Lei, "un po' sbronza", si era fatta accompagnare alla toilette e aveva tenuto la porta socchiusa; e lui aveva interpretato questo comportamento come "un invito a osare". Sulla base di questa supposizione la Corte d'appello di Torino ha assolto un ventenne dall'accusa di violenza sessuale su una coetanea. I giudici (presidente donna più due consiglieri uomini) hanno ribaltato la sentenza di primo grado, con la quale, nel 2021, al giovane erano stati inflitti due anni, due mesi e venti giorni di carcere. "Il fatto non costituisce reato" per "mancanza di elemento soggettivo". Se ne riparlerà in Cassazione, visto che la procura generale ha presentato un ricorso. Fu la ragazza, nel maggio del 2019, a denunciare un episodio di qualche giorno prima. I due, entrambi italiani, si conoscevano da alcuni anni, e in passato, come ricorda la sentenza d'appello, si erano "scambiati qualche bacio ma niente di più". Il 7 maggio si incontrarono in un bar del centro storico ed esagerarono con gli aperitivi. Poi, in quello che la Corte ha definito il "piccolo" e "squallido" bagno alla turca del locale, accadde qualcosa. L'imputato ha sostenuto di essersi interrotto quando lei ha detto 'basta'. Poi la aiutò a ricomporsi, dato che era stata colta da un malore, e rimase con lei fino all'arrivo degli zii, i quali lodarono la sua "gentilezza". Per i giudici "non ci sono certezze" sul racconto della ragazza e neppure sull'esistenza di una aggressione sessuale da parte di un ventenne che pochi minuti prima, fra un bicchiere e l'altro, le aveva manifestato il proprio interesse. L'atteggiamento di lei, anzi, è stato ricostruito e analizzato nei dettagli per arrivare a concludere che l'imputato con ogni probabilità aveva soltanto "equivocato": gli chiede di accompagnarlo in bagno, gli affida la borsetta, gli chiede di passargli dei fazzoletti, gli permette di entrare per tirare lo sciacquone. Secondo i magistrati "non è da escludere che gli abbia dato delle speranze", producendo una situazione che poi "non seppe gestire poiché un po' sbronza ed assalita dal panico". Tanto è vero che l'imputato "non la abbandonò al suo destino" e "la sostenne", forse per "la consapevolezza di non avere fatto niente di male". Un punto controverso resta la rottura di un pezzetto di cerniera. Circostanza che, per quanto frutto "dell'esaltazione del momento", non dimostra il presunto abuso. Ora la parola è alla Cassazione.
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