Quanto possono incidere sulla salute dell'individuo adulto le esposizioni a inquinanti ambientali dei primi 1.000 giorni di vita? Mira a rispondere a questa domanda lo studio biennale coordinato dall'Irccs Burlo Garofolo di Trieste e avviato in questi giorni in cinque regioni. I primi mille giorni di vita di un individuo, dal concepimento fino al secondo anno - ricorda il Burlo Garofolo - "sono fondamentali per il suo benessere futuro. L'esposizione precoce a fattori chimici, fisici e a determinanti ambientali spesso ha un impatto negativo sull'evoluzione del feto e del neonato e ne influenza lo sviluppo cognitivo e fisico". Il progetto, finanziato dal Ministero della Salute, Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm), ha tra i partner operativi l'Università di Torino, l'Ospedale pediatrico Meyer di Firenze, il Dipartimento di Epidemiologia del Ssr del Lazio - Asl Roma 1, l'Istituto Superiore di Sanità, la Uo Neonatologia e pediatria Usl Toscana Nord Ovest e l'Istituto di biomedicina e immunologia molecolare (Cnr) di Palermo, assieme alla regione Fvg. "Obiettivo primario dello studio è stilare una mappa, per ora in cinque regioni italiane pilota, del carico di esposizione ambientale delle donne in gravidanza e dei neonati fino a 24 mesi", spiega Luca Ronfani, pediatra epidemiologo del Burlo e responsabile scientifico del progetto. "I dati che produrremo serviranno ai decisori politico-sanitari per pianificare interventi di prevenzione in sanità pubblica". Le informazioni raccolte saranno a disposizione degli operatori sanitari e della popolazione. Sarà inoltre predisposto un protocollo di monitoraggio della popolazione che abita nei cosiddetti siti di interesse nazionale (Sin), aree contaminate classificate come pericolose e che necessitano di bonifica. Il progetto si avvarrà dei dati e campioni biologici raccolti nell'ambito del progetto Piccolipiù, che ha reclutato più di 3.000 nuovi nati tra il 2011 e il 2013. I partecipanti saranno selezionati sulla base della loro residenza in gravidanza e alla nascita. "L'esposizione ad agenti chimici e fisici può modificare l'attività dei geni, attivandoli o silenziandoli in momenti sbagliati, senza che vi siano reali alterazioni (mutazioni) nella sequenza di basi di DNA", spiega Ronfani. "Modifiche epigenetiche come la metilazione, cioè l'aggiunta di un gruppo chimico al DNA, possono avere impatto sulla salute specie se si verificano in età precoce". Oltre alla metilazione del DNA, spiega il Burlo Garofolo, i ricercatori esamineranno la lunghezza dei telomeri, che già alla nascita sono diversi da individuo a individuo, forse come conseguenza al carico di esposizione vissuto dal feto durante la vita intrauterina. "I dati che raccoglieremo serviranno a identificare aree di priorità e a mettere a punto proposte di intervento mirate a ridurre il carico di esposizione ambientale su madri e neonati", conclude Ronfani.
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