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27 Febbraio 2023 - 20:32
L'ex Ipca
“Senza attenzione alla memoria, l’Ipca diventerà una fabbrica dismessa come tante altre. Invece questo luogo deve essere considerato un valore per la città. Il punto di partenza di partenza di battaglie che hanno cambiato le condizioni di lavoro di tanti operai e che hanno fatto nascere una disciplina della tutela dei loro diritti”.
E' il monito di Cinzia Franza, figlia di quel Benito Franza che con il collega, Albino Stella, iniziò la battaglia operaia contro i poteri forti, l’azienda. Paladini dei tanti lavoratori che di lavoro si sono ammalati e che sono morti.
BENITO FRANZA E ALBINO STELLA
Non può che essere felice per il finanziamento che permetterà di restituire l’area alla città.
“La prima messa in sicurezza ha permesso che non ci fossero più pericoli per la città - spiega - ne era seguita poi la caratterizzazione grazie alla quale è stato possibile sapere esattamente cosa ci fosse lì sotto. Ora si tratta di poter rendere fruibile questo posto. Quello che è importante rilevare è che nessuna amministrazione è rimasta ferma nei confronti dell’Ipca. Tutti hanno fatto un passo. Alla giunta Devietti bisogna riconoscere tenacia e capacità. Dopo tanto navigare, qualcuno è approdato...”.
Poi aggiunge: “Provo la stessa tranquillità che provai quando il Comune acquistò l’area”.
CINZIA FRANZA ex assessore all'Ambiente e figlia di Benito Franza
Una battaglia iniziata tanti anni fa
“Avevo 12 anni quando mio padre si è ammalato - racconta l’ex assessora all’ambiente della giunta guidata dal sindaco Francesco Brizio -. Il processo l’ho seguito tutto. Finché mio padre Benito è stato vivo in casa nostra passavano avvocati, medici, politici, personalità. Quando morì mia madre si costituì parte civile. Fu una battaglia dura, durissima. Quando il processo si è concluso avevo 24 anni”.
Era il 1978.
“Anni di impegno politico e per l’ambiente, di rivolte studentesche. Tra i miei giovani amici c’era anche Pasquale Cavaliere che presto sarebbe diventato consigliere comunale. Il suo impegno per l’ambiente è iniziato proprio a Ciriè, con l’Ipca”.
Il ricordo di Pasquale Cavaliere
“Pasquale mi contattò dopo aver letto la lettera che scrissi ai giornali. Lui aveva proposto in Consiglio di intitolare una via a mio padre, cosa che poi venne fatta, ma io mi opposi in quel momento. Non volevo che gli venisse intitolata una via che non portava da nessuna parte”.
PASQUALE CAVALIERE
“Il mio impegno per l’Ipca, però è partito molti anni dopo, - racconta Cinzia Franza - esattamente nel 1998 quando il Comune di Ciriè decise di comprare questa fabbrica che tanto rappresentava per la città. Non si trattava solo di preservarne la memoria, ma di evitare che potesse portare altre speculazione come aveva fatto l’Interchim con cui si era letteralmente caduti dalla padella alla brace”.
Ricorda così quel giorno: “Era novembre quando entrai per la prima volta lì dentro. Era sera tarda, ricordo le luci basse, l’umidità della terra. Un’atmosfera crepuscolare, un’emozione forte. Avevo 43 anni e sentivo una responsabilità grande: quella di mantenere la memoria della lotta degli operai che si batterono affinché queste cose non accadessero più. Mai più. Lottavano per un futuro migliore, non certo per loro stessi. Sapevano benissimo che per loro, ormai, non ci sarebbe stato più nulla da fare e che la loro diagnosi era una sentenza. Lottarono per cambiare le cose. Ed è questo il vero significato della vittoria di quel processo. Il processo Ipca le cose le ha cambiate davvero. Da lì è nata la legge 626 che disciplina la sicurezza sui luoghi di lavoro. E la stessa legge “Seveso” nasce dall’Ipca. Ecco perché rappresenta un momento così importante, di grande cambiamento. Nel 1978, proprio dall’esperienza Ipca è nata anche la legge che distingue i colori alimentari da quelli che non lo sono. Prima di quella data li mangiavamo tutti, indiscriminatamente ”.
Da quel momento di cose ne sono successe molte. Prima tra tutte la messa in sicurezza dell’area.
Ciriè vetrina mondiale dell’Ambiente
“E’ successo nel 2000. Torino era stata scelta come Vetrina Mondiale dell’Amiente e Ciriè come simbolo, proprio per l’Ipca. Venne fatta un’istallazione artistica importante: “Il giardino delle calendule”. Rappresentava una sorta di cura omeopatica per la città. L’ombra dell’Ipa venica proiettata su un campo adiacente in modo che metaforicamente entrasse nel terreno in un giardino di calendule, appunto. Era un modo per curare la ferita che aveva portato”.
L’associazione “I Culur”
Dopo anni di attivismo politico , Cinzia Franza sente la necessità di staccare la spina: “E’ stato necessario - racconta - altrimenti in certi momenti si rischia di impazzire. Bisogna tornare alla vita ad un certo punto”.
Il suo impegno prosegue nell’associazione “I Culur”.
“Il mio lavoro con “I Culur” è stato quello di tenere alta l’attenzione. Lo scopo non era certo quello di sostituirsi alla politica, ma solo quello di far sì che non si smettesse mai di parlare di Ipca. Senza attenzione alla memoria, infatti, l’Ipca sarebbe diventata una fabbrica dismessa come le altre”.
I progetti futuri
Ed ora che la città si è aggiudicata i soldi necessari per recuperare l’area, Cinzia Franza si limita a dare la sua disponibilità: “Ora il pallino è in mano all’amministrazione. Certo, se verrò interpellata darò tutta la mia collaborazione. E credo che la sinergia con l’associazione i Culur non possa che essere un valore aggiunto. La città ha bisogno di un riscatto, Ciriè non deve essere ricordata per le morti. L’Ipca è la storia di un successo. E la memoria da preservare è quella della vittoria di un popolo di operai che è riuscito con la tenacia a cambiare un pezzetto di mondo. Alle nuove generazione bisogna trasmettere la memoria del coraggio. E il coraggio è il contrario della rassegnazione e dell’indifferenza. Noi esseri umani valiamo molto. Perché siamo capaci di cambiare il mondo con intelligenza, tenacia, coraggio e onestà”.
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