Cerca

Ivrea

Serata contro l’odio e la disinformazione. Sulle foibe e su Norma Cossetto

Una serata con la bambina che non sapeva odiare

La bambina che non sapeva odiare

La bambina che non sapeva odiare

Dettagli evento

Non abbiamo voluto alimentare le polemiche che tutti gli anni accompagnano il “Giorno del Ricordo”, tantopiù che quest’anno cadeva proprio durante il Carnevale di Ivrea, in giorni dedicati quindi all’allegria. Ci siamo preso il tempo necessario, prima di affrontare un argomento scabroso, che i nuovi e vecchi fascisti cavalcano senza ritegno. Se vi dovesse infatti capitare di discutere con una persona “di destra”, succede che nel momento in cui credete di aver argomentato per bene le vostre ragioni, chiudendo definitivamente la questione, lui se ne esca con la solita domanda: “E allora, le foibe?”

Noi non cadremo nella trappola: gli storici più seri hanno già affrontato la questione dirimendola una volta per tutte (distribuiremo un fascicolo apposito durante la serata). E sul triste caso di Norma Cossetto rileviamo soltanto che essa fu uccisa in quanto fascista (e non avrebbe dovuto, ma erano tempi caotici di guerra) e non perché “italiana” come si vuole affermare. Pietà per tutte le vittime, di ogni bandiera, ma il resto è propaganda.

Per questa serata noi vogliamo offrire parole “senza odio”.

Un commento… 

 

Il “Giorno del ricordo” che venne istituito nel 2004, fu un doveroso momento di riflessione di cui si è appropriato la destra, presentandolo in alternativa al “Giorno della Memoria” I motivi vanno ricercati lontani nel tempo, nei torti fatti durante la guerra dai nazifascisti e dalle vendette e repressioni scatenate dopo, nel silenzio delle nazioni in piena guerra fredda e – probabilmente – dal poco coraggio che allora impedì di riconoscere l’intera verità, seppur scomoda, complice la politica di quegli anni.

 

La tragedia dei confini orientali, del fascismo, delle foibe e dell’esodo delle popolazioni italiane fu, per molti anni, “una pagina di storia dimenticata”. “Dimenticata dalla storiografia ufficiale, dimenticata dalla politica. Eppure, si tratta di una tragedia che ha toccato in profondità la nostra coscienza di popolo e che ha avuto e continua ad avere forti ripercussioni di carattere sociale e culturale.

 

Ricordare le foibe e i drammi verificatisi ai confini orientali significa non dimenticare le diverse sfaccettature ideologiche e politiche, in un contesto complicato per una terra che ha sempre vissuto lo scomodo status di terra di confine.”

 

La verità storica non deve però spaventarci, qualunque essa sia, perché i valori per i quali venne combattuta la Guerra di Liberazione, da cui nacque la nostra Carta costituzionale, erano e rimangono intoccabili, al di sopra di ogni revisionismo.

 

Qual è questa verità…

 

Nel 1919 iniziò la colonizzazione delle terre di confine. A Trieste iniziò la persecuzione degli sloveni, nel 1920 fu bruciato il loro centro culturale più grande e chiusi tutti i loro circoli; la resistenza slovena fu duramente repressa con centinaia di processi e di condanne, e decine di fucilazioni. Tutti i cognomi furono italianizzati. In Slovenia e Croazia furono chiuse le scuole e reso obbligatorio l’insegnamento della sola lingua italiana. Lì furono italianizzati i toponimi. Nel 1920 a Pola (Pula), in Istria, Mussolini diceva: “Di fronte ad una razza come la slava, inferiore e barbara non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone […] i confini dell’Italia devono essere: il Brennero, il Nevoso e le Dinariche […] io credo che si possano più facilmente sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani”

 

L’Italia fascista dal 1941 partecipò all’occupazione militare della Slovenia e della Croazia con i Nazisti e si fece complice di deportazioni e massacri. In Croazia tra il 1942 e il 1943 l’Italia aprì un campo di concentramento nell’isola di Arbe (Rab) dove passarono circa 10.000 deportati e trovarono la morte per fame, stenti o fucilati circa 1.500 persone.

 

Nel 1940 a Gorizia Mussolini dice: “Sono convinto che al terrore dei partigiani si deve rispondere col ferro e col fuoco. Deve cessare il luogo comune che dipinge gli italiani come sentimentali incapaci di essere duri quando occorre. …questa popolazione non ci amerà mai. Non vi preoccupate del disagio della popolazione, lo ha voluto! Ne sconti le conseguenze. … Non sarei alieno dal trasferimento di masse di popolazione”. In quello stesso anno in un discorso tenuto alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni affermò: “…quando l’etnia non va d’accordo con la geografia, è l’etnia che deve muoversi; gli scambi di popolazioni e l’esodo di parti di esse sono provvidenziali perché portano a far coincidere i confini politici con quelli razziali».

 

Proprio a Trieste funziona l’unico “campo di sterminio” in Italia, la Risiera di San Sabba, nel quale transitarono circa 8000 deportati e 3500 passarono attraverso i camini dei forni crematori!

 

Fu in questo contesto che si sviluppò la tragedia del fronte orientale. Una tragedia che colpirà anche innocenti travolti dall’odio e dalle vendette prodotte da una guerra disperata.

 

Così tante persone scompaiono: fucilate perché fascisti e collaborazionisti o vittime innocenti delle vendette e delle ritorsioni della “guerra civile” e centinaia gettate nelle foibe. La questione delle foibe è una tragica circostanza della storia sulla quale si deve riflettere con rigore e con pietà.

 

Dopo la guerra, nell’arco di una decina di anni, molti abbandonano l’Istria e la Dalmazia, circa 300.000 persone, tra queste anche 30.000 croati e 10.000 sloveni. Certamente una parte perché compromessa con il governo fascista, ma la maggioranza perché non volevano vivere in un sistema socialista, o perché spinta ad andarsene.

 

Quei profughi furono trattati con diffidenza dagli Italiani, e come si poté, causa le scarse risorse, dallo Stato italiano, che costruì per loro insediamenti nelle periferie delle città, e furono utilizzati come massa di voti anticomunisti dalla Democrazia Cristiana e dal Movimento Sociale.

 

Il silenzio caduto per anni su questo pezzo di storia è dovuto sia al ruolo riconosciuto a Tito quale cuscinetto con l’Unione Sovietica, che con il tentativo di non gettare fango sui partigiani slavi.

 

Con il silenzio è cresciuto il bubbone che è infine scoppiato e strumentalizzato dalla destra. Noi crediamo che, già nel dopoguerra, avremmo dovuto avere il coraggio di affrontare questo problema, per non giocare oggi di rimessa. Non avremmo dovuto aspettare il Giorno del Ricordo, per raccontare nel modo corretto i fatti… 

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori