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Chivasso ricorda i cinque partigiani caduti sulla ferrovia: 81 anni dopo

Sabato 26 luglio la commemorazione con corteo e pastasciutta antifascista

Chivasso ricorda i cinque partigiani caduti sulla ferrovia: 81 anni dopo

Chivasso ricorda i cinque partigiani caduti sulla ferrovia: 81 anni dopo

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Sabato 26 luglio 2025, alle 10,30, Chivasso si fermerà per ricordare. Ricordare un’eccidio, un gesto di eroismo, un sacrificio. Ricordare cinque giovani partigiani della VI Divisione Alpina “Giustizia e Libertà”, trucidati dai nazisti lungo la massicciata della ferrovia in direzione Torino, nella torrida estate del 1944.

A ottantuno anni da quell’azione tragica e coraggiosa, l’Amministrazione Comunale e la Sezione “Boris Bradac” dell’Anpi di Chivasso rinnoveranno il ricordo con una cerimonia sobria ma intensa, proprio là dove tutto accadde: al Parco del Mauriziano, dove sorge la croce commemorativa. È prevista la benedizione del cippo da parte di don Tonino Pacetta e l’esecuzione del Silenzio da parte della tromba della Società Filarmonica "Città di Chivasso"..

Silvio Brunetti, Filippo Gardetto, Antonio Morello, Ernesto Pagliero e Ariodante Morgando avevano tutti tra i 19 e i 23 anni. Facevano parte di una colonna di circa duecento partigiani, guidati dal comandante Luigi Viano, detto “Bellandy”, partiti da Pont Canavese per tentare un’azione di forza contro il Distretto Militare “Carlo Giordana” di Chivasso. L’obiettivo era procurarsi armi e liberare prigionieri politici. Era il 27 luglio 1944. Ma il destino li tradì.

Un bombardamento alleato aveva distrutto il ponte sul torrente Orco, costringendoli a deviare verso Montanaro, perdendo tempo prezioso. Giunsero alle porte di Chivasso quando ormai albeggiava. Alle 5.30 tentano l’assalto: mitragliatrice puntata, squadra avanzata, ma proprio in quel momento si apre il portone della caserma. Escono i tedeschi per il cambio del presidio. Bellandy urla loro di arrendersi. Un colpo di fucile. Esitazione. Poi l’inferno.

I nazisti si rifugiano nella caserma, chiudono il portone e iniziano a sparare. I partigiani sono allo scoperto. Alcuni si rifugiano nelle case, altri tentano l’assalto alla stazione ferroviaria, dove riescono a catturare 15 prigionieri. Ma alle 6.35 un fonogramma d’allarme parte dal municipio. E poco dopo, da Monteu da Po o da Torino, arriva un treno carico di rinforzi tedeschi. È la fine.

Nella furiosa sparatoria tra via Torino e la ferrovia, i partigiani cercano una via di fuga. Alcuni si salvano grazie al coraggio dei cittadini: il dottor Carlo Nosenzo, veterinario, li fa passare da casa sua. Un gruppo fugge a bordo di un’ambulanza della Croce Rossa. Ma molti restano indietro. Brunetti, Gardetto, Morello e Pagliero cadono sulla massicciata. Ariodante Morgando, gravemente ferito, muore tre giorni dopo all’ospedale.

C’è chi parla di fucilate dal Municipio sparate dallo stesso Commissario Prefettizio Carlo Chiavelli, ma non esistono prove certe. I partigiani mancanti all’appello erano stati inviati a presidiare la strada tra Brandizzo e Chivasso. Molti di loro non fecero mai ritorno. Alcuni potrebbero essere tra i sei impiccati a Settimo Torinese l’8 agosto, ma le identità non sono mai state accertate.

Oggi, quegli uomini vivono nei nomi incisi sulla lapide, ai piedi della croce. E nella memoria collettiva di una città che non vuole dimenticare. Al termine della commemorazione, alle 12,30, presso la bocciofila “La Tola” di via Orti 40, ci sarà una Pastasciutta Antifascista, nel segno di quella Resistenza quotidiana che ancora oggi ci interroga.

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