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Cronaca

Fabbrica svuotata e milioni spariti: sei misure cautelari per la bancarotta fraudolenta che ha smantellato un’azienda di casalinghi nel Vco

Promesse di risanamento, macchinari spariti e merce rivenduta all’estero: la Finanza ricostruisce il collasso di una società in liquidazione

Fabbrica svuotata e milioni spariti

Fabbrica svuotata e milioni spariti: sei misure cautelari per la bancarotta fraudolenta che ha smantellato un’azienda di casalinghi nel Vco

Un’azienda di casalinghi in difficoltà, una rete di sedicenti esperti del risanamento aziendale e una scia di beni scomparsi nel nulla. Dietro la bancarotta fraudolenta da 2,5 milioni di euro contestata dalla Procura di Verbania c’è uno schema che, secondo gli inquirenti, ha svuotato un’intera fabbrica trasformando la crisi in un’opportunità di profitto illecito. Il bilancio dell’operazione coordinata dalla Guardia di Finanza del Verbano-Cusio-Ossola è pesante: quattro arresti in carcere, una persona ai domiciliari, una sottoposta all’obbligo di dimora.

Secondo la ricostruzione degli investigatori, i sei indagati si sarebbero presentati come professionisti in grado di rimettere in piedi aziende sull’orlo del fallimento, promettendo consulenze legali e amministrative capaci di riportare in equilibrio i conti. In realtà, dietro queste offerte si sarebbe nascosto un disegno opposto: sottrarre beni, liquidità e capacità produttiva alla società verbanese, entrata in liquidazione nel novembre 2024.

La vicenda prende forma a partire dal passaggio di proprietà avvenuto nel 2023, quando i nuovi amministratori — descritti dalla Finanza come “pseudo imprenditori” — assumono il controllo dell’attività. Da quel momento, lo stabilimento cambia volto: magazzini svuotati, linee produttive ferme, macchinari caricati su camion e fatti sparire. Un intero complesso produttivo, spiegano gli inquirenti, sarebbe stato smantellato pezzo dopo pezzo e trasferito in capannoni distribuiti tra Milano, Brescia, Varese e Como.

Durante le perquisizioni, i finanzieri hanno recuperato beni strumentali e circa 30 mila articoli fra padelle e prodotti per la casa, per un valore complessivo di 2,3 milioni di euro. Parte del materiale sottratto, invece, era già stata esportata nella Repubblica Ceca e rivenduta, con i proventi della vendita finiti su conti esteri riconducibili agli indagati. Una strategia, secondo l’accusa, pianificata per allontanare ogni traccia contabile e rendere più difficile la ricostruzione dei flussi finanziari.

Il quadro economico della società, già compromesso, sarebbe stato ulteriormente aggravato da altre operazioni sospette. Dalle verifiche contabili è infatti emersa la presenza di fatture per 100 mila euro relative a consulenze mai eseguite: operazioni inesistenti che avrebbero drenato liquidità residua. A queste si aggiungono mancati introiti per 120 mila euro, cifra che gli inquirenti ritengono compatibile con vendite non registrate o documentazione amministrativa alterata.

Tra gli indagati compare anche un avvocato, con studi tra Piemonte e Lombardia, che — pur non destinatario di misure cautelari — avrebbe avuto un ruolo attivo nel passaggio di proprietà della società, agendo in nome e per conto di uno dei principali indagati. Un tassello che la Procura ritiene rilevante per comprendere come sia stato possibile instaurare un controllo pressoché totale dell’azienda prima del suo svuotamento.

L’inchiesta, nelle sue prime conclusioni operative, consegna l’immagine di un’azienda usata come contenitore da ripulire, non da salvare. La fase successiva sarà ora affidata al lavoro dei magistrati, che dovranno verificare responsabilità, movimenti finanziari e l’eventuale coinvolgimento di ulteriori soggetti ancora non emersi.

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