Abusi sessuali sui minorenni finiti nelle relazioni dei servizi, mai esistiti. O quantomeno non nelle forme con cui venivano messi nero su bianco. Succedeva talmente di frequente da far dire a un testimone che lì, cioè negli uffici del Servizio sociale della Val d'Enza reggiana, si sapeva che "vedono gli abusi anche negli stipiti delle porte". Gli atti dell'inchiesta 'Angeli e Demoni' sugli affidi illeciti, chiusa ieri con la notifica da parte dei carabinieri dell'avviso di fine indagine a 26 persone, raccontano di questo, e di come la realtà veniva falsificata, con l'obiettivo di far allontanare i minorenni dalle famiglie. Tanto che dal 2014 al 2019 gli investigatori hanno documentato un'escalation di allontanamenti in Val d'Enza, e, confrontando le statistiche sugli affidi con distretti vicini e di dimensioni simili, hanno notato differenze anche dell'800% in più. Numeri che vanno a confortare un'ipotesi accusatoria che si è ancora rafforzata e ampliata con le dichiarazioni delle tante persone sentite in questi mesi, ma anche con le chat acquisite dai telefoni sequestrati agli indagati. Gli investigatori parlano di denigrazione delle figure genitoriali, di ricordi condizionati, di convinzioni inculcate ai minori di aver subito violenze sessuali in famiglia, di interrogatori incalzanti e suggestivi a cui i bambini venivano sottoposti durante anomale sedute di psicoterapia, a cui, a volte, venivano ammessi pure i genitori affidatari. Un piccolo segno di malessere, apparentemente normale, diventava un sintomo di un abuso subito. Figure chiave nell'inchiesta sono Federica Anghinolfi, dirigente del Servizio dell'Unione, ma anche l'assistente sociale Francesco Monopoli. Erano loro a parlare, si legge negli atti, dell'esistenza nel territorio di una "setta satanica di pedofili dai quali dover difendere i bambini". Una circostanza di cui non è chiaro se gli indagati fossero realmente convinti, ma che comunque non è comprovata da nessun riscontro oggettivo. C'è poi Nadia Bolognini, la moglie di Claudio Foti della onlus Hansel e Gretel: a lei è stata sequestrata la 'macchinetta dei ricordi' utilizzata durante le sedute e sottoposta a una consulenza tecnica. Oltre che non riconosciuta dall'ordine degli psicologi in Italia, è risultata non conforme alle norme europee. Di per sé non pericolosa per la salute, è comunque stato notato che è a rischio di corto circuito. Attraverso la macchinetta l'indagata avrebbe voluto estrapolare i ricordi traumatici presenti nella mente del bambino, sostituendoli con quelli positivi.
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