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L'intervista
13 Novembre 2022 - 21:21
I volontari di Base Sierra
Base Sierra compie trent'anni. L'associazione nolese è ormai un'istituzione della società civile, e non fa mancare la propria presenza al momento del bisogno, che si tratti di presenziare agli eventi cittadini o di accorrere anche fuori dalla Regione Piemonte quando le emergenze umanitarie sconvolgono tutto lo Stivale.
Dalle prime attività a inizio degli anni Novanta, quando una decina di ragazzi si riunirono grazie alla passione comune per le telecomunicazioni, ad oggi, Base Sierra è cambiata tanto. Come numero di volontari, come specializzazione, come esperienza. Una parabola trentennale di cui abbiamo chiesto qualche ricordo a Riccardo Baima, presidente dell'associazione.
Cos'è Base Sierra? Come e quando nasce?
Base Sierra nasce nel 1992 grazie a dieci ragazzi che erano appassionati di radio, e che decisero di unire l'utilizzo del così detto baracchino alla volontà di aiutare il prossimo. Non si parlava ancora di protezione civile, che sarebbe poi nata dopo. Inizialmente non avevamo neppure una sede, ma poi la prima l'abbiamo avuta a Nole. Siamo poi cresciuti e nel frattempo si è sviluppata anche la Protezione Civile. Abbiamo raggiunto i venticinque e i trent'anni, abbiamo formato i volontari, e siamo ormai una realtà locale che collabora con le altre associazioni anche per le feste e per gli eventi sportivi e culturali. Siamo una realtà considerata sul territorio.
Hai in mente degli aneddoti che risalgono ai primi anni di attività?
Ci sono alcuni episodi che mi ricordano la storia di Base Sierra. Il primo risale agli inizi, quando non esisteva ancora la Protezione Civile e ci inventammo l'aiuto sugli eventi emergenziali con le telecomunicazioni. Ricordo le prime gare ciclistiche e podistiche che iniziammo a supportare. E poi c'è un ricordo un po' più triste, che è stata la morte di Papa Wojtila, quando intervenimmo a Roma. Abbiamo cercato fin da subito di evolverci e di formarci. Dalla vecchia Protezione Civile ad oggi ci si è specializzati molto, e così ad oggi possiamo intervenire sia nelle attività di telecomuniocazioni sia in diverse altre attività. Ormai dopo trent'anni i ricordi sono davvero tanti.
Voi avete la vostra sede a Nole, siete nolesi a tutti gli effetti.
Sì, la nostra sede è accanto alla caserma dei Vigili del Fuoco. Nole è da sempre la nostra casa perché ci ospitò anche quando solo qualcuno credeva in questa associazione, ma ad oggi collaboriamo anche con Ciriè, con San Carlo, con Grosso, con Robassomero, con Corio. Accanto a questo c'è l'attività nazionale e quella regionale.
Ma proprio a Nole festeggerete i vostri trent'anni.
Sì, con due appuntamenti: il primo il 25 novembre con una serata danzante e una grande polentata che faremo con i nostri Alpini di Nole. Finalmente il Nole Forum riprenderà la sua attività ludica dopo essere stato un centro vaccinale, e tornerà a essere un luogo dove si va a divertirsi. Poi il 4 dicembre ci sarà la cerimonia ufficiale del trentennale presso la nostra sede a cui seguirà il pranzo sociale, e durante la mattinata saranno consegnate le benemerenze che ha rilasciato la Regione e la nostra Federazione Nazionale per l'attività di contrasto al covid. Dunque un momento ludico e uno istituzionale.
Passando alla dimensione nazionale della vostra attività: voi siete intervenuti anche in teatri non piacevoli, con situazioni molto toste, come ad esempio L'Aquila. Volevo chiederti di ricordare il vostro intervento in questi teatri difficili colpiti da tragedie così importanti.
Ci sono due interventi importanti che abbiamo fatto a livello nazionale: L'Aquila e Amatrice. Per quanto riguarda il terremoto de L'Aquila siamo partiti "in prima partenza", cioè a poche ore dall'evento. Siamo arrivati sul sito dove non c'era ancora molta dell'organizzazione generale e quindi chiaramente abbiamo assistito alla disperazione dei primi momenti, e sono sensazioni che non si possono descrivere ma che bisogna vivere con le persone del posto. C'è un aneddoto importante che mi ricordo: dopo l'evento noi abbiamo cominciato la nostra attività alla caserma di Coppito, dove venivano le famiglie per le varie dichiarazioni, denunce, atti d'ufficio. E mi ricordo una famigliola che all'atto di entrare in questa struttura antisismica non volle farlo, e allora portammo fuori tutte le scartoffie da compilare perché questa signora non voleva saperne di entrare. E' una cosa che può sembrare banale, ma in realtà per chi aveva vissuto certi traumi era veramente complicato.
E ad Amatrice?
