo gesto. Brusasco fa parte del mio pezzo di vita importante, quello della mia infanzia, e per questo è ancora scolpito nei miei ricordi. Avere ora un posto tangibile in mezzo a voi, mi riempie il cuore di gioia e tenerezza”.
In serata, sui canali social del Comune, anche l’amministrazione brusaschese ha fatto pervenire il proprio cordoglio per la scomparsa di un grande giornalista italiano:
“Il Sindaco e l'Amministrazione Comunale esprimono le più sentite e sincere condoglianze a Loredana, Marianna, Paola e Francesca per la scomparsa di Gianni Minà, cittadino onorario di Brusasco, grande giornalista, che ha ricordato più volte con affetto gli anni della sua infanzia trascorsa nel nostro paese”.
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.