Giudizio immediato per Michele Buoninconti. In carcere dallo scorso 29 gennaio, il primo luglio l'uomo comparirà in Corte d'Assisi, ad Asti, per difendersi da una accusa pesantissima. Quella di avere ucciso la moglie, Elena Ceste, e poi di avere nascosto il suo cadavere, trovato dopo mesi di ricerche in un campo non lontano da casa. Rischia l'ergastolo. A fissare l'udienza il gip Giacomo Marson, secondo cui le prove della colpevolezza del vigile del fuoco sono "manifeste" e l'accusa "fondata". E' stato lui, secondo l'inchiesta condotta dai carabinieri del colonnello Fabio Federici, a uccidere la madre dei suoi quattro figli, il 24 gennaio 2014. "Mi aveva detto che non si sentiva bene e mi aveva chiesto che andassi a prendere i ragazzi a scuola", il racconto dell'uomo subito dopo la scomparsa della moglie. Elena, invece, non era impazzita come aveva detto Buoninconti nel dare l'allarme. Nelle ore precedenti non era stata travolta da nessuna "crisi psicotica" con "mal di testa" e delirio". E non si era messa a vagare sperduta lontano da casa completamente nuda e senza occhiali. Secondo gli inquirenti Buoninconti, "con un piano studiato, preparato ed eseguito al solo scopo di salvare onore, orgoglio e dignità" feriti da una moglie che riteneva "inadeguata" e "infedele", accompagnò i figli a scuola, rientrò a casa e fece in modo di sorprendere la moglie in camera mentre curava "l'igiene personale". Sul lettone, ne provocò la morte "presumibilmente per asfissia". Quindi, senza vestirla, la caricò in auto e, approfittando della nebbia, la abbandonò nel Rio Mersa, al confine tra Costigliole e Isola d'Asti dove poi è stata trovata nove mesi dopo. L'uomo, dal carcere, si è sempre professato innocente. "Elena non l'ho uccisa io, cercate il vero colpevole", l'appello di Buoninconti, che nei giorni scorsi si è detto pronto a rinunciare all'eredità a favore dei figli. E, per la prima volta, ha sostenuto di non volersi opporre al loro affidamento ai nonni materni. Ora i suoi avvocati, Chiara Girola e Massimo Tortoroglio, hanno quindici giorni di tempo per decidere se scegliere il rito abbreviato, che - in caso di condanna - comporta la riduzione della pena di un terzo. Gli avvocati Deborah Abate Zaro e Carlo Tabbia, che rappresentano la parte civile, si sono dichiarati invece in perfetta linea con la decisione del gip.
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