Seat sprofonda in borsa e con un crollo di dimensioni mai viste a Piazza Affari lascia sul terreno l'89% a un prezzo prossimo allo zero (0,0022 euro). Colpa del maxi-aumento di capitale, previsto dai concordati preventivi che salvano il gruppo, per distribuire una montagna di azioni ai creditori e cancellare così 1,5 miliardi di euro di indebitamento finanziario, che ancora zavorrava la società, rilevata a debito nel 2003 da Permira, Investitori Associati, Cvc e Bc Partners e poi 'spolpata' dagli stessi fondi azionisti. Con la mega-emissione il capitale passa per il 99,75% in mano ai creditori: alle banche guidate da Royal Bank of Scotland va il 44,75% e agli obbligazionisti il 55 per cento. Ai 'vecchi' soci resta in tutto solo lo 0,25 per cento. Ma molti dei nuovi azionisti non hanno mostrato di voler tenere i titoli: viene spiegata così l'ondata di vendite che ha travolto la società a Piazza Affari. Le novità non sono arrivate tuttavia solo dalla borsa. Nella giornata di ieri il Cda di Seat ha accettato la proposta transattiva degli ex amministratori: dall'ex ad Luca Majocchi a nomi di spicco come Gian Maria Gros Pietro i consiglieri di amministrazione in carica nelle passate gestioni con ogni probabilità se la caveranno sborsando 30 milioni di euro contro 1,5 miliardi di richieste danni quantificate inizialmente nei loro confronti dall'azienda. Le decisione dovrà passare ora al vaglio dell'assemblea, da convocare il prossimo 27 gennaio. Se la delibera del Cda non passerà, l'assemblea sarà chiamata anche a votare la responsabilità contro gli ex sindaci. Dagli approfondimenti dei consulenti dell'azienda esaminati oggi dal board (insieme alle conclusioni sulla transazione proposta degli ex amministratori) emergono infatti ''profili di responsabilità da parte del collegio sindacale rimasto ininterrottamente in carica fino al 14 ottobre scorso''. Ultimo capitolo, i piccoli azionisti di Seat. Erano 300.000 e dal dissesto del gruppo e dal crollo del titolo in questo ultimo decennio, hanno subito un danno stimato tra 7 e 8 miliardi. Non sapendo più a che santo votarsi, si sono rivolti, attraverso il legale Ugo Scuro che rappresenta un gruppo di loro, a Raffaele Cantone. In una lettera aperta al presidente dell'autorità Anticorruzione, chiedono di valutare se il suo ufficio "possa fare qualcosa".
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