Anche per quanto riguarda il terremoto di Amatrice siamo partiti in prima partenza, siamo arrivati di notte a poche ore dall'evento dove abbiamo allestito la prima postazione. L'evento che mi ricordo fu la partecipazione dei cittadini, che dai paesi vicini arrivarono per dare una mano. Abbiamo così gestito insieme ai funzionari queste persone che arrivavano ad aiutare in qualsiasi modo. E' chiaro che durante l'emergenza non ci si può improvvisare: il volontariato spontaneo è interessante e bello, ma va gestito, e in questo senso bisogna ancora lavorare sulla popolazione. Ma a parte questo, è stato bello assistere alle persone che aiutavano e che facevano ciò che riuscivano. In generale, le prime fasi di un'emergenza sono molto complesse. Durante queste emergenze ci si aspetta che le persone chiedano chissà cosa, ma in questo caso ci è capitato che le persone ci chiedessero dei caricatori dei cellulari per chiamare le famiglie, perché chi aveva il cellulare ce l'aveva magari scarico. Questa necessità, ad Amatrice, è emersa in maniera importante.
Il presidente Riccardo Baima di fronte allo stemma del Comune di Amatrice
Voi fate un lavorone, andate in contesti difficili dove vi è richiesto anche un certo grado di capacità di gestione di situazioni complesse. Se ti chiedessero, e anzi te lo chiedo io ora, perché lo fate, cosa vi spinge a impegnarvi in questo modo, tu cosa risponderesti?
Eh... questa fa parte di quelle domande da centomila punti! Va detto che il volontariato in generale, in Italia, e io conosco anche quello internazionale, ha una marcia in più. Che cosa invece spinge noi come associazione a fare ciò che facciamo non lo so, forse la volontà di aiutare il prossimo, forse la voglia di proseguire questa tradizione italiana di volontariato, anche se è chiaro che il volontario di per sé è motivato alla base dalla volontà di fare qualcosa per gli altri.
Non tutto il volontariato è uguale, ne esistono diversi tipi
Il volontariato nelle grandi emergenze e quello sociale sono due facce della stessa medaglia. E' chiaro che l'attività emergenziale, soprattutto in prima partenza, ha un impatto psicologico non indifferente. Esistono infatti corsi specifici che preparano i volontari a questo tipo di situazione, perché questi volontari devono essere supportati. Il trauma che trova il volontario quando vive questi scenari è molto forte. Il volontariato sociale, che anche facciamo, è invece un altro tipo di attività, [che viene effettuata durante gli eventi cittadini, ndr]. Ovviamente va preparato anche quello. Ecco, questo è un aspetto importante: il volontariato deve essere sempre preparato, perché oramai non si può più improvvisare nulla. Ma tornando alla tua domanda, più in generale, se dovessi darti una risposta "accademica", direi che ci piace aiutare il prossimo sperando di non doverlo mai fare.
Uno dei mezzi di Base Sierra
Un momento in cui è stato necessario aiutare il prossimo è stata la pandemia di covid19. Nella realtà nolese voi avete svolto un ruolo importante, soprattutto con le vaccinazioni al Nole Forum.
Nella storia d'Italia, i grandi eventi hanno sempre tracciato delle linee di cambiamento: dopo quegli eventi qualcosa è sempre cambiato. Il sistema in generale non era pronto per la pandemia, ma c'è da dire che siamo riusciti a fare di necessità virtù. Abbiamo attivato l'hub vaccinale del Nole Forum, e pur essendoci delle linee guida dell'Asl, le procedure di ingresso e di uscita dall'hub non erano mai state scritte e non esistevano; Così a Nole, assieme all'amministrazione e all'Asl, abbiamo creato il meccanismo di ingresso e di uscita. E' chiaro che noi siamo stati ausiliarii in questo senso, e che soprattutto nelle fasi più complesse ci sono stati anche momenti in cui non era chiaro se il volontariato avrebbe dovuto fare tutto ciò che ha fatto oppure no, ma era anche una contingenza in cui nessuno era mai stato. Abbiamo cercato di fare il possibile: secondo me è andata bene, per lo meno la nostra struttura ha reagito. Abbiamo anche fatto attività nella distribuzione di mascherine nei centri dove c'erano gli anziani. Insomma, abbiamo effettuato diversi servizi pur mantenendo una certa "umana incoscienza", nel senso che abbiamo fatto delle cose che non sapevamo se avremmo dovuto fare oppure no, ma le abbiamo fatte perché il momento lo richiedeva. In questo senso, noi come il resto del volontariato abbiamo reagito bene al covid.
Tornando alla vostra associazione, c'è una cosa che non ti ho chiesto prima ma che in realtà è fondamentale: voi al momento quanti siete?
Siamo circa 45 soci, e dico "circa" perché durante l'anno c'è sempre qualche nuovo iscritto e qualche socio che non ci accompagna più nella nostra vita associativa. Poi ci sono le persone che ruotano attorno all'associazione e che ci aiutano.
La vostra età media qual è? Notate che i giovani si avvicinano o che fanno un po' di fatica?
Quando sono entrato io ormai trent'anni fa, l'età media delle associazione era molto bassa. Oggi non è più così perché chiaramente non sempre i giovani riescono ad arrivare alle associazioni di volontariato. Questo è un aspetto complesso che riguarda anche il volontariato nazionale: dovremmo riuscire a penetrare quella classe di età in cui potrebbe esserci il futuro volontario o il futuro dirigente di associazione. Per questo cerchiamo di fare attività divulgativa nelle scuole per cercare di avere fra qualche anno qualcuno che si avvicini. Durante tutte le emergenze poi c'è sempre un avvicinamento fisiologico alle associazioni anche da parte dei giovani, che spesso è mosso solo dall'emozione del momento. Ma in generale c'è un calo dei volontari che dovremo sicuramente cominciare a prendere in considerazione e ad affrontare.
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