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03 Giugno 2025 - 23:37
Una sala piena, cuori attenti, occhi lucidi. A Rueglio, cento persone si sono strette attorno a un’idea semplice e potente: la Costituzione non è un documento del passato. È una lotta del presente. È il diritto di ogni cittadino a non essere dimenticato. È il dovere di ciascuno a non restare in silenzio.
Così è nato il Primo Festival della Costituzione, promosso da un gruppo di volontari in collaborazione con Anpi, Comune di Rueglio, Cooperativa Mastropietro e Coro Bajolese. Un evento libero, generoso, senza retorica. E proprio per questo, autentico.
Mario Beiletti ha aperto le danze con un racconto che ha fatto vibrare la storia: dal 2 giugno 1946, il giorno in cui l’Italia scelse la Repubblica, fino al 1° gennaio 1948, quando nacque la Costituzione.
Ha ricordato i Padri costituenti – uomini di partiti diversi, divisi da ideologie, uniti da un sogno. Hanno litigato, discusso, ceduto. Ma alla fine hanno scritto qualcosa di più grande di loro: un patto tra generazioni.
A prendere il centro della scena sono stati gli articoli fondamentali: 1, 3, 10 e 11. Letti, commentati, interpretati. Sul grande schermo, i video di Roberto Benigni hanno strappato sorrisi e applausi. Ma la vera emozione è arrivata con la voce di Laura Chiono, che ha letto le parole di Piero Calamandrei: “La Costituzione è una polemica contro il passato, ma anche contro il presente. Quando dice che bisogna rimuovere gli ostacoli, vuol dire che quegli ostacoli ci sono. La Costituzione è un atto d’accusa. E ci affida il compito di cambiarlo, questo presente.”
In sala, il Coro Bajolese, guidato da Amerigo Vigliermo, ha accompagnato ogni passaggio con canti popolari, suoni profondi, parole antiche che parlano ancora oggi.
E poi l’attualità, che entra come un pugno nello stomaco. Gaza, l’Ucraina, il Sudan, il Congo. Oltre 60 guerre nel mondo, mentre l’articolo 11 grida che l’Italia ripudia la guerra. E tra pochi giorni – l’8 e 9 giugno – un referendum potrebbe cambiare il volto dei diritti civili. Non è un caso che si sia parlato di tutto questo. Perché la Costituzione vive solo se la teniamo sveglia.
Il momento più toccante arriva con i rifugiati. Uomini e donne che oggi lavorano e vivono a Rueglio, accolti dalla Cooperativa Mastropietro.
A ciascuno è stata consegnata una copia della Costituzione in francese e inglese, dalle mani dei sindaci Gabriella Laffaille e Remo Minellono. Un gesto simbolico, ma anche profondamente concreto: chi arriva da lontano ha diritto a sapere quali sono le regole del nostro patto civile, ma anche quali sono le promesse non ancora mantenute.
Poi il microfono passa a Ivan Pescarin, l’ideatore del Festival: “Non è solo un evento. È una chiamata. Vorremmo che ogni Comune, ogni Pro Loco, ogni scuola, ogni biblioteca prendesse in mano la Costituzione. E ne facesse materia viva. Racconto. Teatro. Canto. Dibattito. Vita.”
E come ogni festa che si rispetti, la chiusura è a tavola. Ma non una tavola qualsiasi: al ristorante “L’Americano” si serve la “Pastasciutta della Costituzione”, una variante della storica “pastasciutta antifascista” che i fratelli Cervi offrirono per celebrare la caduta di Mussolini. Una pastasciutta che sa di libertà, giustizia, allegria e impegno. Tra un boccone e un canto del Coro Bajolese, si chiude una giornata che nessuno, tra i presenti, potrà dimenticare.
Il Festival tornerà. In un altro paese. Con altri volti. Ma con la stessa voce. Perché la Costituzione non è finita. Non è mai finita. È il nostro dovere più bello.
Viva il 2 giugno. Viva chi non smette di crederci. Viva la Costituzione.
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