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19 Ottobre 2025 - 22:42
Ugo Fedeli, l’anarchico di casa Olivetti raccontato da Attilio Perotti
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Data di inizio 24.10.2025 - 00:00
Data di fine 24.10.2025 - 00:00
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Venerdì 24 ottobre, alle 21, la Libreria Mondadori di Ivrea (Piazza Freguglia 13) accoglierà un incontro dedicato a una figura singolare e affascinante: Ugo Fedeli, anarchico milanese, intellettuale irregolare e protagonista, suo malgrado, di un’epoca irripetibile. A raccontarlo sarà Attilio Perotti, autore del volume “Ugo Fedeli l’Olivettiano. Anarchico” (Edizioni Atene del Canavese), che dialogherà con Luca Bollero, professore, Davide Gamba, libraio, e Anna Viotto dell’Associazione Archivio Storico Olivetti (AASO).
Perotti, già autore pochi mesi fa de “La bilancia del popolo. Un anno nella vita di Ugo Fedeli”, torna ora a immergersi in un decennio di storia culturale canavesana, con il rigore dello studioso e la curiosità dell’uomo che cerca di capire cosa resta di un pensiero libero, scomodo e vivo. “Ugo Fedeli – scrive Perotti – nato a Milano nel 1898 e protagonista de La bilancia del popolo, approda in Canavese nel 1952 e contribuisce, da par suo, fino alla morte prematura nel 1964, a quella epopea olivettiana che col passar del tempo assume sempre più contorni leggendari, stante la modestia della progettualità contemporanea.”
L’incontro sarà anche l’occasione per riflettere sul rapporto tra Adriano Olivetti e gli anarchici, tema che Anna Viottoapprofondirà nella sua relazione per l’AASO. Un legame fatto di dialogo, rispetto e confronto tra visioni del mondo differenti, ma accomunate dall’idea che l’uomo, e non il profitto, debba restare al centro del lavoro e della società.
A emergere dalle pagine di Perotti è il ritratto di un Ugo Fedeli capace di portare l’anarchismo fuori dalle catacombe ideologiche e dentro la fabbrica, la scuola, la comunità. Una figura di educatore e militante che non parlava per convincere, ma per stimolare domande. In una sua lettera del 1960, indirizzata a Ildefonso Gonzalez Gil, Fedeli scriveva: “La cosa più importante delle mie lezioni non è tanto quanto io vado esponendo, ma le discussioni che sono suscitate, il bisogno che sente anche l’uomo che credi indifferente di sapere.”
Fedeli sapeva che la rivoluzione non nasce dalle parole altisonanti, ma dal confronto, dall’ascolto. “Se mi mettessi a parlare con un operaio qualunque del dissidio Marx-Bakunin,” prosegue nella lettera, “non capirebbe nulla; ma se esponi loro le idee e sottolinei le particolarità del carattere personale e quello delle idee, vedrai che non uno ma dieci domanderanno chiarimenti sul pensiero particolare del Bakunin.” È in quella semplicità – “senza preconcetti” – che si riconosce la grandezza di un uomo che fece della cultura uno strumento di emancipazione, non un esercizio di retorica.
Attilio Perotti, che ha insegnato Letteratura e Storia in Canavese a cavallo del Millennio, oggi – come ama dire con ironia – “in assenza di allievi, si è messo a scrivere”. E scrivendo, continua a insegnare: questa volta, attraverso le vite degli altri. La sua ricerca su Fedeli è anche una riflessione sul ruolo dell’intellettuale in una società che sembra aver smarrito la tensione ideale.
L’appuntamento in Mondadori non sarà solo una presentazione di libro, ma un piccolo esercizio di memoria collettiva, un tributo a chi seppe attraversare la storia senza mai piegarsi alle mode o alle convenienze. E, forse, anche un invito implicito a riprendere quella fiaccola critica che Fedeli – e con lui la stagione olivettiana – hanno lasciato in eredità.
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