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PALERMO. Migranti: contro la crisi truffa sotto il tendone

PALERMO. Migranti: contro la crisi truffa sotto il tendone

Stretti tra la crisi dovuta alla mancanza di spettatori ed ai costi di gestione sempre più elevati, i proprietari di alcuni circhi italiani avrebbero deciso di "arrotondare" i loro magri incassi inscenando sotto il tendone una truffa colossale per consentire l'ingresso illegale di cittadini stranieri. A beneficiarne centinaia di extracomunitari - sopratutto indiani, pakistani e bengalesi - entrati in Italia con un falso permesso di lavoro. Sulla carta dovevano fare i giocolieri, i clown o gli acrobati; nella realtà avrebbero svolto - ma solo nella migliore delle ipotesi - attività di facchinaggio. E' questa l'accusa avanzata dai magistrati della Procura di Palermo nei confronti di oltre 18 circhi: quelli di Sandra e Lino Orfei, il circo Bizzarro, il Città di Roma o quello Acquatico. L'operazione, denominata non a caso Golden circus, è sfociata nel fermo di 41 persone, tra le quali numerosi impresari del settore. Nomi storici del mondo circense come Lino Petilla Orfei, Aldo e Walter Martini, Alvaro Bizzarro che sarebbero stati in combutta con un dipendente della Regione siciliana, Vito Gambino, ritenuto il "cervello" dell'organizzazione.

Semplice il meccanismo della truffa che ruotava attorno a una norma del Testo unico sull'immigrazione che, in deroga alla disciplina del cosiddetto "decreto flussi", consente l'ingresso di lavoratori dello spettacolo, "tra i quali gli occupati presso circhi o spettacoli viaggianti all'estero". Secondo una stima degli inquirenti, finora parziale, sarebbero stati almeno 500 gli stranieri riusciti ad entrare in Italia con questo escamotage, per un giro d'affari di circa 7 milioni di euro. I gestori dei circhi che avevano richiesto i lavoratori dello spettacolo incassavano somme di denaro in base a un prezziario prestabilito: se la persona assunta lavorava effettivamente, l'impresario circense riceveva 3 mila euro, se l'assunzione, invece, era meramente fittizia riceveva 2 mila euro. Gli investigatori hanno infatti accertato che solo in qualche circostanza gli extracomunitari venivano infatti ingaggiati come "galuppi", cioè per attività di facchinaggio. Nella maggior parte dei casi, invece, facevano perdere le loro tracce una volta giunti in Italia, senza neanche contattore i loro "datori di lavoro". "Tutti i circhi coinvolti nella truffa - hanno sottolineato gli inquirenti - versavano in precarie condizioni economiche tanto che questo 'sistema' veniva considerato dagli impresari alla stregua di una vera e propria fonte di reddito alternativa".

Insomma un modo per riuscire a sbarcare il lunario in tempi di crisi, che tuttavia rischia di sfregiare l'immagine di "un mondo semplice e meraviglioso", come sottolinea in una nota l'Ente Nazionale circhi, che dal 1948 tutela e rappresenta gli interessi imprenditoriali del circo italiano. L'Ente si augura infatti che "singoli comportamenti penalmente e ancor prima moralmente censurabili, non vengano additati quali emblematici di un mondo semplice e meraviglioso la cui storia ha scritto a più riprese pagine memorabili dello spettacolo e della cultura italiana nel mondo". 

L'escamotage l'hanno trovato tra le maglie della legge. E sfruttando la disciplina particolare di cui gode la Sicilia hanno messo su un business a sei zeri. Sette milioni di euro in tre anni per fare entrare in Italia, spacciandoli per clown, ballerini, trapezisti e domatori, cittadini indiani, bengalesi e cingalesi che in un circo, in vita loro, forse non erano mai entrati. In cambio, un' organizzazione criminale transnazionale in cui ognuno aveva il suo ruolo, intascava tra i 7mila e i 15mila euro per ciascun migrante riuscito ad arrivare in Italia.

Grazie alla norma del Testo Unico sull'immigrazione, che esclude l'applicazione delle regole sui flussi ai lavoratori dello spettacolo e a quelli che prestino attività nei circhi, la banda ha fatto ottenere il visto per l'Italia a oltre 500 persone che, attraverso un funzionario regionale - in Sicilia la materia è di competenza della Regione - ottenevano il nulla-osta speciale richiesto dalla legge. Vito Gambino - questo il nome dell'infedele dipendente dell'assessorato al Lavoro - aveva un ruolo fondamentale nel business. Oltre che occuparsi della procedure per fare avere l'autorizzazione ai finti circensi, curava lo spostamento a Palermo della sede legale dei circhi, condizione richiesta dalla legge per l'applicazione della normativa. L'affare, in fondo, accontentava tutti. O quasi. I migranti, che così riuscivano ad arrivare in Italia, i componenti dell'organizzazione e Gambino, che guadagnavano per le "prestazioni" fornite e i circhi.

Per riuscire a sbarcare il lunario alcuni - nell'inchiesta vengono fuori i nomi di Sandra Orfei, Lino Orfei Bizzarro, Circo Vienna Roller - fingevano di assumere stranieri da impiegare come artisti in cambio di denaro.

Indiani, cingalesi e bengalesi, molti dei quali spariti appena messo piede in Sicilia, venivano reclutati in patria da persone collegate alla banda che operava in Italia. Tutto è filato liscio fino a tre anni fa, quando Sushil Kumar, un giovane indiano giunto a Palermo dopo aver pagato 15mila euro, s'è ritrovato a fare da stalliere in un circo. E ha deciso di ribellarsi. "Per pagare il mio arrivo in Italia, la mia famiglia è diventata povera a causa dei debiti", ha raccontato alla polizia. A tornare in patria, il ragazzo ci ha provato. Ma il suo referente a Palermo, Paul Harmesh, altro personaggio chiave dell'affare, gli ha sequestrato il passaporto per costringerlo a restare. C'è voluto l'intervento di un familiare per fargli riacquistare la libertà e il coraggio di denunciare.

Gli investigatori hanno cominciato dal racconto del giovane indiano a mettere insieme i pezzi del puzzle. Alla voce di Sushil, che ora vive in una località protetta, si sono aggiunte quelle di altri migranti venuti in Italia col sogno di trovare un lavoro dignitoso.

In tre anni di indagine la Squadra Mobile ha ricostruito ruoli e compiti di tutti gli appartenenti alla banda: come Tommaso Fernandez incaricato di tenere i rapporti con i circhi. "Non ti preoccupare perché poi arrivano da soli, prima fa un po' gli sboroni girano intorno, li vedi che girano intorno e poi arrivano", diceva, non sapendo di essere intercettato, riferendosi ai titolari dei circhi a corto di denaro. Parole confermate da quelle di uno degli impresari indagati: "non ho soldi, sono ammalato, sono rovinato", diceva uno di loro al telefono.

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