I più maligni sostengono che, senza gli altri quesiti, cannabis e abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente), certamente più «polarizzanti», difficilmente si raggiungerà il quorum. Complice anche il silenzio dei partiti in difficoltà a schierarsi, alcuni lasciando pilatescamente «libertà di voto» ai loro elettori. Per farci un’idea vediamo, ad esempio, le motivazioni che hanno portato all’ammissibilità del referendum per l’abrogazione dell’incandidabilità e del divieto di ricoprire cariche elettive se condannati in via definitiva per reati non colposi, cioè commessi in modo intenzionale. La Corte sottolinea che - per essere ammesso – il quesito deve essere chiaro, omogeneo, univoco e deve riguardare una legge idonea allo scopo referendario. Nel caso in questione, «il quesito è chiaro e univoco nell’obiettivo che intende perseguire. L’obiettivo - prosegue la sentenza - è «di rimuovere dall’ordinamento l’intero testo normativo che disciplina l’istituto dell’incandidabilità e, da questo punto di vista, proprio l’interezza del testo investito dal quesito esclude ogni possibile incertezza sulla portata della sua eventuale abrogazione». Ora tutti i partiti concordano sul fatto che la «legge Severino» (governo Monti) se non proprio da abrogare sia da ammorbidire, anche se la sua applicazione riguarda davvero un numero limitatissimo di casi. Per contro, diversi giuristi obiettano che bastava un’abrogazione parziale «se si voleva eliminare la sospensione conseguente alla condanna di primo grado», perché – come abbiamo letto - il referendum abroga l’intero decreto legislativo, «il che consentirebbe a condannati in via definitiva per gravi reati di criminalità, reati contro la pubblica amministrazione e comunque delitti non colposi con reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, di candidarsi al Parlamento nazionale e europeo, di essere nominati nei governi nazionali e locali e di rimanere in carica dopo la condanna definitiva». Insomma torneremmo daccapo. E gli altri quesiti? Uno riguarda l’articolo 274 del Codice di procedura penale, sopprimendo il carcere o gli arresti domiciliari preventivi quando c’è pericolo della ripetizione del reato «della stessa specie di quello per cui si procede». Se ci riflettete un momento vi saranno chiare le conseguenze di tale abrogazione. Tre sono i referendum che riguardano la magistratura, «due sono di limitato rilievo», occupandosi di come sono eletti i magistrati nel loro organo di rappresentanza e da chi sono giudicati per gli avanzamenti di carriera. Il terzo, il cui testo risulta illeggibile per la sua lunghezza e perché opera su cinque diversi atti legislativi, è il più insidioso perché – a fronte di un tema tecnico «ormai statisticamente marginale – permettere o non permettere a Pm e giudici di passare da una funzione all’altra e quanto» sembra sottendere l’intento di cominciare proprio dalla impropriamente detta «separazione delle carriere» per arrivare ad ottenere un ben diverso risultato, quello di assoggettare progressivamente l’ufficio del Pm all’esecutivo. Insomma, prima di dire dei sì, pensateci su.
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