Ivrea si ribella alla guerra: distrutto il fantoccio di una bomba nucleare nel 152° Presidio per la Pace
In piazza di città un grido collettivo contro le armi atomiche e le guerre che insanguinano il mondo. Tra emozioni e simboli, il gesto finale scuote le coscienze: “Italia, ripensaci!”
Il 152° Presidio per la Pace, tenutosi sabato 18 gennaio, in piazza di città, è stato un inno collettivo alla speranza, una preghiera laica per un futuro senza violenza, un ripetersi che non stanca, un momento carico di simbolismo, culminato nella distruzione del fantoccio di una bomba nucleare, costruito da Silvio Conte per rappresentare l’orrore e l’assurdità delle armi.
Un atto di testimonianza, un richiamo all’azione, dedicato al quarto anniversario dell’entrata in vigore del Trattato ONU per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW).
Una data che segna la strada verso un mondo migliore, ma che resta minacciata dall’indifferenza dei potenti e dalle ombre di conflitti sempre più devastanti.
Pierangelo Monti, anima storica del presidio, ha dato il via alla manifestazione contestualizzando l’attuale scenario mondiale. “C’è una tregua a Gaza - ha esordito - È fragile, certo, ma un passo avanti. Abbiamo visto gente festeggiare, anche se fino a ieri i raid israeliani continuavano a mietere vittime. Ma la pace vera, quella che vogliamo, è ancora un miraggio. È un sogno che dobbiamo trasformare in realtà.”
Le sue parole hanno evocato immagini dolorose: i 470 giorni di assedio a Gaza, i 42 milioni di tonnellate di macerie, le 47.000 vite spezzate che pesano come un macigno sulla coscienza del mondo. E poi l’Ucraina, dove la guerra si trascina senza tregua, sotto l’incubo delle armi atomiche.
“Ogni volta che si parla di nucleare - ha sottolineato - dovremmo sentirci tutti coinvolti. La minaccia non è un’ipotesi remota, è un’ombra che grava su ciascuno di noi.”
A dare maggiore spessore alla giornata, le parole struggenti del sopravvissuto di Nagasaki, Terumi Tanaka, lette con solennità: “Il 9 agosto 1945, ho visto la mia città trasformarsi in un inferno. Ho camminato tra corpi bruciati e macerie annerite. Il dolore, la perdita, non si possono dimenticare. E oggi ci sono ancora 12.000 testate nucleari pronte a cancellare altre vite, altri luoghi.”
E per un attimo la piazza ha trattenuto il respiro, poi si è riaccesa quando è stato distrutto simbolicamente il missile nucleare. Un gesto potente, accompagnato dalle parole di Monti: “Italia, ripensaci. Firma il trattato TPNW. È ora di dare l’esempio al mondo, di dire no alle armi, no alla guerra.”
Anche l'Amministrazione comunale ha voluto testimoniare il proprio impegno.
“Le armi sono morte anche quando non le usiamo - ha sottolinea la vicesindaca Patrizia Dal Santo - Dobbiamo tenere viva la fiammella della pace, perché senza di essa siamo tutti perduti.”
Un messaggio rafforzato dall’assessora Gabriella Colosso: “Ogni piccolo gesto conta. Il nostro appello sarà portato al prossimo incontro dell’ICAN, perché la pace deve essere costruita insieme.”
La voce di Arianna Italiano della Comunità di Sant’Egidio ha aggiunto concretezza: “Attraverso i corridoi umanitari abbiamo accolto donne e bambini da Gaza. Ogni vita salvata è una vittoria contro l’indifferenza.”
Il presidio ha alternato momenti di denuncia a riflessioni profonde, come la lettura di un estratto dal libro Pace di Arianna Arisi Rota, sull’importanza delle tregue.
“Non sono una pace definitiva, ma un passo avanti. Ogni tregua salva vite e crea spiragli di speranza.”
La giornata si è chiusa con un messaggio di speranza e determinazione.
“La pace non è un dono, è una conquista. E oggi abbiamo messo un altro mattone per costruirla,” ha concluso Monti prima che il presidio si sciogliesse, tra canti contro la guerra e un applauso carico di emozione.
Mercoledì prossimo, allo Zac!, il dibattito continuerà. La lotta per un mondo libero da armi nucleari e conflitti non si ferma qui. Come hanno ricordato i presenti, ogni gesto conta, ogni voce si somma a un coro che chiede, con forza e speranza: mai più.
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