Lo hanno preso alle 10 del mattino nella sua casa di Costigliole d'Asti, in frazione Motta. Proprio fra le quattro mura dove, poco più di un anno fa, uccise Elena Ceste. Michele Buoninconti, il marito della sventurata signora scomparsa il 24 gennaio del 2014 e ritrovata senza vita soltanto nove mesi dopo, adesso è in carcere perché - dicono i carabinieri guidati dal colonnello Fabio Federici, il pm Laura Deodato e il gip Giacomo Marson - è un assassino. Le accuse sono omicidio premeditato e occultamento di cadavere. Un delitto, si legge nelle carte dell'indagine, provocato dall'odio di un uomo verso una moglie "inadeguata" e "infedele" che bisognava "raddrizzare". E' una svolta nel caso che ha dapprima tenuto in apprensione e poi gettato nello sconforto un'intera comunità nell'Astigiano. Elena Ceste, mamma di quattro figli tra i 6 e i 14 anni (ora affidati ai nonni materni) era stata cercata dappertutto ed era stata notata ovunque, persino a Tenerife o a Torino su un tram. Eppure la soluzione era lì, racchiusa nel raggio di meno di un chilometro. La distanza che separa il letto matrimoniale su cui la donna perse la vita per mano del marito e il rio Mersa, il corso d'acqua dove venne nascosta subito dopo. Elena non era impazzita, come aveva detto Buoninconti nel dare l'allarme. Nelle ore precedenti non era stata travolta da nessuna "crisi psicotica" con "mal di testa" e "delirio", non si era messa a vagare sperduta lontano da casa completamente nuda e senza occhiali. Buoninconti, "con un piano studiato, preparato ed eseguito al solo scopo di salvare i propri onore, orgoglio e dignità" secondo le parole spese dagli inquirenti, accompagnò i figli a scuola, rientrò a casa fece in modo di sorprendere la moglie in camera mentre lei curava "l'igiene personale". Sul lettone, ne provocò la morte "presumibilmente per asfissia". Quindi, senza vestirla, la caricò in auto e, approfittando della nebbia, la abbandonò nel rigagnolo. Nei mesi successivi, mentre si succedevano le ricerche, gli appelli, le catene su Facebook, le false segnalazioni, le trasmissioni tv, le fiaccolate e le preghiere, Buoninconti (secondo il gip) costruiva il suo "castello di menzogne e depistaggi" coinvolgendo persino gli inconsapevoli figli con "metodi sottilmente intimidatori". "A non ascoltare il padre - gli diceva - si fa la fine della madre". Dovevano dire che fra di loro andavano d'accordo perché altrimenti "vi mettono uno da una parte e uno dall'altra e a casa nostra sai chi ci fanno venire? Le zoccole, le straniere, a fottere!". "Mi avete mai visto litigare con mamma?", chiedeva. "Sì", era la risposta. "Eh, proprio questo loro vogliono sentire. Se glielo dite, state tranquilli che dopo la mamma vi tolgono me". Le intercettazioni ambientali (nell'auto di famiglia), la minuziosa analisi dei tabulati e delle celle telefoniche, le testimonianze raccolte dai carabinieri hanno smontato "il castello". Elena aveva avuto una crisi, è vero, ma parecchi mesi prima di quel 24 gennaio. Delicata, delicatissima è stata la ricostruzione della storia del suo rapporto con Michele. Era una donna "chiusa e riservata", scrive il gip. "Aveva un atteggiamento sottomesso, silenzioso e remissivo nei confronti sia del marito che di me", ha dichiarato il medico di famiglia. Su Michele la procura di Asti ha fatto eseguire uno studio psicologico "a distanza" da uno specialista. Ne è emerso il ritratto di un uomo con i segni di un "disturbo di personalità di tipo ossessivo" e dallo "smisurato egocentrismo". "Un soggetto - scrive il gip - al quale nulla deve sfuggire, interessato a gestire e organizzare la vita del suo nucleo familiare secondo regole non sindacabili". Il giudice definisce addirittura "inquietanti" le intercettazioni in cui lo si sente "recitare le preghiere in maniera ossessiva" mentre viaggia in auto. Elena aveva intrecciato delle amicizie, scambiava sms, chattava. Subì profonde delusioni. Ma "la scoperta del tradimento - secondo il gip - ebbe un effetto dirompente". Il 17 agosto con i figli - come si legge nell'ordinanza - si sfogò così: "Con mamma c'ero riuscito a farla diventare donna. Vai a capire cosa ha visto. Diciotto anni per recuperarla, diciotto anni per raddrizzarla". Prima di arrestarlo, i carabinieri hanno atteso che i ragazzi fossero a scuola.
