Terminati i festeggiamenti del Borghetto, nel mese di settembre un secondo appuntamento dedicato al Ponte sarà curato invece da Ciro Lubrano, Cristiana Ferraro e Angela Ferrari, nucleo fondatore dell’iniziativa letteraria Ti conto, che da tempo organizza in città momenti conviviali rivolti a consigliare libri al proprio pubblico, chiamato ad assistere o invitato a farsi protagonista di letture e consigli. Dopo il primo appuntamento - ma il 32mo della serie “Ti conto” - organizzato giovedì 30 giugno scorso, e intitolato “Bridge over troubled water-Atto primo”, è in fase di preparazione per i primi di settembre un secondo incontro dal titolo, “1716-2016: la ricostruzione del Ponte Vecchio”, che avrà come sede il cortile del Museo Civico Pier Alessandro Garda, partner del progetto. Non dimentichiamo, infatti, che il Museo custodisce importanti reperti risalenti all’epoca romana, compresi quelli che afferiscono a un altro importante ponte, il Pons Maior, che attraversava la Dora più a valle, verso l’attuale Lungo Dora, e oggi scomparso. Il Museo esporrà inoltre all’interno della collezione “paesaggi di carta” alcune stampe ottocentesche dedicate ai ponti di Ivrea. Proseguiremo poi con il terzo incontro del “Ti conto”, che si terrà nel mese di ottobre in una versione special dal titolo “I ponti: pagine letterarie e narrazioni sul tema” e che vedrà il coinvolgimento delle scuole e la collaborazione del club per l’Unesco di Ivrea, del Lions Club di Ivrea e del Gruppo Archeologico Canavesano. Club per l’Unesco di Ivrea, Lions Club e Gac di Ivrea hanno già avviato un importante percorso con i bambini delle scuole elementari. I risultati del lavoro e nuove iniziative legate alle scuole faranno parte del programma che da settembre a novembre vedrà storie, giochi, testimonianze e nuovi progetti incontrarsi su un ponte vecchio di duemila anni che ne compie trecento e che, ne siamo certi, continuerà a unire generazioni, storie e pensieri intorno al valore dell’unione. Completa il quadro delle collaborazioni L'Associazione Amargine, che ha tra i suoi scopi principali quello di far emergere quanto sul nostro territorio costituisce un elemento di particolarità significativo e nello stesso tempo universale, affinché il patrimonio urbanistico architettonico sia un bene condiviso e messo in valore, compreso e vissuto da tutti i cittadini. Ivrea e la sua storia millenaria raccontano come il tempo che noi conosciamo sia stato costruito e "ricostruito", proprio come il Ponte Vecchio, emblema dell'Ivrea più antica e simbolo sempre presente nelle raffigurazioni della città. In occasione dei 300 anni dalla ricostruzione del Ponte, Amargine e Bricks Addicted dedicano al Ponte Vecchio un'esposizione di immagini sulla sua ricostruzione. Se un momento espositivo e ludico organizzato intorno alla ricostruzione del Ponte Vecchio con i mitici bricks della Lego potrà animare l’evento, una collaborazione più ampia vedrà il gruppo dei Bricks Addicted coinvolti in un progetto che nei mesi di novembre e dicembre con iniziative legate al “mattoncino sognatore” capace di attraversare la storia e l’immaginario della città per rifondare, mattone dopo mattone un vissuto e uno scenario possibile. Non resta che attendere il calendario definitivo delle iniziative che da settembre a dicembre accompagneranno grandi e piccoli nella ricostruzione appassionante e divertente di un ponte tra passato e futuro, senza perdere di vista il presente di una città ricca di un patrimonio da vivere ogni giorno.
Quanto è vecchio il ponte vecchio?
