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Cronaca
08 Dicembre 2025 - 09:31
Eredità da tre milioni alla badante, la Corte d'Appello ribalta l’intero impianto accusatorio: non erano raggiro ma vendetta familiare
Nel silenzio composto dell’aula, la sentenza d’Appello ha rovesciato un processo che sembrava già scritto. I tre milioni di euro lasciati alla badante da Lido Frediani, chimico di fama internazionale morto nel 2020, non sarebbero il frutto di un raggiro ma l’epilogo di una frattura familiare mai ricucita. Lo hanno stabilito i giudici torinesi, assolvendo con formula piena la donna e il marito — un carabiniere — che in primo grado erano stati condannati a quattro anni e quattro mesi per circonvenzione d’incapace, oltre al pagamento di una provvisionale da 700 mila euro ai parenti dell’anziano.
L’appello ha cambiato radicalmente la prospettiva. Il Collegio ha ricostruito la vicenda in 21 pagine, un documento che ripercorre gli ultimi mesi di vita del novantaduenne, evidenziando un contesto familiare segnato da contrasti profondi. L’inchiesta era nata nel 2021, quando il nipote scoprì non soltanto che lo zio era morto per deperimento da anoressia, ma anche che il corpo era stato cremato senza avvertire nessuno. A quel punto la sorpresa più grande: l’intero patrimonio — stimato attorno ai tre milioni — risultava formalmente ereditato dalla badante che lo assisteva da appena venti giorni. Un tempo giudicato sospetto dagli inquirenti e sufficiente, in primo grado, a interpretare il testamento come un atto costruito ad arte.

La Corte d’Appello, però, ha ribaltato ogni conclusione. Dagli atti emergono infatti elementi di tutt’altra natura. Frediani, già gravemente indebolito, non era più autosufficiente e viveva con crescente difficoltà la solitudine domestica. Aveva chiesto ai parenti di ospitarlo, ma quella richiesta non aveva trovato ascolto. È in quel frangente che, secondo i giudici, maturò la decisione che poi sarebbe diventata il cuore del processo: il testamento a favore della badante come gesto di “dispetto” verso i familiari.
Una scelta emotiva, non una manipolazione. È questo il punto che i magistrati hanno considerato decisivo. Nessuna prova, scrivono, indica una pressione indebita da parte della coppia imputata; nessun elemento dimostra che l’anziano fosse incapace di autodeterminarsi. La badante era stata assunta da poco, sì, ma ciò non basta — sottolinea la Corte — a dedurre automaticamente una condotta fraudolenta. Anzi, la rapidità dell’atto testamentario dimostrerebbe più verosimilmente la volontà di Frediani di reagire alla delusione nei confronti dei suoi congiunti.
Il patrimonio resta però congelato, in attesa del possibile ricorso in Cassazione. Una sospensione prudenziale, che riflette l’entità economica della vicenda e l’altalena giudiziaria che l’ha accompagnata finora. Se la Suprema Corte dovesse confermare la decisione d’appello, i beni tornerebbero nella piena disponibilità della coppia. In caso contrario, il procedimento subirebbe un nuovo scossone, e l’eredità potrebbe ancora cambiare destinazione.
La sentenza di Torino, al momento, registra una verità più complessa rispetto alla lettura iniziale: non tutti i rapporti interrotti nascono da inganni, e non tutte le eredità anomale sono il prodotto di un raggiro. Talvolta, come nel caso di Frediani, il diritto si trova a decifrare emozioni che hanno radici lontane, dove la solitudine pesa quanto il denaro e un testamento può trasformarsi nell’ultima parola di un conflitto irrisolto.
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