MILANO. Anno giudiziario: Canzio, "umano sconcerto casi Ruby e Eternit"
24 Gennaio 2015 - 11:10
Giovanni Canzio
"L'opinione pubblica ha espresso sentimenti di diffusa indignazione per le recenti decisioni di proscioglimento, pronunciate in taluni casi dalle Corti di appello e dalla Corte di cassazione (Cucchi, Berlusconi, gli scienziati e il sisma aquilano, Eternit)". E' un passaggio della relazione per l'inaugurazione dell'Anno giudiziario del presidente della Corte d'appello di Milano, Giovanni Canzio, il quale sottolinea anche "il comprensibile, umano sconcerto per i pur gravi eventi contestati e rimasti impuniti". Canzio spiega che questi processi, che si sono conclusi con assoluzioni, hanno "suscitato clamore" e "occupato le prime pagine dei media, essendosi comunque ravvivata una frattura fra gli esiti dell'attività giudiziaria e la sete di giustizia delle vittime, rimasta inappagata, a prescindere da ogni valutazione di merito circa la correttezza, o non, delle soluzioni adottate". Sempre secondo Canzio, "la credibilità complessiva del sistema è stata messa in discussione per il solo fatto che le decisioni apparivano 'impopolari', senza che si avviasse, come pure sarebbe stato necessario, una riflessione sulla complessità dei fatti e delle prove, sui principi del diritto penale, sulle regole di garanzia del processo e sulla funzione di controllo delle impugnazioni". Per il presidente della Corte d'appello milanese "il disorientamento dell'opinione pubblica nasce dalla oggettiva discrasia fra l'ipotesi d'accusa (...) il pre-giudizio mediatico da subito costruito nel processo parallelo sulla stampa e in tv, le ansie securitarie dei cittadini, da un lato, e le conclusioni della verifica dibattimentale, dall'altro, che talora smentiscono la fondatezza dell'imputazione originaria e che però, sempre, seguono a distanza di tempo, di troppo lungo tempo, dalle indagini, già di per sé lunghe". Canzio spiega poi che se "gli organi dell'accusa o i giudici di merito" decidono "di intessere un dialogo diretto con i media e tramite questi, con i cittadini o con il potere politico" la forbice "fra il rito mediatico e quello penale e destinata ancor più ad allargarsi". Per Canzio, infine, è necessario individuare "tecniche di ridimensionamento della distanza fra il momento della lettura del dispositivo e quello della pubblicazione della motivazione, perché l'aspettativa di capire il senso e la ragioni della decisione (...) è frustrata se la distanza risulta sproporzionata". Serve dunque "un processo penale efficiente" che contrasti "il parallelo rito mediatico" e una "cultura della giurisdizione" che respinga "il populismo giudiziario".
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