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TORINO

"La Grotta dell'Orca" con le scenofonie di Roberto Tarasco al Salone del Libro

L'ambientazione sonora del regista settimese ispirata al libro di Stefano D'Arrigo è firmata da Max Casacci, fondatore dei Subsonica

"La Grotta dell'Orca" con le scenofonie di Roberto Tarasco

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Nella Grotta dell'Orca è molto più di un’installazione artistica: è un’esperienza immersiva e sensoriale, un viaggio dentro il cuore oscuro e affascinante della parola scritta, immaginato dal settimese Roberto Tarasco, raffinato regista ed esperto in scenofonia. Questo “labirinto" si trova all’interno del Salone del Libro di Torino (padiglione 2, dalle 11 alle 19), in programma da giovedì 15 maggio fino a lunedì 19 maggio, è ispirato all'opera di Stefano D'Arrigo, scrittore siciliano dalla voce possente e visionaria, che dedicò 25 anni della sua vita alla stesura e continua riscrittura del suo romanzo più noto, Horcynus Orca.

Roberto Tarasco

Tarasco costruisce una sorta di rito collettivo: chi entra diventa parte integrante dell’opera, può leggere, ascoltare, perfino lasciare una traccia della propria voce, avvolto da suoni e luci che evocano un mare profondo, misterioso, quasi mitologico. Il titolo stesso richiama l’immagine di una grotta marina, luogo sacro e oscuro, in cui si è chiamati a immergersi.

Il percorso si snoda attraverso frammenti di lettere, bozze corrette, appunti editoriali e recensioni che raccontano la leggendaria genesi di Horcynus Orca, dal 1950 al 1975. Le corrispondenze con Mondadori, le continue riscritture, l’attesa febbrile della pubblicazione e l’accoglienza della critica, in Italia e all’estero, vengono restituite al visitatore sotto forma di materia viva, sonora, quasi organica.

Ad accompagnare questo viaggio, la colonna sonora originale di Max Casacci, fondatore dei Subsonica, realizzata interamente con suoni naturali – l’oceano, il vento, le creature marine – che si fondono in un tessuto musicale evocativo, autenticamente marino.

Max Casacci 

«Nel libro di Stefano D’Arrigo sono annegato - dice Tarasco - mi sono perduto nel labirinto di un'opera poderosa, concepita nell’arco di cinque lustri, un tempo lunghissimo. Ho cercato di ricreare il fragore della battigia, i riflessi delle onde, la brezza marina». Il suo intento non è rappresentare il romanzo, ma evocarne la densità, la vertigine, la profondità.

Prodotto per Paolo Verri e Fondazione Mondadori, Nella Grotta dell'Orca è un’esperienza unica, che intreccia letteratura, teatro, musica e tecnologia. Un omaggio al potere trasformativo dell’arte e della parola, ma anche alla fatica, alla solitudine e alla grandezza di chi, come D’Arrigo, ha deciso di scrivere un’opera fuori dal tempo.

Horcynus Orca, un’opera leggendaria

Pubblicato nel 1975 dopo una gestazione leggendaria, Horcynus Orca è uno dei romanzi più ambiziosi della letteratura italiana del Novecento. La storia segue il ritorno del marinaio 'Ndrja Cambrìa nella sua Messina dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, ma ben presto si trasforma in un viaggio epico, allucinato e simbolico, che abbraccia il mito, la lingua e la morte.

L’opera è celebre per il suo stile stratificato, quasi inaccessibile, e per un vocabolario costruito su misura, che fonde dialetto, neologismi e suggestioni marine: “parlare d’arrigo” è diventato sinonimo di scrittura iperletteraria. Il romanzo è un continuo oscillare tra il reale e l’onirico, come in questa celebre frase:

«E la morte non è quella che ti aspetti: è uno sbalzo di mare, un’ombra di pinna che passa, una parola troppo grossa per la bocca dell’uomo.»

Oppure in questo passaggio che evoca la malinconia del ritorno:

«La patria era là, sulla riva, e non ti riconosceva più.»

E ancora, in una delle riflessioni più potenti del protagonista:

«Chi torna dal mare non è mai lo stesso che è partito. È un altro. È uno che ha visto troppo e non può più parlare come prima.»

Horcynus Orca è un romanzo che richiede dedizione, ma che ricompensa con immagini di una bellezza abissale, degna delle grandi epopee del mare.

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