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Ex brigatista indagato per una sparatoria del 1975 in cui morì la moglie

Incredulo Curcio: "Incomprensibile, chiarite com'è morta mia moglie"

Renato Curcio in una foto d'epoca

Renato Curcio in una foto d'epoca

A distanza di quasi mezzo secolo dai fatti, il nome di uno dei fondatori delle Brigate Rosse, Renato Curcio, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Torino per uno degli episodi che insanguinarono l'Italia degli anni di piombo: la sparatoria davanti alla cascina Spiotta, nell'Alessandrino, che il 5 giugno 1975 mise fine al sequestro dell'imprenditore piemontese Vittorio Vallarino Gancia.

Magistrati e carabinieri del Ros sono alla ricerca di un mister X, un brigatista mai identificato che riuscì a fuggire tra i boschi durante lo scontro a fuoco in cui persero la vita Mara Cagol, la moglie di Curcio, e Giovanni D'Alfonso, appuntato dell'Arma. E il fascicolo, aperto nel 2022, nasce proprio da un esposto del figlio del militare, Bruno D'Alfonso. Curcio, 81 anni, è stato interrogato a Roma e ha negato qualsiasi coinvolgimento diretto o indiretto nella vicenda.

Margherita Cagol e Renato Curcio

Non solo. Ha anche chiesto agli inquirenti di chiarire le circostanze della morte della moglie perché - ha ricordato - l'autopsia mostrò che la donna fu trafitta da un proiettile che aveva una traiettoria orizzontale sotto l'ascella sinistra, come se avesse le braccia alzate in segno di resa.

"L'esperienza delle Brigate Rosse - ha poi fatto sapere all'ANSA - si è conclusa con una dichiarazione pubblica, anche mia, nel 1987. E poiché negli anni di quell'esperienza ho collezionato in silenzio un record di concorsi morali anomali, scontati interamente come le altre pene inflitte, faccio presente che mi difenderò da questa ulteriore e incomprensibile aggressione".

Nel corso delle operazioni per liberare Gancia rimasero uccisi la Cagol e un carabiniere

Inizialmente Curcio era stato convocato in veste di testimone assistito - come almeno una decina di ex brigatisti prima di lui - ma poi, a pochi giorni dall'audizione, è stato formalmente indagato per concorso nell'omicidio del carabiniere. Alla cascina Spiotta il fondatore delle Br non c'era.

Dall'avviso di garanzia si ricava la tesi che ha portato alla sua iscrizione: secondo gli inquirenti era una "figura apicale" delle Br e organizzò e pianificò nei dettagli il rapimento Gancia. Non solo. L'atto fa riferimento a un paio di frasi contenute in un opuscolo di propaganda, dal titolo 'Lotta armata per il comunismo', trovato a Milano dalle forze dell'ordine nella casa di un altro brigatista, Giovanni Battista M., il 20 ottobre del 1975, mesi dopo lo scontro a fuoco: "se avvistate il nemico vi sganciate, se venite colti di sorpresa rompete l'accerchiamento".

Questo modo di procedere è stato definito "un'anomalia assoluta" dal legale di Curcio, l''avvocato Vainer Burani: "Mi sembra il modo peggiore di ricostruire una vicenda tanto lontana nel tempo. Attribuire al mio assistito un ruolo su queste basi è una forzatura priva di logica giuridica".

Curcio, in un memoriale consegnato ai pm, ha affermato che le Brigate Rosse non avevano 'esponenti apicali' ma erano organizzate a compartimenti stagni; lui del rapimento Gancia era all'oscuro perché, essendo evaso dal carcere di Casale Monferrato pochi mesi prima, si era nascosto, aveva lasciato il Piemonte e aveva sospeso qualsiasi contatto con la 'Colonna torinese'.

Quanto al brigatista senza nome, che è l'oggetto dell'indagine, gli inquirenti hanno riesaminato la "relazione" scritta di suo pugno, in forma anonima, sui fatti di Cascina Spiotta, e che circolò fra i militanti. I sospetti si appuntano su una figura precisa, ma per ora non sono certezze.

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