"E' una vergogna, non so come difendermi, difendersi dalle calunnie è quasi impossibile. Le vittime sono impotenti". Intervistato dal 'Corriere della Sera', il cardinale Tarcisio Bertone, originario di Romano Canavese, la scorsa settimana, ha respinto l'accusa di avere ristrutturato l'appartamento in cui vive con i soldi della Fondazione Bambin Gesù per i bimbi malati. E spiega: "Premetto che gli appartamenti assegnati ai cardinali della Curia romana sono di proprietà del Governatorato vaticano o dell'Apsa, e vengono ristrutturati a cura delle amministrazioni con spese messe a bilancio anno per anno". Quanto all'appartamento che gli è stato assegnato, continua, "mi è stato comunicato che quell'anno non era messa a bilancio alcuna somma per la ristrutturazione e avrei dovuto sostenere io le spese". Mentre avanzavano i lavori e alla Ragioneria arrivavano le fatture da pagare, prosegue l'ex segretario di Stato vaticano, "fui invitato dal Governatorato a saldare. E in effetti, come risulta da una precisa documentazione, ho versato al Governatorato la somma: dal mio conto". Bertone parla di "due appartamenti disastrati e abbandonati da anni": il Governatorato - continua - mi ha comunicato una spesa sui 300mila euro: ho pagato con i miei risparmi per un appartamento che non è di mia proprietà e resterà al Governatorato". E sui 200mila euro versati dalla Fondazione Bambin Gesù commenta: "Così dicono. Solo dopo ho saputo che erano state presentate fatture anche alla Fondazione. Io non ho visto nulla. Ed escludo in modo assoluto di aver mai dato indicazioni o autorizzato la Fondazione ad alcun pagamento". Ha quindi ribadito: "Io non vivo nel lusso. L'appartamento è di 296 metri quadrati. E non ci vivo da solo. Abito con una comunità di tre suore che mi aiutano". E il terrazzo: "Sempre questa storia dell'attico con vista su San Pietro - conclude Bertone - non esiste nessun attico. Io abito al terzo piano e il terrazzo non è mio, è stato risanato durante i lavori ma è quello condominiale, in cima al palazzo. E' di tutti gli inquilini, cardinali e arcivescovi, che ci vivono". Sugli 'scandali' che coinvolgono il Vaticano, interviene anche ol segretario della Conferenza Episcopale Italiana, Nunzio Galantino, sostenendo che "per creare difficoltà alla Chiesa e alla sua immagine, perchè, non illudiamoci, dietro c'è questo, si sta attingendo al passato". "Vuol dire che la spinta di Papa Francesco, e prima di Benedetto, sta portando i suoi frutti", spiega il vescovo in un'intervista al Servizio Informazione Religiosa. "Ho l'impressione - aggiunge monsignor Galantino - che qualcuno stia perdendo la calma per questo rinnovamento e si sfoghi appropriandosi di documenti riservati e scrivendo libri". "Mi piacerebbe dire all'ineffabile giornalista Fittipaldi e all'ineffabile, per due volte, Nuzzi - confida - è possibile conoscere le cifre delle vostre grandi operazioni editoriali? Io, al posto loro, poco poco mi vergognerei a fare le pulci agli altri in maniera ideologica, senza guardare a se stessi". "Meno male - conclude Galantino - che alcuni giornali seri stanno mostrando tutte le contraddizioni di operazioni di questo genere. Di fondo, ripeto, c'è il fatto che ad alcuni dà fastidio che ci sia una Chiesa Cattolica che, in questo momento, parla in modo più chiaro rispetto al passato, chiamando le cose con il loro nome". Intanto a Terni, la Procura continua a lavorarre all’indagine che coinvolge l'esperta di pubbliche relazioni del Vaticano Francesca Immacolata Chaouqui e il marito Corrado Lanino per estorsione e intrusione informatica. Il sostituto procuratore titolare del fascicolo Elisabetta Massini starebbe costruendo un quadro di pressioni e ricatti simile a quello che ha coinvolto monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e la stessa Chaouqui. Soprattutto le indagini starebbero delineato un'attività illecita che avrebbe consentito di entrare in numerosi computer e carpire informazioni riservate da utilizzare poi per ottenere favori e incarichi per la coppia ma anche per persone a loro vicine. Il fascicolo è nato nell'ambito degli accertamenti sul dissesto della curia ternana che avevano coinvolto anche monsignor Vincenzo Paglia, la cui posizione è stata poi archiviata.
Chi è Bertone?
Nato a Romano Canavese il 2 dicembre 1934, è quinto di otto figli. Ordinato presbitero il 1º luglio del 1960 dal vescovo di Ivrea Albino Mensa nel 1988 fa parte del gruppo che accompagna l'allora cardinale Joseph Ratzinger nelle trattative per la riconciliazione con monsignor Marcel Lefebvre. Il 4 giugno 1991 papa Giovanni Paolo II lo nomina arcivescovo metropolita di Vercelli, la più antica diocesi del Piemonte e il 13 giugno 1995 è nominato segretario della Congregazione per la dottrina della fede, in Vaticano, dove collabora strettamente con il cardinale Joseph Ratzinger, poi papa Benedetto XVI, allora prefetto della stessa. Il 10 dicembre 2002 papa Giovanni Paolo II lo nomina arcivescovo metropolita di Genova e il 22 giugno del 2006 papa Benedetto XVI lo nomina Segretario di Stato di Sua Santità; al posto del cardinale Angelo Sodano, dimissionario per raggiunti limiti d'età. Il 4 aprile 2007 è nominato Camerlengo di Santa Romana Chiesa da papa Benedetto XVI, con questo incarico assume il governo ordinario della Chiesa in caso di morte o rinuncia del pontefice in carica. Il 2 dicembre del 2014, al compimento degli ottant'anni, perde il diritto di entrare in conclave, nonché il titolo di camerlengo.
