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12 Aprile 2025 - 09:06
Gli attori de "il Comandante"
Dettagli evento
Data di inizio 12.04.2025 - 21:00
Data di fine 12.04.2025 - 23:00
Località
Tipologia
Prezzo 12,00 €
Il celebre regista settimese Gabriele Vacis ricorda sua moglie: "Antonia ha sempre concepito il teatro come spazio delle relazioni"
La storia di un bambino al tempo del fascismo, con il sogno di indossare la camicia nera e mentre scriveva parole patriottiche sul suo diario. La guerra e il colonialismo nel 1937: sono questi i temi che la compagnia Teatrovillaggioindipendente porterà in scena nella prima nazionale de “Il Comandante”. Lo spettacolo andrà in scena al teatro Garybaldi (Suoneria), in via Partigiani 4, sabato 12 aprile alle 21, ed è il primo appuntamento del cartellone di Passione@Teatro. Un appuntamento teatrale che farà sicuramente registrare il "tutto esaurito".
Il testo, scritto oltre trent’anni fa dalla compianta Antonia Spaliviero, è stato ripreso dal regista Massimiliano Giacometti in un periodo storico significativo, segnato in Europa da tensioni e linguaggi che, con le dovute differenze, ricordano quei tempi di forza, quando il conflitto era un’esibizione di potenza. Sul palco saliranno gli attori (in ordine alfabetico) Giuseppina Amaro, Maura Balbis, Giuseppe Caradonna, Sirio Alessio Giuliani, Antonio Granatina e Roberto Padoan. La squadra, già premiata nei festival più importante in tutta Italia, vede confermati, insieme a Giacometti, Stefania De Biasi (assistente alla regia e responsabile dei suoni) e Nicola Rosboch (luci e design).
Sarà un nuovo capitolo di storia rappresentato con la consueta abilità nel trattare la memoria collettiva, ispirato liberamente a “Io volevo sempre essere il comandante” di Antonia Spaliviero, autrice settimese. Il Comandante ci trasporterà nel 1937, con il diario di un bambino che diventa il fulcro di una riflessione umana e storica. L’orrore della guerra, l’intolleranza, l’odio razziale che si ripresentano immutati. La voce pura dell’infanzia si spezza, riflettendo la potenza di un’epoca dominata da una propaganda feroce e diffusa, non così lontana dai linguaggi attuali.
I biglietti sono già in vendita online: 12 euro intero, 10 euro ridotto, 7 euro per gli under 18.
Ma se è vero che abbiamo un Dna scolpito nella Resistenza, è altrettanto vero che abbiamo un codice genetico che porta il nome di Teatro.
E’ sempre più necessario abbandonare la definizione di teatro amatoriale e chiamarlo invece “non professionista”. Perché le differenze tra gli attori che vanno in scena per passione, come nel caso del TeatroVillaggioIndipendente, e i professionisti del settore si sono assottigliate. Fino a scomparire. E Settimo ha una storia talmente affascinante nell’ambito di questa espressione culturale, l’unica degna di un profondo interesse accademico, che è un sacrilegio anche soltanto pensare che sia stata semplicemente una parentesi fortunata. Il lavoro di Massimiliano Giacometti ha proprio il merito di far luce sul nucleo culturale intrinseco della città, prendendo spunto da un testo di Antonia Spaliviero che ripreso e valorizzato a distanza di tanti anni diventa persino profetico. E questo giacimento di cultura autentica non può restare sepolto, perché non c’è tecnologia o streaming in grado di eguagliare l’esperienza di questo Teatro. Il nostro.
Alla vigilia della prima de “Il Comandante”, il celebre regista settimese Gabriele Vacis ha dedicato questo ricordo a sua moglie Antonia Spaliviero, autrice del testo “Io volevo sempre essere il comandante” da cui è tratto lo spettacolo diretto da Massimiliano Giacometti e in scena sabato 12 aprile alla Suoneria.
Antonia ha sempre concepito il teatro come spazio delle relazioni. Per questo amava pensarlo e farlo con grandi quantità di studenti di ogni ordine e grado, per gente qualunque, con gruppi di non professionisti, che quasi sempre si rivelavano più professionali dei professionisti. Passavano dal teatro Garybaldi attrici e attori, registe e registi alla moda, che magari le piacevano molto, ma faceva amicizia con quelli con cui poteva parlare di politica, di come far tornare i conti di una compagnia (in fondo era una ragioniera), della vita. Una volta tornò a casa molto tardi, mi raccontò che era rimasta a chiacchierare con Thierry Salmon, che avevano parlato di suo figlio e concluse che era ora di farlo anche noi, un figlio, meglio se una figlia. Grotowski, una sera, a cena, aveva voluto che gli raccontasse di suo padre, ragazzo del 1917, la classe più sfigata del novecento, che si era fatto dieci anni di militare; quando lo accompagnammo a Porta Nuova, alla fine del seminario del ’91, Grotowski l’abbracciò e le disse di non starsene sempre nascosta alle mie spalle. Emma Dante, dopo il “Canto per Torino” le raccontò un momento difficilissimo della sua vita, - perché a me non ha detto niente? – Chiesi – Perché a te interessa solo lo spettacolo. – Era così, Antonia, le interessavano le persone prima degli artisti. Le prime donne, poi, quelle che pretendevano di fare il “teatro d’arte”, le detestava. Una volta ci chiesero di scrivere un pezzo insieme per una rivista di teatro: le donne e il teatro. Come sempre lasciai a lei il compito di buttare giù l’articolo. Quella volta la sua “bozza” aveva un incipit folgorante: tutte le prime donne che abbiamo conosciuto sono uomini. Praticamente la bozza era l’articolo finito, cosa avrei potuto dire di più chiaro? Quello che era importante, per Antonia, erano le persone e le relazioni. Il 15 giugno saranno dieci anni che Antonia non c’è più, anche se continua a farci regali preziosi, come questo spettacolo del suo caro amico Massimiliano e del Teatrovillaggioindipendente. Allora non sapevo dirlo, oggi c’è una studiosa americana secondo cui la bellezza, l’arte sono state per secoli ostaggio della forma, se c’è un futuro, in questi tempi schiodati, se c’è un futuro, non soltanto per la bellezza e per l’arte, è nell’interazione, nelle relazioni tra le persone.
Gabriele Vacis
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