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Qualcosa di sinistra

Strenne: la strage di Torino

Strenne: la strage di Torino

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Libri da regalare e da ricevere in dono? Perchè no? Moltissime sono state le iniziative editoriali per far conoscere al grande pubblico la storia del fascismo, un movimento insurrezionalista impostosi con metodi illegali e violenti che, nell’ottobre del 1922, con la sua «marcia su Roma», anche grazie all’insipienza delle classi dirigenti, riuscì ad affermarsi definitivamente. 

Lodevole è la ripubblicazione del bel libro di Giancarlo Carcano, «Strage di Torino – Una storia italiana dal 1922 al 1971», uscito la prima volta nel 1972 per merito dell’editore La Pietra, oggi riedito dalla Fondazione «Antonio Gramsci», Impremix Edizioni.

Forse non tutti sanno che piazza XVIII Dicembre a Torino, la piccola piazza prospiciente la vecchia stazione di Porta Susa, ricorda una delle pagine buie della storia cittadina. Il 18 dicembre 1922 prende avvio quella che viene ricordata come «la strage di Torino», tre giorni d’incursioni in sedi sindacali, di partito ma anche in abitazioni private e il cui bilancio fu di undici morti e numerosi feriti tra operai e sindacalisti.

Il giornalista e conduttore televisivo Giancarlo Carcano (1934-1993) non si limita a ricostruire la cronaca dei fatti ma, come allude il sottotitolo del libro, ripercorre le traiettorie individuali e processuali dei protagonisti, sino al funerale del responsabile politico della strage, il 19 novembre 1971, e degli onori che gli vennero tributati in quell’occasione. La nuova edizione del libro è corredata dalla documentazione di alcuni testimoni diretti di quanto accaduto e da numerose foto (fortuitamente ritrovate) sull’assalto alla Camera del Lavoro di corso Galileo Ferraris, la notte tra il 25 e il 26 aprile dell’anno prima.

Merita attenzione anche il volumetto edito da People, «Maledetti pacifisti», del giornalista e inviato televisivo Nico Piro, una voce che abbiamo imparato a conoscere ascoltando i suoi reportage radiofonici dalle «aree di crisi e di conflitto», insomma da dove si combatte tutti i giorni. Centocinquanta pagine, un flusso ininterrotto di pensieri per spiegare perché e come e quando la guerra «è diventata uno spettacolo televisivo» che ha «prosciugato l’empatia verso le guerre degli altri». Piro non ha timore a chiamare le cose con il loro nome e a gettare il suo j’accuse nel commentare la guerra nel cuore dell’Europa. Forse, sottolinea, «per la prima volta nella storia recente in Italia prevale il partito del PUB», il Pensiero Unico Bellicista, che dal 24 febbraio (data dell’aggressione russa all’Ucraina) ha prodotto il prevalere dell’idea del mondo diviso in amico/nemico, della pace come cedimento e della guerra che «da fatto straordinario» è diventata «normalità». 

Nico Piro si confronta, senza sconti, con il ruolo cruciale che gli operatori dell’informazione e i nuovi media hanno assunto nella polarizzazione dell’opinione pubblica e nella formazione del pensiero unico. Vale la pena di sentire la sua voce, di questi tempi, per spezzare il flusso mediatico e provare a resistere al pervasivo «marketing bellicista».

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