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Sea Watch 3 a Lampedusa, arrestata la capitana Carola Rackete. Una riflessione partigiana

Sea Watch 3 a Lampedusa, arrestata la capitana Carola Rackete. Una riflessione partigiana

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Abbiamo sostenuto più volte, negli ultimi tempi, la necessità di una riflessione sulla deriva di destra che sta attraversando ed incombendo non solo nel nostro Paese, bensì in varie parti d’Europa e nel mondo. Una riflessione non è però completa se ad essa non seguono scelte e comportamenti conseguenti, se cioè non vi sia coerenza fra parole ed atti. “La domanda è sempre la stessa: negli anni ’20 le forze di sinistra e moderate sarebbero state in grado di cogliere la pericolosità della situazione e di opporsi evitando un ventennio di dittatura? Se è pur vero che la storia non si fa con i se e con i ma, è altrettanto certo che essa DOVREBBE essere maestra di vita. E allora: siamo in grado, noi, oggi, di comprendere quando è il momento di dire BASTA? Sarà domani? Oggi? O l’abbiamo già superato senza capirlo?” Così scrivevamo, ed oggi ci troviamo di fronte ad un episodio che ha il forte carattere simbolico della scelta: a Lampedusa la capitana Carola Rackete ha compiuto un atto estremo, mettendo in gioco sé stessa e la propria libertà. Coerenza e coraggio “partigiano”? Le indagini, placata l’eco mediatica di questi giorni, faranno chiarezza. Come Anpi, osserviamo che di fronte a velleitari tentativi di imitare la Resistenza, quella vera dei nostri Partigiani, sui più svariati argomenti, in un gioco che sa di imitazione del passato, la capitana Rackete ha invece gettato sé stessa oltre l’ostacolo, seguendo la propria coscienza. Col suo gesto una strada si apre. Riservata a tutti noi che, prodighi di comunicati, formati e adusi ai cortei e alle proteste verbali, vogliamo e possiamo scegliere la strada della coerenza: quella che si paga prima di tutto di persona. Come sarebbe bello se tutti, a partire da noi Cittadini, dagli Amministratori, dai Sindaci, dai Funzionari di ogni Istituzione, comprese le Forze dell’Ordine, si riuscisse a dire: “No, quest’ordine è inumano, stride con la mia coscienza, mi rifiuto di obbedire!”… Ne guadagnerebbe, crediamo, la democrazia, perché cos’altro è la separazione dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario prevista dalla nostra Costituzione, se non la facoltà, o meglio il dovere inderogabile di dire “No” che ciascun organo dello stato ha nei confronti degli altri, evitando il pericolo di storture, ingiustizie, dittature? Vero, ministro della barbarie e dell’inumanità? Ora attendiamo che qualcuno tolga metaforicamente le manette alla capitana (lei sì che merita questo titolo!). Mario Beiletti, presidente Anpi Ivrea e Canavese
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