ROMA. Diagnosi preimpianto per scoprire 10 mila malattie genetiche
24 Gennaio 2015 - 11:48
sanità
Fibrosi cistica, talassemia, atrofia muscolare spinale, distrofia miotonica, neurofibromatosi, distrofia muscolare di Duchenne-Becker, emofilia A o B, sindrome dell'X-Fragile: malattie come queste possono esser trasmesse ai propri figli da circa 2000 coppie in Italia e sono solo alcune delle oltre 10.000 patologie genetiche che è possibile diagnosticare grazie alla diagnosi genetica preimpianto (PGD). Questa procedura di screening che precede l'impianto in utero dell'embrione permette, infatti, di identificare la presenza di malattie ereditarie o di alterazioni cromosomiche in fasi molto precoci dello sviluppo, ovvero quando l'embrione è ancora allo stadio di blastocisti. Ad oggi tuttavia la maggior parte delle diagnosi preimpianto viene effettuata da pazienti che non hanno un rischio genetico specifico ma arrivano ad effettuare un ciclo di fecondazione assistita in età avanzata. L'esame, infatti, in base alla legge 40 è accessibile solo a chi effettua una procreazione medicalmente assistita in quanto infertile, mentre non è accessibile a chi è fertile ma potenzialmente portatore di malattie ereditarie. Un limite che esclude di fatto moltissime coppie. "Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità - spiega Antonio Capalbo, genetista del centro GENERA di medicina della Riproduzione - sono note più di 10.000 mutazioni genetiche responsabili di altrettante malattie, che potrebbero essere diagnosticate tramite diagnosi preimpianto. Oltre il 95% non ha una cura specifica. E, nonostante individualmente siano molto rare, hanno una prevalenza totale stimata intorno all'1% nella popolazione generale". Ogni persona, prosegue "è in media portatore sano, in genere asintomatico, di circa 2.8 mutazioni genetiche". Spesso, quando si incontrano due portatori della stessa mutazione, cosa frequente nelle isole,"i figli che ne nascono possono essere affetti da malattie congenite, mortalità precoce, ritardo mentale e disabilità permanenti, il che si traduce anche in un elevatissimo costo per la spesa pubblica della sanità".
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