Le fibrillazioni interne a Ncd, soprattutto al Senato, rischiano ora di deflagrare. Perciò Matteo Renzi si sarebbe deciso, spiegano i parlamentari a lui vicini, a far pervenire agli alleati di governo la disponibilità a discutere di una modifica all'Italicum, una legge elettorale che il premier difende ma sulla quale pendono due ricorsi alla Consulta (l'ultimo presentato al tribunale di Torino) e che gli alfaniani considerano insostenibile. Ed è questo, affermano le stesse fonti, l'unico fronte aperto all'indomani della direzione: Renzi ha risposto con nettezza ai mal di pancia interni e ora vuole che ogni energia sia concentrata sulla campagna "a tappeto" per il referendum. Ma la minoranza del partito non intende archiviare la questione. Non nascondono, i Dem, la preoccupazione per il caos di Ncd. Un caos, osservano, acuito dall'inchiesta che vede coinvolto il parlamentare Antonio Marotta e citato nelle intercettazioni lo stesso Angelino Alfano. Nessuno commenta la vicenda (solo Bersani in serata la critica sotto il profilo dell'opportunità), la linea del Pd resta linea garantista: non desta particolare allarme, sottolinea più d'uno, quanto emerso dalle carte dell'inchiesta. Ma il problema Ncd non viene più negato. C'è chi, in transatlantico, si spinge a evocare la vicenda Mastella che portò alla caduta di Prodi. Ma non è questo il caso, notano i renziani: la questione è di tenuta di un gruppo, Ap, che teme l'irrilevanza se si voterà con l'Italicum. Una questione tanto concreta, che qualche deputato Dem arriva persino a evocare il voto anticipato a ottobre se Ncd dovesse implodere: sarebbe insostenibile infatti provare a sostituire i voti di Ncd con quelli di Verdini. Renzi, assicurano i parlamentari a lui vicini, invita a non drammatizzare e ostenta tranquillità. Ma lascia che a Ncd giungano segnali rassicuranti. Con le parole del ministro Andrea Orlando sulla vicina "intesa in maggioranza" sulla prescrizione. O l'intervista al Tg1 del vicesegretario Lorenzo Guerini sull'Italicum: "La legge consente ai cittadini di sapere il giorno stesso delle elezioni chi vince. Ma non ci siamo mai sottratti al confronto". Anche le parole di Dario Franceschini in direzione sulla necessità di introdurre il premio alla coalizione sarebbero state pronunciate 'in autonomia' da Renzi, non concordate, ma andrebbero nella direzione di dare una mano ad Alfano a tenere uniti i suoi. I renziani però aggiungono una postilla al discorso franceschiniano: con Renzi c'è una chance concreta di cambiare la legge, prima o (più probabile) dopo il referendum; se invece vincerà il no, più probabile è che si vada a votare con Italicum alla Camera e Consultellum al Senato. Quanto agli scenari in caso di vittoria del no, fonti parlamentari che hanno avuto modo di parlare con il Quirinale fanno osservare che come tutti i presidenti Sergio Mattarella cercherebbe innanzitutto di garantire la stabilità - a maggior ragione se sarà in corso la sessione di bilancio - e scongiurare la fine anticipata di una legislatura nata con un mandato costituente. Ma vincerà il sì, assicurano i renziani, provando a chiudere le speculazioni da transatlantico su scenari di governi politici o tecnici alternativi a Renzi. Parte davvero adesso, spiegano, la campagna referendaria: primo obiettivo, arginare l'astensionismo. "Di fronte al bivio, siamo tutti protagonisti", suona la carica Maria Elena Boschi. "Auspico con tutte le mie forze che la stragrande maggioranza dei cittadini non faccia finire nel nulla" le riforme, dice anche Giorgio Napolitano. Dalla maggioranza Pd mettono in conto che non ci sarà collaborazione nella campagna referendaria della minoranza. I renziani, anzi, sono convinti che un pezzo di minoranza voterà no. Non è questo il tema, replicano i bersaniani: bisogna saper dare ascolto ai cittadini, anche a quelli che voteranno no. "Renzi ci ha detto - sintetizza Pier Luigi Bersani - 'o con me o contro di me' e per tutto il resto 'ciaone'. Con un discorso così non posso stare tranquillo e mi sarei aspettato anche un soprassalto di dignità di qualcuno dei suoi".
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