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Scarmagno

Italvolt: prelazione scaduta sui terreni dell’ex Olivetti

Tanti dubbi sul progetto di una giga-factory. Manca un contributto del Governo e un investimento con i fondi del Pnrr

Lars Carlstrom

Lars Carlstrom

"Stiamo costruendo la prima Gigafactory in Italia e una delle più grandi al mondo. Stiamo producendo batterie all'avanguardia per soddisfare una domanda in crescita.We are Electrifying the Future...", scrivono sul proprio sito. La verità è che è ancora tutto fermo con le quattro frecce e le frecce sono di un'auto che va ancora a diesel... La verità è che a Scarmagno non si sta ancora producendo un bel cavolo di nulla

FOTO D'ARCHIVIO. Lars Carlstrom è con l'ex Presidente Patrizia Paglia di Confindustria Canavese

Come sta andando alla Italvolt? La Giga-factory di 45 giga, su 300 mila metri quadri di terreno?

Nessuna novità salvo una, la prelazione, sottoscritta un anno fa con Prelios, per l’acquisto dei terreni nell’area ex Olivetti è scaduta a settembre, ma le trattative sono aperte per arrivare ad un ulteriore allungamento. Si attende inoltre anche l’esito della partecipazione ad un bando per accedere ai fondi tramite il Pnrr. 

Insomma sul progetto Italvolt, la fabbrica delle batterie al litio per auto, sono ancora tanti i dubbi.

A distanza di quasi tre anni dall’ufficializzazione del dell’investimento da circa 3 miliardi e mezzo da parte del manager svedere Lars Carlstrom, infatti, al momento non c’è nulla, solo carta.

il sito ex Olivetti a Scarmagno

Mancherebbero gli investitori privati anche se - dalla società che ha sede in via Montenapoleone a Milano - assicurano che reperirli non sarà un problema tra fondi pubblici, prestiti bancari e investitori istituzionali (fondi di investimento, private equity e venture capital, attività di investimento istituzionale in capitale di rischio di aziende non quotate, in fase di start up).

Dove ci si è dato un gran da fare è il sito web del progetto. Aggiornatissimo, pieno di rendering su come sarà l’area di Scarmagno. E poi un mucchio di annunci sulle partnership portate avanti sino a qui. Come quella con Aecom nell’ambito dell’ottimizzazione dei processi produttivi e della supply chain o, ancor meglio con il Politecnico di Torino che supporterà Italvolt nella creazione di un processo di sviluppo a “ciclo chiuso”, comprendente la fornitura di materie prime primarie e secondarie provenienti da batterie agli ioni di litio esauste. Ultimo in ordine di tempo, l’annuncio dell’ingresso nel board  di Joerg Klingler, executive di Bosch.

I dubbi però restano soprattutto sui tempi annunciati per l’inizio della produzione: era il 2024, adesso è il 2025.

Hanno una gran fiducia in Regione Piemonte ma si dovranno prima fare i conti con i costi della bonifica dell’area un tempo sede della fabbrica delle macchine da scrivere. Solo questa operazione potrebbe arrivare a costare 60 milioni di euro 

Tra i fantasmi che aleggiano sul progetto Italvolt ce n’è uno che arriva direttamente dalla Gran Bretagna e fa riferimento all’impianto “gemello” di Britishvolt, società fondata dallo stesso Carlstrom, che ha rischiato la bancarotta per mancanza di finanziamenti. Oltrmanica l’avventura di Carlstrom si è conclusa con le dimissioni rassegnate nel 2020, poco dopo le notizie circolate su tutti i giornali di una sua condanna per frode fiscale in Svezia negli Anni 90. 

Insomma, i segnali di sofferenza non mancano e il rischio che il territorio possa perdere l’ultimo treno per dare una svolta e cambiare senso di marcia al lento degrado a cui pare destinato tutto il Canavese sembrano davvero dietro l’angolo. Sarebbe un fallimento non solo occupazionale, ma anche di immagine dal momento che tutti, dagli amministratori locali passando per l’Unione Industriali di Ivrea, ci hanno sin da subito messo la faccia. 

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