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Ivrea legge i nomi dei bambini di Gaza: dieci ore per non dimenticare

Nel 190° Presidio per la Pace, la città ha dato voce ai 12.227 piccoli uccisi tra Gaza e Israele. Una maratona civile, senza slogan né bandiere, per restituire dignità e memoria attraverso la forza silenziosa dei nomi

Alle 20 di sera, in piazza Ottinetti, è calato il silenzio. L’ultima voce ha pronunciato l’ultimo nome. Dopo dieci ore di lettura ininterrotta si è conclusa “Ti chiamo per nome”, la maratona civile organizzata dal Presidio per la Pace di Ivrea per ricordare, uno per uno, i 12.227 bambini e bambine uccisi tra Gaza e Israele dal 7 ottobre 2023 al 15 luglio 2025.

Durante la giornata si sono alternati studenti, insegnanti, volontari, cittadini comuni e delegati arrivati anche dall’Alto Canavese. Hanno letto con voce ferma o tremante, con accenti diversi, a volte con fatica, altre con naturalezza. Nessuno slogan, nessuna bandiera, nessun applauso: solo i nomi, pronunciati lentamente, come un atto di presenza, come un modo per dire che qualcuno li ricorda ancora.

Le voci si sono susseguite una dopo l’altra, tra pause, silenzi, piccoli momenti di commozione. Ogni nome ha riempito la piazza, creando una sorta di respiro collettivo. Attorno, il pubblico ha ascoltato in silenzio. Ivrea ha scelto di ascoltare, e in quell’ascolto si è riconosciuta la parte migliore di una comunità che da anni non rinuncia a dire la propria parola di pace.

Il Presidio, giunto al suo 190° appuntamento, ha confermato ancora una volta il senso profondo del suo nome: un luogo che resiste. Non con le urla, ma con la costanza. Non con la rabbia, ma con la memoria. Chiamare per nome — è stato detto più volte — significa restituire dignità a chi è stato cancellato. È impedire che quei bambini vengano dimenticati, che spariscano una seconda volta, nel silenzio del mondo.

I nomi letti derivano da fonti ufficiali: registri ospedalieri, obitori, testimonianze dei familiari, cronache raccolte in condizioni estreme. Molti non sono ancora noti. Eppure ogni nome pronunciato oggi è una forma di resistenza contro la disumanizzazione, un frammento di verità salvato dal rumore della guerra.

Durante la maratona, i volontari hanno raccolto fondi per Emergency, destinati alla costruzione e alla gestione di una clinica nell’area di al-Qarara, a Gaza. Un gesto concreto, per trasformare la partecipazione in cura.

Nel tardo pomeriggio, Mario Beiletti ha letto la sua poesia “Spoon River a Gaza”, ispirata all’opera di Edgar Lee Masters. Un testo semplice, asciutto, che ha attraversato la piazza come un ricordo collettivo: “Dove sono Kfir, Muhannad, Jumaa, Munir e Liel… tutti, tutti dormono qui a Gaza.”

La lettura si è conclusa al tramonto, quando le luci della piazza hanno iniziato a riflettersi sui volti stanchi di chi era rimasto fino all’ultimo. Nessuno ha voluto andarsene prima che l’ultimo nome fosse pronunciato. Quando il microfono si è spento, la piazza è rimasta immobile per qualche secondo, come a voler trattenere ancora quella voce collettiva che per ore aveva dato corpo all’assenza.

Sui social, poche parole, tutte simili: “Grazie a tutti, è stata una magnifica iniziativa.”“Meravigliosa. Felice di esserci stata.”“Soprattutto commovente. Grazie a tutti noi.”

A Ivrea, ancora una volta, il Presidio ha scelto la strada più semplice e più difficile insieme: quella del silenzio attivo, del ricordo condiviso, della parola detta sottovoce. Ti chiamo per nome non è stato solo un titolo, ma un modo per restituire umanità a ciò che la guerra toglie. Finché qualcuno li nomina, quei bambini continuano a esistere.

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