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14 Dicembre 2022 - 19:04
Ylenia Maria Sole Carrisi. La prima figlia dei cantanti Albano e Romina
“Ylenia, mia cara, voglio che tu sappia che tua mamma ti aspetta sempre! Con tanto amore...”, così Romina Power scriveva questa estate in un post su Instagram.
Ed è di qualche giorno fa un altro post, sempre su Instagram, davvero carico di amore: " Ylenia era la tenerezza in personificata ❤️". E poi ancora: "Il suo sorriso è come un giorno di sole"
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Roba che ti prende allo stomaco. L'ossessione di una mamma. Il suo amore infinito, il dolore per quel che avrebbe potuto essere e non è stato...
Di post su Instagram ce ne sono tantissimi, con foto che ritraggono Romina insieme a Ylenia o da sola ma anche commoventi dichiarazioni (“Ylenia è bella dentro ed è bella fuori”) e ricordi di come era la sua bambina prima della scomparsa. “Momenti di pura felicità con te, Ylenia, sono ancora impressi nella mia memoria, nella mia anima”, “Mi manchi è un enorme eufemismo”...
Ylenia Maria Sole Carrisi, classe 1970, figlia di Al Bano e Romina Power, non c'è più. Scomparsa dal 6 gennaio del 1994.
Alcuni mesi fa il magazine tedesco Neue Blatt ha interpellato due veggenti, Marie e Lilo von Kiesenwetterlo pronti a dichiarare che Ylenia condurrebbe una vita anonima in America. Secondo un'altra segnalazione, anche questa del 2022, la ragazza sarebbe ricoverata in una clinica Svizzera per via della perdita della memoria, non ricordando niente del suo passato. Tante piste, nessuna che abbia un senso... buone forse solo per continuare a coltivare la speranza...
Mentre frequentava un corso di letteratura presso il King's College London iniziò a nutrire il proposito di girare il mondo da sola, munita con uno zaino in spalla e il suo diario. Nel luglio del 1993, appena atterrata a Roma di ritorno dal primo viaggio in famiglia a New Orleans, disse al padre che a ottobre sarebbe partita per il Belize perché voleva scrivere un libro sugli artisti di strada e i senzatetto. Decise così di prendere una pausa dagli studi e vendette alcuni oggetti per autofinanziarsi il viaggio sognato, iniziando con il Sudamerica. Dopo qualche settimana dalla sua partenza, nel periodo natalizio, Yari, fratello minore di Ylenia, decise di raggiungerla. Arrivato in Belize scoprì di essere arrivato con "24 ore di ritardo" e che Ylenia si era già diretta a New Orleans. Troppo tardi....
L'ultima telefonata di Ylenia risale al 1º gennaio 1994. Si trovava al LeDale Hotel di New Orleans. E' con la madre.
Il giorno prima aveva avuto, sempre al telefono, una discussione con il padre, contrariato dal fatto che si trovasse nuovamente a New Orleans.
"LeDale Hotel" di New Orleans, ultimo domicilio conosciuto di Ylenia Carrisi. L'albergo è stato successivamente chiuso e l'edificio abbattuto
E' a New Orleans che circa sei mesi prima Ylenia Maria Sole Carrisi conosce il trombettista di strada Alexander Masakela. Fu il primo ad essere interrogato in merito alla sua scomparsa. In seguito dichiarò che la ragazza non aveva dormito con lui e che avevano prenotato due camere separate. Carrisi fu vista per l'ultima volta in hotel il 6 gennaio 1994: la titolare dell'albergo, Cindee Dale, dichiarò poi alle Forze dell'Ordine che la ragazza era uscita verso mezzogiorno e non era più tornata, lasciando in camera quasi tutti i suoi effetti personali (zaino, appunti, passaporto, macchina fotografica, bagagli, vestiti, una Bibbia). Masakela rimase fino al 14 gennaio, quando mostrò al personale dell'hotel il passaporto della Carrisi e tentò di saldare il conto della stanza utilizzando gli assegni turistici non firmati della ragazza.
Fu a quel punto che i responsabili dell'hotel chiamarono la polizia: Masakela inizialmente dichiarò di non sapere dove si trovasse Ylenia, ma di credere che stesse bene. Tuttavia, poche settimane dopo, una sua ex fidanzata denunciò l'uomo per stupro e la polizia iniziò ad indagare sulla sua vita. Masakela venne arrestato il 31 gennaio, salvo essere rilasciato dopo meno di due settimane per mancanza di prove. Romina sostenne sempre che Masakela avrebbe fatto sparire sua figlia facendola entrare in un giro sporco simile alla "tratta delle bianche", probabilmente dapprima drogandola e segregandola da qualche parte.
