E' stato tra i fondatori di Magistratura Indipendente e nella corrente - in cui hanno militato toghe del calibro di Paolo Borsellino e Pierluigi Vigna- è rimasto per 47 anni uno dei più autorevoli esponenti. Ma ora, proprio quando sta per lasciare anche la magistratura, il Pg di Torino Marcello Maddalena, ha deciso di abbandonare la sua "vecchia casa". Una scelta compiuta con "non poca sofferenza", come spiega in una lunga lettera al gruppo e che è stata determinata dalla "distanza non colmabile" che si è determinata su un nodo "essenziale", il rapporto tra i magistrati e la politica. Il problema è sorto con la scelta di Cosimo Ferri di entrare nel governo come sottosegretario quando era ancora segretario della corrente. Una "legittima discesa in campo", che però "non ha sicuramente giovato alla corrente e alla sua immagine", sottolinea Maddalena, considerato che "noi non abbiamo mai visto bene il magistrato che, mentre è ancora in servizio, scende in politica, perchè è come l'arbitro che scende in campo". "Pensavo che la cosa avrebbe suscitato reazioni negative soprattutto al nostro interno. Ed invece così non è stato - scrive il Pg di Torino - . Non solo non ho visto nulla di nulla, ma ho letto solo tutto uno sperticarsi di lodi, un peana", "come se si fosse trattato di un successo per la corrente". Maddalena ricorda "l'interventismo" di Ferri (di cui comunque non disconosce "nè i meriti nè le virtù e capacità umane") nella campagna di luglio per l'elezione dei togati del Csm , bollato come "non difendibile" dallo stesso presidente del Consiglio Renzi. "Ma nessuno della nuova dirigenza ha trovato nulla da ridire", quando "invece da ridire ce n'era": "diventare e passare per 'la corrente del sottosegretario', questo per me francamente è sembrato troppo". L'alto magistrato racconta di aver comunque "cercato una via per far sopravvivere l'unità del gruppo", e dunque di aver lavorato per evitare la scissione interna , che poi c'è stata, con la costituzione di un nuovo gruppo ("Autonomia e indipendenza")da parte della minoranza; di qui il tentativo a gennaio (fallito), di far votare alla presidenza del gruppo Piercamillo Davigo, nella convinzione che così il gruppo, guidato da un magistrato dotato di un tale "carisma personale", "non sarebbe più stato considerato 'la corrente del sottosegretario'". "Mi sono però reso conto che, in realtà, ormai quella netta separazione tra mondo politico e magistratura (che per me devono colloquiare sì, ma da separati: e non da separati in casa, da separati fuori casa) non importa più a nessuno o quasi - osserva Maddalena - .Che un magistrato vada e venga dalla politica non interessa affatto. Che, anzi, si pensa che il sostegno e l'appoggio, per qualsiasi cosa (la partecipazione a qualche commissione; un distacco fuori ruolo; un incarico direttivo o semidirettivo), di un sottosegretario amico possa ben tornare utile (non si sa mai). E che ormai in tempi in cui si riconosce che un bambino può avere due madri, sia decisamente fuori del tempo un magistrato che non voglia unirsi in matrimonio nemmeno con un piccolo sottosegretario e faccia lo schizzinoso". "Lo riconosco: sono fuori del tempo. Ne prendo atto. Non sono capace né di comprendere né di adeguarmi al nuovo. Resto ai miei vecchi pregiudizi. Ma preferisco farlo - conclude - togliendo il disturbo e mettendomi da parte".
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