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27 Ottobre 2015 - 11:11
Gli hot dogs, lo street food per eccellenza a New York, e anche la carne in scatola, così come le più nostrane salsicce, bresaola, affettato di tacchino/pollo, salame, lonza, coppa, mortadella, wurstel, sono carni trasformate che entrano oggi nella lista nera dell'Oms, l'Organizzazione mondiale della Sanità. Secondo uno studio l'International Agency for Research on Cancer (Iarc) vanno inserite nel gruppo 1 per rischio cancerogeno, a pericolosità più alta, come il fumo e il benzene. Le carni lavorate, spiega l'Oms, includono le carni che sono state trasformate ''attraverso processi di salatura, polimerizzazione fermentazione, affumicatura, o sottoposte ad altri processi per aumentare il sapore o migliorare la conservazione''. La maggior parte delle carni lavorate contiene maiale o manzo, ma le carni lavorate possono anche contemplare altri tipi di carni rosse, pollame, frattaglie o prodotti derivati dalla carne come il sangue. Esempi di carni lavorate includono dunque, avverte l'Oms, gli hot dogs, prosciutto, salsicce, carne in scatola, preparazioni e salse a base di carne. Meno a rischio invece, secondo lo studio Iarc, le carni rosse non lavorate, inserite fra le 'probabilmente cancerogene'. Questa categoria, spiega l'Oms, ''si riferisce a tutti i tipi di carne di muscolo di mammifero, come ad esempio manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo e capra''. Mentre le carni di qualsiasi specie che vengono semplicemente macinate prima di essere vendute al consumatore, benché con aggiunta di sale o pangrattato (es.
hamburger) non sono carni trasformate; vengono bensì definite "preparazioni di carni", precisa Assocarni. E gli Italiani, sottolineano Assocarni e Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi), mangiano in media due volte la settimana 100 grammi di carne rossa (e non tutti i giorni) e solo 25 grammi al giorno di carne trasformata. Un consumo, ricorda l'industria alimentare, che è meno della metà dei quantitativi individuati come potenzialmente a rischio cancerogeno dallo studio Iarc. Il consumo di carne degli italiani, osserva Coldiretti, con 78 chili a testa, è ben al di sotto degli Stati Uniti (125 chili pro-capite, o degli australiani con 120 chili, ma anche dei francesi con 87 chili a testa. Il valore del settore carni e salumi nazionale è circa 30 miliardi, includendo sia la parte agricola che quella industriale. Settori che danno lavoro a circa 125.000 persone a cui va aggiunto l'indotto.
Troppa carne rossa sulla tavola degli italiani: il 56% dei connazionali la consuma infatti in media 3-4 volte a settimana, contro le 1-2 consigliate. Un'abitudine la cui pericolosità è stata oggi confermata ufficialmente dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che ha inserito appunto le carni rosse e quelle lavorate tra i prodotti a rischio cancro per l'uomo.
L'associazione tra consumo di carne rossa e maggior rischio di insorgenza del cancro è stata osservata principalmente per il tumore del colon-retto, ma un'associazione si è rilevata, avverte l'Oms, anche per il cancro del pancreas e della prostata. E proprio quello al colon è il tumore a maggior insorgenza tra gli italiani con quasi 55.000 diagnosi stimate per il 2013. Ma i risultati dello studio Oms vanno oltre: ogni porzione da 50 grammi di carne lavorata mangiata giornalmente, avvertono gli esperti, aumenta il rischio di tumore del colon-retto del 18%. Considerando il grande numero di consumatori di carni lavorate, è il monito, ''l'impatto globale sul tasso di incidenza del cancro ha un'importanza per la salute pubblica''. L'invito alle autorità e alle agenzie regolatorie, afferma il direttore del gruppo Iarc dell'Oms Christopher Wild, è quindi quello di ''bilanciare i rischi e benefici del consumo di carni rosse o trattate'' e di ''fornire le migliori raccomandazioni alimentari possibili''. Intanto, gli oncologi ricordano come un'alimentazione sana sia sicuramente quella legata ai prodotti nostrani: ''La decisione dell'Oms di inserire carni lavorate e carni rosse nella lista delle sostanze cancerogene è un invito a tornare alla dieta mediterranea'', afferma il presidente dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) Carmine Pinto, sottolineando che il rapporto ''conferma dati che conoscevamo da tempo, ovvero che la presenza di conservanti o di prodotti di combustione in questi alimenti è legata ad alcuni tipi di tumore. Per quanto riguarda le carni rosse è una questione di modalità e di quantità, non esiste una 'soglia di esposizione' oltre la quale ci si ammala sicuramente.
Il messaggio che dobbiamo dare - aggiunge - è che la carne rossa va consumata nella dovuta modalità, ma il messaggio principale è un invito a tornare appunto alla dieta mediterranea, che ha dimostrato invece di poter diminuire il rischio di tumore". Della stessa opinione il direttore del Centro studi e ricerche sull'obesità dell'Università di Milano, Michele Carruba: ''La carne, rossa o bianca, andrebbe consumata in media due volte a settimana, non superando la quantità complessiva di 250-300 grammi. Il primo consiglio tuttavia - avverte - è quello di seguire il buon senso: questo vuol dire cercare di avere un'alimentazione molto varia e dunque non monotona. La ragione è chiara: un errore alimentare commesso tutti i giorni è molto più pericoloso di un errore alimentare commesso periodicamente''.
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