Annullare la sentenza di condanna e liberare il medico iraniano Ahmadreza Djalali, detenuto a Teheran. È la richiesta contenuta in una mozione bipartisan approvata all'unanimità dal Consiglio regionale delle Marche su proposta del presidente dell'Assemblea Antonio Mastrovincenzo (Pd) e dal capogruppo Pd Fabio Urbinati, da Gianni Maggi (M5s), Gianluca Busilacchi (Mdp-Gruppo misto), Sandro Bisonni (gruppo misto), Zaffiri (Lega). Il documento impegna il presidente della Giunta regionale ad esercitare ogni forma di pressione con il Ministero degli Esteri affinché le autorità iraniane scarcerino il dottor Djalali, medico iraniano di 45 anni, da oltre 2 anni, dall'aprile del 2016, detenuto nel carcere di Evin, a Teheran, città dove si era recato per far visita ai suoi familiari. E' sposato e padre di due figli. Per quattro anni, il dottr Djalali ha svolto un'intensa e proficua attività di ricerca al Crimedim (Centro di Ricerca in Medicina di Emergenza) dell'Università del Piemonte orientale di Novara, a seguito della quale sono stati pubblicati numerosi lavori scientifici di grande valore internazionale. Sulle ragioni della sua detenzione si hanno poche e frammentate notizie. Sembrerebbe che l'unica "colpa" accertata sia quella di aver collaborato all'estero con ricercatori italiani, israeliani, svedesi, americani e del Medio Oriente, per migliorare le risposte di emergenza degli ospedali al terrorismo armato e alle minacce radioattive, chimiche e biologiche soprattutto nei Paesi che soffrono la povertà e sono flagellati da guerre e disastri naturali. Ahmadreza Djalali continua a proclamarsi innocente anche attraverso iniziative non violente, come lo sciopero della fame, e nonostante pressioni psicologiche e mesi di isolamento assoluto. "Il dottor Djalali si trova in grave pericolo di vita - ha detto in Urbinati, che ha illustrato la mozione -. Secondo quanto affermato dalle associazioni non governative contro la pena di morte, infatti, il giudice del Tribunale della rivoluzione è noto per le condanne a morte contro presunti oppositori politici. Riteniamo - ha aggiunto - che di fronte a questa totale negazione dei diritti civili occorra attivare ogni intervento possibile per tutelare la vita di un medico e ricercatore".
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