La odiava. Era una 'donna da raddrizzare'
L'ha uccisa premeditando ogni dettaglio, perché non riusciva più a dominarla e perché era diventata "ingestibile", dunque non più compatibile con la sua visione di famiglia perfetta: una madre "inadeguata", una "donna infedele" che andava solo "raddrizzata". Con la morte. Nelle 80 pagine di'ordinanza con cui il Gip di Torino Giacomo Marson accusa Michele Boninconti di aver ucciso la moglie e di averne occultato il cadavere, c'è un uomo macerato da un odio covato da tempo e ingigantito da un "elemento dirompente", la scoperta di un tradimento, ormai convinto che Elena fosse una persona "dannosa e pericolosa". Un uomo sul quale i carabinieri hanno raccolto indizi "gravi, precisi e concordanti" nonostante lui, per oltre un anno, abbia messo in piedi un "castello di menzogne e depistaggi". C'è un uomo che ora rischia l'ergastolo visto il "piano estremamente articolato, meditato e studiato" che gli è valso l'aggravante della premeditazione. Secondo il Gip, dunque, Michele Boninconti ha ucciso la moglie "al di là di ogni ragionevole dubbio". Per arrivare a questa conclusione, investigatori ed inquirenti hanno seguito un percorso logico: prima hanno escluso tutte le possibili alternative - suicidio, incidente o coinvolgimento di altri soggetti - e poi hanno confutato la versione del marito trovando una serie di indizi e contraddizioni. "Tutti gli elementi raccolti nel corso delle indagini", "non solo numerosi ma anche particolarmente pregnanti", scrive il giudice, "indicano Michele Boninconti come l'autore delle gravissime condotte". E questo "emerge in maniera dirompente" stante "l'assoluta impossibilità di formulare ipotesi alternative". Che sia stato lui, in sostanza, "è l'unica soluzione possibile". Ma quali sono questi indizi? Il più "significativo" è rappresentato da alcune tracce di terriccio trovate sugli abiti e su una delle calze che Elena indossava la mattina della scomparsa e che il marito consegnò agli investigatori, visto che erano piegati perfettamente nel giardino di casa. Quelle tracce, ha stabilito il consulente del pm, "sono compatibili con i terreni dell'area circostante il Rio Mersa e con il terreno della zona di ritrovamento del cadavere". Il secondo lo fornisce invece l'analisi delle celle telefoniche che ha consentito di collocare l'orario dell'omicidio di Elena tra le 8.43 e le 8.55 del 24 gennaio, giorno stesso della scomparsa, e l'auto dell'uomo, tra le 8.55 e le 8.57, "in una strada che corre parallela" al punto dove è stato trovato il cadavere. Dunque "si può affermare con ragionevole certezza - scrive il giudice - che l'indagato ha tracciato a bordo del proprio veicolo un percorso quasi circolare partendo dalla propria abitazione, transitando nella zona in cui è stato rinvenuto il cadavere di Elena Ceste", ha imboccato la statale e ha ripreso la strada per casa. Il Gip indica altri due elementi a carico del marito di Elena: il fatto che soltanto dopo il ritrovamento del corpo "ha ammesso di essersi recato nei pressi del rio Mersa per effettuare le ricerche" e la testimonianza del medico di famiglia che, una settimana dopo la scomparsa di Elena, visitò Michele. "Aveva un dolore agli addominali - ha messo a verbale il dottore - dovuto ad una contrattura da sforzo". Un dolore "provocato da un intenso sforzo muscolare, come chi è costretto a sollevare un peso inabituale". Quello della moglie, secondo l'accusa: uccisa sul letto coniugale, denudata, caricata in auto e gettata di peso nel fiumiciattolo. Ecco perché, Michele ha una "personalità delinquenziale di assoluto spessore", che gli ha consentito di organizzare ogni cosa, di scegliere con cura il luogo dell'occultamento del cadavere, di costruire un "castello di menzogne" per sostenere la sua versione. Comportamento al quale va aggiunto qualcosa di più grave, il "condizionamento dei figli", con un metodo "sottilmente intimidatorio", "offrendo un modello familiare diverso dal reale". Sette mesi dopo la scomparsa, intercettato in auto proprio con i figli, Michele pronuncia queste parole: "con mamma c'ero riuscito a farla diventare donna, solo che vai a capire cosa ha visto. Diciotto anni della mia vita per recuperarla, diciotto anni della mia vita per raddrizzare mamma". Due mesi dopo trovano il cadavere. Per Michele, scrive il pm nella richiesta d'arresto, "la propria moglie deve occuparsi della casa, dei figli, dell'orto, delle faccende domestiche in genere senza spazio per altri interessi". Ed invece Elena aveva osato "affacciarsi di nuovo a relazioni extraconiugali - conclude il gip - coltivare relazioni virtuali con il computer, scambiare messaggi...e per questo doveva essere eliminata". Perché nella testa di Michele quel che lui le aveva dato, "una famiglia, una casa, la dignità del proprio lavoro" era stato ripagato "con vergogna, mortificazione e disonore".
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