MILANO. Fibrosi cistica, rischio blocco fondi regioni cura e ricerca
28 Gennaio 2015 - 17:15
Allarme per la cura e la ricerca sulla 'fibrosi cistica', che rischia il blocco di gran parte dei fondi regionali destinati ai Centri specializzati che hanno in cura i circa 5000 malati italiani (200 i nuovi casi ogni anno). Di questa malattia che rende denso il muco danneggiando gli apparati respiratorio e gastrointestinale e che a tutt'oggi - sebbene curabile - è inguaribile, esistono in Italia ben 2 milioni di portatori sani e si stima che una coppia su 700 abbia una probabilità su 4 di avere un figlio malato. L'allarme sul rischio del blocco o del ridimensionamento dei fondi pubblici regionali destinati alla cura e alla ricerca è di Francesco Blasi, Presidente della Società Italia di Medicina Respiratoria (Simer), che oggi a Milano ha denunciato la disattesa da parte di molte Regioni della legge 548 del 1993 che stanzia fondi per 4,39 milioni di euro l'anno, ripartiti in base al numero di pazienti assistiti. ''Il Presidente del Consiglio ha mantenuto il fondo nella legge di stabilità - afferma Blasi - ma molte Regioni pensano già di utilizzarlo in altro modo''. Se infatti Lazio, Veneto, Piemonte e Liguria hanno dichiarato di voler tenere fede agli impegni, esiste il rischio fondato che non sia così per Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna, Sicilia. A cui - secondo Carla Colombo, direttore del Centro Fibrosi Cistica di Milano - si aggiunge la Lombardia. La Regione avrebbe deciso infatti di non mettere i 500 mila euro assegnati dalla legge (per i 1000 malati lombardi) in un fondo vincolato ad hoc, ma di utilizzarli anche per altre necessità, riservando alla fibrosi cistica solo 250 mila euro, da cui resterebbe escluso anche il finanziamento della ricerca. ''Non c'è ancora una delibera in questo senso - afferma Colombo - ma se sarà così come sembra, per il Centro milanese ci saranno effetti drammatici, perché con quei soldi manteniamo l'equipe multidisciplinare che gestisce e segue tutti i nostri pazienti. E pensavamo anche di lanciare un progetto per i 'test del portatore', da proporre a tutte le coppie intenzionate a programmare una gravidanza e far diminuire così il numero dei nuovi bambini con la malattia''. ''Già lo 'screening neonatale', sebbene non obbligatorio in tutte le Regioni (non lo si fa in Sardegna e in Puglia, mentre in Campania si fa nella sola Napoli) - spiega Blasi - ha consentito di affrontare precocemente la malattia in modo specifico. Poi la ricerca e l'istituzione dei Centri di riferimento regionali, come quello milanese, hanno migliorato moltissimo l' aspettativa di vita dei pazienti, che 50 anni fa era di soli 10 anni e ora arriva intorno ai 45. Nei paesi baltici, dove i Centri specialistici non ci sono, l'attesa di vita media per questi pazienti è ancora ferma ai 12 anni''. Di questa malattia non si può ancora guarire, ma oggi esiste un farmaco, che agisce però solo su un piccolo gruppo di pazienti (meno dell'1%), ma la ricerca - che oggi rischia di sparire dal Centro di riferimento di Milano - sta realizzando potenziatori di questo farmaco per renderlo efficace anche su altre varianti di questa malattia genetica.
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