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Castellamonte riscopre Antonio Lebolo, l’egittologo dimenticato

Una targa e un convegno per celebrare il pioniere dell’egittologia

Castellamonte riscopre Antonio Lebolo, l’egittologo dimenticato

Castellamonte riscopre Antonio Lebolo, l’egittologo dimenticato

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Sabato 29 marzo Castellamonte renderà omaggio ad un suo cittadino tanto conosciuto in America quanto sconosciuto in città: Antonio Lebolo. Lo farà al mattino con lo scoprimento di una targa sulla casa in cui abitò e con l’inaugurazione di una stele realizzata dalla ceramista Maria Teresa Rosa; nel pomeriggio con un convegno al Centro Congressi Martinetti.

Chi era Antonio Lebolo? Un ricercatore di antichità egizie. Uno dei tanti europei che, giunti nel paese del Nilo in seguito alla spedizione napoleonica, furono affascinati dalle testimonianze di quella civiltà tanto importante quanto poco conosciuta. Diventato amico e collaboratore di Bernardino Drovetti, contribuì, con i reperti ritrovati sul sito dell’antica Tebe, alla costituzione della raccolta da cui ebbe origine il Museo Egizio di Torino ma, come accadeva all’epoca, non si fece scrupolo di lucrare sui tesori ritrovati vendendoli al miglior offerente.

«A Castellamonte – ha spiegato nella conferenza stampa di presentazione dell’evento il presidente dell’associazione <Terra Mia> Emilio Champagne – era ricordato solo di sfuggita. Abbiamo deciso di saperne di più e, oltre alla collaborazione dell’amministrazione comunale, abbiamo trovato grande sostegno nella Facoltà di Educazione Religiosa della Brigham Young University di Provo nello Utah. Non mi aspettavo una così grande collaborazione e nemmeno di riuscire ad organizzare un convegno di quest’importanza».

Cosa c’entra Lebolo con lo Utah? Pochi anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1830, quattro mummie finirono negli Stati Uniti e in una di queste erano contenuti dei rotoli. Li acquistò Joseph Smith, il fondatore della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (meglio conosciuta da noi come Chiesa dei Mormoni) e da essi trasse ispirazione per il suo secondo testo dottrinario: <Il Libro di Abrahamo>. Lebolo è pertanto conosciutissimo all’interno di questa chiesa, nata nello stesso anno della sua morte, che conta nel mondo oltre 17 milioni di fedeli grazie ad un’intensa opera di apostolato ed al suo grande impegno nel campo degli aiuti umanitari. In Italia è presente dal 1966 ed ha 28-29.000 adepti, come ha spiegato Sergio Griffa, direttore della Comunicazione per l’Area Piemonte e Liguria.

Fu proprio grazie alla notorietà di Lebolo tra gli americani che si ebbe a Castellamonte una prima, generica riscoperta di questa figura. Come ha raccontato Champagne «nel Dopoguerra il ristorante <Tre Re> acquistò grande rinomanza e tutti gli stranieri che venivano in Canavese – per turismo o per lavoro – vi facevano tappa. Carlo De Marchi, allora giovane figlio del proprietario, mi raccontò che molti clienti chiedevano notizie della casa natale di Lebolo. Suo padre non aveva idea di chi fosse questo personaggio e si rivolse ad Attilio Perotti, lo storico della città. Perotti effettuò delle ricerche presso gli archivi parrocchiali e presso il Catasto e ne nacque un articolo che era una piccola biografia ma le cose si fermarono lì. Noi abbiamo deciso di approfondire e dopo il convegno del 29 marzo ne sapremo sicuramente di più».

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