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16 Febbraio 2016 - 14:21
Condire gli alimenti con olio d'oliva aiuta a contenere le impennate della glicemia dopo i pasti nei soggetti con diabete di tipo 1. La conferma arriva questa volta da uno studio di un gruppo di ricercatori della Società Italiana di Diabetologia che dimostra come l'uso dell'olio contribuisce a migliorare il controllo del diabete e dunque a proteggere l'apparato cardiocircolatorio dalle complicanze di questa malattia. Appena pubblicato online sulla rivista Diabetes Care, organo ufficiale dell'American Diabetes Association, lo studio condotto da Giovanni Annuzzi e Lutgarda Bozzetto del gruppo di Gabriele Riccardi, Società Italiana di Diabetologia (SID) e di Angela Rivellese dell'Università di Napoli 'Federico II' dimostra infatti che aggiungere olio d'oliva agli alimenti riduce l'indice glicemico dei pasti, ovvero le impennate post-prandiali della glicemia e può contribuire in questo modo a proteggere i pazienti dalle complicanze cardiovascolari e microvascolari del diabete.
Le escursioni che fa la glicemia dopo un pasto, possono diventare vere e proprie impennate, se si consumano cibi a cosiddetto 'indice glicemico' elevato (si intende l'entità dell'aumento della glicemia dopo l'assunzione di alimenti a base di carboidrati, rispetto a un valore di riferimento rappresentato dall'assunzione di glucosio puro).
Le attuali linee guida per il trattamento del diabete di tipo 1 raccomandano di calcolare le unità di insulina da somministrare ai pasti principali, basandosi sul contenuto di carboidrati degli alimenti che verranno consumati (la cosiddetta 'conta dei carboidrati'). Tuttavia questo sistema, nonostante l'impegno profuso dai pazienti, non sempre si rivela efficace nel controllare in maniera ottimale la glicemia. Dallo studio appare chiaro che l'olio extravergine di oliva è il condimento ideale anche per chi non ha diabete, perché aiuta a combattere quei fattori di rischio cardiovascolare che sono, purtroppo, diffusi nella maggioranza delle persone che hanno superato la mezza età e sono oggi sempre più comuni anche nei giovani adulti.
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