Insieme al Castello, il Ponte Vecchio è uno dei simboli della città di Ivrea, ma forse non tutti conoscono la sua storia, ancora non del tutto svelata a partire dalle sue origini, riconducibile ai Longobardi. Ad essere meglio documentate sono piuttosto le successive distruzioni, la prima delle quali fu compiuta ad opera degli stessi abitanti come manovra difensiva all’assedio del 1704. Nel 1716, Vittorio Amedeo II lo fece riedificare, come attestato dalla lapide murata all’interno del parapetto a monte: questa ricostruzione, di cui ricorrono proprio nel 2016 i trecento anni, segna il momento di nascita del ponte così come lo conosciamo. In realtà, il ponte attraversò numerose distruzioni e ricostruzioni in periodi precedenti. Tra il 1600 e il 1700 era probabilmente coperto. Esistono tracce che ne documentano la copertura anche negli Statuti del 1313. Questi ultimi documenti lasciano presumere che il ponte, in legno, fosse sostenuto dalle pile in pietra. Questo elemento lascerebbe presumere che l’arco principale, romano o longobardo, avrebbe potuto già essere crollato in quell’epoca. Arriviamo al 1830 per assistere ad ulteriori lavori di ampliamento, commissionati da Carlo Felice nel 1830. In questo caso i lavori previdero un raddoppio con allargamento dell’alveo e ampliamento dell’arco verso valle. L’intervento è documentato dalla seconda lapide, murata in questo caso all’interno del parapetto a valle. Nell’aprile del 1917, in piena Prima Guerra Mondiale, ancora una parziale distruzione, che coinvolse la pila tra l’arco grande e quello piccolo, fatta saltare dalle mine. Le campagne di rilevo e studio condotte dalla Soprintendenza Archeologica del Piemonte nei primi anni ’90 hanno confermato l’esistenza di strati edilizi protratti per quasi duemila anni. Volendo immaginare il Ponte Vecchio nella sua forma originale, dovremo quindi pensarlo costituito da un solo arco a tutto sesto, con un’unica pila fondata direttamente su letto roccioso e rostri presenti su entrambi i lati. Oggi invece il ponte è costituito da tre arcate allargate sul lato destro, verso la sponda rocciosa. Da sinistra a destra, le tre luci misurano m 7,5, m 14 e m 2,5. Dopo il raddoppio verso valle, gli elementi riferibili a una delle fasi di costruzione di epoca romana, sono oggi visibili solo nel settore a monte. FONTE:Saggio di Luigi Fozzati - Servizio tecnico archeologia subacquea e Luisa Papotti Soprintendenza archeologica del Piemonte, in Strade romane, ponti e viadotti di Lorenzo Quilici, Stefania Quilici Gigli, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 1996 Saggi di: S. Quilici Gigli, T. Rocco, M. Lilli, L. Quilici, A Pellegrino, G. Ioppolo, M. G. Favilla, B. Farfaneti, L. Maraldi, M. Luni, T. Ravasio, G.Cera, M. Conconi, M. Antico Gallina, L. Fozzati, L. Papotti, M. Massabò, F. Bulgarelli, P. Mattazzi, F. Fanari. La paternità dell’iniziativa va riconosciuta in primis ad Eugenio Pacchioli, già direttore dell’Archivio Storico Olivetti e stimato artista. Forse non è un caso che proprio un eporediese di adozione abbia sentito il desiderio di celebrare una ricorrenza che riguarda uno dei simboli più cari alla città. E’ stato Pacchioli, infatti, a dare inizio a una catena virtuosa di iniziative proponendo di esporre due pannelli sulle sponde della Dora in concomitanza con la Festa di San Grato, che il 10 e 11 settembre animerà il ponte e il Borghetto grazie alle iniziative curate dall’associazione Ij Croass del Borghet. “Le stelle amano il Ponte Vecchio”, è il titolo dell’installazione di Pacchioli, che illustra: ... su quel Ponte Vecchio passa la storia delle persone e della Città... e le stelle, affascinate da improvviso gioco, saettano felici sotto la cruna di quell'arco passando veloci e fosforescenti... creando pietre preziose che forse sono stelle nuove o forse nature novelle che sperano nell'amore che si fa sulla terra dolce e leggera...
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