Omosessualità
Molto criticate le posizione di Tariciso Bertone sull’omosessualità In merito allo scandalo dei preti pedofili in Irlanda dichiarò per esempio che degli studi scientifici affermano che la pedofilia è collegata all'omosessualità, e non ha niente a che vedere con il celibato. E fu sempre Tarcisio Bertone nel 2010 a evitare la gogna mediatica a padre Murphy dell'arcidiocesi di Milwaukee (Wisconsin, U.S.A.) reo confesso di abusi ui minori compiuti nell'istituto per sordi St. John di Milwaukee dal 1950 al 1974. Anche per tutto questo nel settembre del 2011 il gruppo di associazioni delle vittime dei preti pedofili Snap (Survivors network of those abused by priests e il Centro per i diritti costituzionali (Center for Constitutional Rights depositarono presso la Corte Penale Internazionale dell'Aia un ricors in cui si accusava Papa Benedetto XVI, il segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, il suo predecessore, il cardinale Angelo Sodano e il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale William Levada, di crimini contro l'umanità per la presunta copertura dei reati commessi da sacerdoti contro i minori. Nel febbraio del 2012 l'accusa viene ritirata.
Da Ratzinger a Francesco
Sono passati tre anni dall'arresto del maggiordomo di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, Paoletto, come lo chiamavano in Vaticano. Quasi un 'figlio' per Ratzinger, che tuttavia aveva trafugato, godendo della più ampia fiducia del pontefice tedesco, una grande quantità di documenti riservati. Il processo, la condanna, e poi la grazia, con il Vaticano che però si adopera anche per trovargli un nuovo lavoro. E' Vatileaks 1, il ciclone che investì il pontificato di Joseph Ratzinger, con la diffusione delle carte private del Papa, dagli scottanti dossier sulle finanze a irrilevanti bigliettini personali. Tutto finito nel libro "Sua Santità" di Gianluigi Nuzzi. L'arresto e la carcerazione sono in quel momento un inedito nel Vaticano dell'era recente e il processo si svolge alla luce del sole, con i media che possono assistere passo passo la vicenda e possono raccontare. Gabriele viene tenuto un periodo anche nell'angusta cella di sicurezza, non immaginata fino a quel momento per una detenzione prolungata. A pagare dunque è un maggiordomo e, in più piccola parte, anche un tecnico informatico in Vaticano, Claudio Sciarpelletti. Gli unici colpevoli in un dossier che ha scosso dal profondo le stanze vaticane e che qualcuno considera anche tra i motivi che hanno portato l'anziano Benedetto XVI a fare un passo indietro. Successivamente un corposo dossier, proprio su questi Vatileaks, è stato messo a punto da una Commissione d'inchiesta composta da tre cardinali, lo spagnolo Julian Herranz, lo slovacco Jozef Tomko e l'italiano Salvatore De Giorgi. Sono ancora impresse nella mente di molti quelle fotografie scattate a Castel Gandolfo, il 23 marzo del 2013, con i due Papi in cordiale colloquio. Bergoglio era stato eletto Papa da 10 giorni e va a trovare Benedetto XVI che gli consegna un grande scatolone bianco contenente documenti, presumibilmente proprio il dossier Vatileaks. In molti sono coloro che credono che per lo scandalo abbiano pagato solo i 'pesci' più piccoli. Nessun prelato, nessun alto dirigente d'Oltretevere. La fuga di documenti sarebbe stato l'atto di una sola persona, certo tra le più vicine a Papa Ratzinger, ma pur sempre solo l'aiutante di camera. Ma la Segreteria di Stato, alla fine del processo a Gabriele, ha sottolineato senza ombra di dubbio che "le varie congetture circa l'esistenza di complotti o il coinvolgimento di più persone si sono rivelate, alla luce della sentenza, infondate". Eppure tra i 'leaks' c'erano anche quelle lettere che furono i primi sentori dei 'veleni' in Vaticano: monsignor Carlo Maria Viganò, ex segretario del Governatorato della Città del Vaticano, oggi nunzio a Washington, scrive al Papa e ad alti prelati per denunciare i presunti casi di corruzione e malaffare all'interno del Governatorato. Lamenta anche l'ingiustizia del trasferimento e di fatto svela uno scontro con l'allora Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. Viganò in America e Bertone a casa, sostituito da Pietro Parolin. Sembrava finire così anche questa vicenda. Qualcuno di recente ha anche scritto che i documenti del Papa ormai viaggiavano su riservatissime chiavette ubs, mettendo fine all'epoca delle carte o fotocopie da dare in pasto ai media. Ma la voglia di fare la spia sarebbe invece tornata con documenti e finanche con la 'registrazione' delle parole del Papa nelle riunioni riservate.
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