Al Bano, oggi
La testimonianza considerata più attendibile è quella di Albert Cordova, guardiano notturno dell'Audubon Aquarium of the Americas. Riferì di aver visto il 6 gennaio 1994 alle 23:30 circa una ragazza bionda gettarsi nel Mississippi:
«Era seduta sulla banchina di legno con le gambe penzoloni. Bionda, carina, di età fra i 18 e i 24 anni. Indossava una giacchetta scura e un vestito con dei disegni, forse dei fiori, che le arrivava fin sotto il ginocchio. Aveva un’espressione molto triste, depressa. Guardava il fiume. In quella striscia di parco che corre lungo il fiume è proibito fermarsi di notte: la si può solo attraversare. Così appena l'ho vista da lontano mi sono avvicinato fino a uno, due metri. Tutto è durato non più di 30-60 secondi. Le ho detto: 'Non puoi stare lì, devi muoverti'. 'Non importa - mi ha risposto - tanto io appartengo comunque alle acque' e con un balzo si è tuffata nel Mississippi. Le ho gridato di tornare indietro, ma è come se non volesse sentirmi. Continuava a nuotare sicura verso il centro del fiume, senza paura. Quando ho visto che si allontanava sempre di più sono corso a chiamare un agente della polizia fluviale. Insieme abbiamo continuato a urlare, inutilmente. Poi d'improvviso, forse per un crampo provocato dal freddo, ha cominciato a dibattersi, a chiedere aiuto: è andata giù una prima volta, una seconda. Un barcone di passaggio ha creato una specie di mulinello. La ragazza è andata giù di nuovo, ma questa volta non è riemersa. L'abbiamo cercata per ore, con tre motoscafi della polizia e due elicotteri. Non c'è stato niente da fare».
In un primo momento Albert Cordova riconobbe nella ragazza annegata la quindicenne Brooke Susanne Javins di Morgantown (nella Virginia Occidentale). La versione rimase in piedi fino al 28 gennaio seguente, quando si scoprì che era viva. Fu a questo punto che il detective Ronald Brink del New Orleans Police Department mostrò a Cordova delle foto di Ylenia e cominciarono a serpeggiare i primi dubbi. Era lei o non era lei?
Non è mai stato provato che si trattasse effettivamente di Ylenia e nessuno dei corpi ritrovati nel Mississippi nei mesi seguenti fu identificato come il suo. Al Bano ha però sempre dichiarato di credere al racconto del guardiano. In particolare, sarebbe stata una frase, «io appartengo alle acque», a convincerlo che la ragazza vista da Cordova fosse proprio Ylenia perché, come racconta lui stesso, quella era la stessa frase che pronunciava sempre da bambina quando si tuffava.
Romina Power, oggi
Anche la dinamica dell'incidente descritta da Cordova suonò subito familiare ad Al Bano: nella sua autobiografia dichiarò infatti che qualche mese prima aveva già rischiato la vita per colpa di Masakela, gettandosi nel Mississippi, ma in quell'occasione riuscì a salvarsi. Sempre secondo Al Bano fu proprio la droga a trascinarla nell'abisso. Suo il racconto di quel giorno in cui Ylenia scappò dall'hotel dove alloggiava con la famiglia, fermando i tassisti e gridando "Quell'uomo vuole farmi del male!". Quell'uomo era proprio Al Bano. Fu in quel momento che il cantante capì che la figlia si drogava, aggiungendo che quella sera aveva un appuntamento proprio con Masakela, conosciuto il giorno prima. In un'altra occasione, sempre secondo Al Bano, Ylenia gli confessò di aver fumato marijuana, nonostante avesse sempre detestato il fumo.
Nell'autunno del 2011 la trasmissione Chi l'ha visto? ha rivelato per la prima volta la testimonianza di una ragazza di New Orleans che per anni fu vittima di violenze psicofisiche da parte di Masakela, che la tenne rinchiusa e lontana dalla famiglia. Riguardo all'esperienza disse che non era in grado di intendere e di volere, che era come stregata, sotto l'effetto di un incantesimo, che sapeva di stare facendo del male alla propria famiglia, ma nonostante ciò non riusciva ad allontanarsi da lui. Alla domanda dell'inviato: «Ti drogava?», la donna, di nome Sharon, rispose: «Non lo so, è probabile. Lui mi passava sempre da bere, nei bicchieri, nelle bottiglie...».
Secondo quanto riferito da un investigatore esperto di casi irrisolti, Dennis Haley, l'assassino seriale Keith Hunter Jesperson (noto come Happy Face Killer), canadese, condannato a tre ergastoli in Oregon, avrebbe riconosciuto la foto di Ylenia, sostenendo che fosse una delle sue vittime, una giovane donna mai identificata e che si faceva chiamare Suzanne (stesso nome usato da Ylenia), Suzy o Susan; l'avrebbe aggredita e uccisa mentre Ylenia faceva l'autostop nei pressi di una stazione di servizio a Tampa. Le autorità della Florida hanno disposto il test del DNA sui resti; a tal fine il DNA del padre Al Bano è stato prelevato e inviato negli Stati Uniti, per verificare se si trattasse dell'italiana. ll test del DNA ha dato però esito negativo.
Nel gennaio 2013 Al Bano ha presentato istanza di dichiarazione di morte presunta della figlia Ylenia al tribunale di Brindisi. La morte presunta di Ylenia in data 31 dicembre 1993 è stata infine dichiarata il 1º dicembre 2014 con sentenza da parte del tribunale di Brindisi.
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