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02 Dicembre 2015 - 17:28
Ha patteggiato la pena di 2 anni e mezzo di carcere un prete piemontese, don Giorgio Porcellana, arrestato nel maggio scorso nell'ambito di un'inchiesta su un giro di pedopornografia online coordinata dal pm di Milano Giovanni Polizzi. Il sacerdote, un salesiano, attualmente ai domiciliari nella casa dei genitori a Torino, è accusato di detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico. Tra il materiale scambiato sul web dalle persone coinvolte nell'indagine c'erano foto e video con bambini di pochi anni.
I bambini, nella maggior parte dei casi provenienti dall'Estremo Oriente, nei filmati e nelle foto erano oggetto di violenze e anche costretti ad avere rapporti sessuali tra loro o con animali. Secondo le accuse, il religioso aveva acquisito in particolare scatti di preadolescenti. Nelle conversazioni sul web con gli altri indagati, don Giorgio Porcellana aveva celato la sua vera identità. Si fingeva infatti un manager statunitense, spesso in Italia per motivi di lavoro. Il prete aveva vissuto per diversi anni a Oulx, località della Val di Susa, in provincia di Torino, e recentemente era stato trasferito ad Alassio, in Liguria, dove è stato arrestato.
Il Tribunale di Milano oggi ha accolto quindi la sua richiesta di patteggiamento, che aveva già ottenuto il parere favorevole del pm Polizzi. L'inchiesta condotta dalla polizia postale aveva portato all'arresto di altre tre persone, anche loro accusate di detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico aggravato dalla minore età delle vittime, attualmente sotto processo con rito abbreviato davanti al gup di Milano Anna Magelli. Nei giorni scorsi il pm ha chiesto la loro condanna a pene da 2 anni e 8 mesi fino a 2 anni e 10 mesi di carcere. La sentenza è prevista per il prossimo 11 dicembre.
Altre persone sono invece indagate a piede libero. I presunti pedofili, provenienti da diversi Paesi, si incontravano sul social network russo Imgsrc.ru, utilizzato dagli iscritti per pubblicare immagini di vario genere. Si lanciavano segnali attraverso commenti in codice a fotografie non pedopornografiche di bambini, spostando poi le conversazioni, quasi sempre in lingua inglese, su altre piattaforme web, dove avveniva lo scambio di migliaia di immagini e video da parte della rete internazionale. Scambio che nella maggior parte dei casi non richiedeva una contropartita economica, ma piuttosto la fornitura di altre immagini con il sistema del 'peer to peer'. Le indagini sono state effettuate da agenti della polizia postale sotto copertura, che sono riusciti a infiltrarsi nella rete fingendosi pedofili.
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