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Cronaca

Non comunica l’arresto del figlio e continua a percepire il reddito di cittadinanza: 58enne a giudizio a Torino

La Procura contesta la violazione dell’obbligo informativo imposto ai beneficiari

Non comunica l’arresto del figlio e continua a percepire il reddito di cittadinanza

Non comunica l’arresto del figlio e continua a percepire il reddito di cittadinanza: 58enne a giudizio a Torino (foto di repertorio)

Il procedimento è iniziato senza clamori, ma la vicenda porta con sé una serie di implicazioni che vanno ben oltre la singola posizione dell’imputato. A Torino un uomo di 58 anni, percettore del reddito di cittadinanza, è finito davanti al giudice perché non avrebbe comunicato all’Inps l’arresto del figlio, avvenuto l’11 gennaio 2021 per una rapina. Una mancata comunicazione che, secondo la Procura, configura una violazione precisa delle norme che regolavano l’accesso al sussidio.

La vicenda, ricostruita nel fascicolo aperto dalla sostituta procuratrice Fabiola D’Errico, nasce dagli accertamenti di routine effettuati sui percettori del reddito. Verifiche che avevano evidenziato alcune anomalie nella posizione dell’uomo, beneficiario dal 2020, e che avevano portato gli investigatori a controllare anche la posizione dei conviventi. È in questo contesto che era emersa la mancata comunicazione dell’arresto del figlio, elemento che avrebbe potuto portare alla riduzione o alla revoca dell’indennità.

Il quadro normativo all’epoca era chiaro: chi riceve il reddito di cittadinanza deve comunicare entro due mesi l’arresto di un familiare convivente. Una previsione introdotta per garantire trasparenza rispetto ai nuclei familiari coinvolti e per consentire all’Inps di verificare la corretta erogazione delle somme. Il 58enne, però, secondo l’accusa, non avrebbe mai dichiarato il cambiamento, continuando a percepire regolarmente il beneficio.

In caso di condanna, oltre alla responsabilità penale, per l’uomo potrebbe aprirsi anche la strada della restituzione delle somme. Si parla di decine di migliaia di euro, accumulate negli anni in cui il sussidio era stato erogato nonostante la condizione della famiglia non fosse più conforme ai requisiti richiesti. Una prospettiva pesante che rende il procedimento di particolare interesse anche sul piano amministrativo.

L’udienza di apertura, fissata per oggi, 1 dicembre, ha visto il giudice accogliere la lista dei testi indicati dalle parti, che verranno ascoltati nel corso dei prossimi mesi. Il processo riprenderà a febbraio, quando verranno sentiti gli ispettori Inps e probabilmente anche gli investigatori che hanno seguito la verifica sui percettori del beneficio.

La difesa, rappresentata dall’avvocato Andrea Giovetti, ha già delineato una linea chiara: l’imputato avrebbe agito in buona fede e non avrebbe mai avuto l’intenzione di nascondere informazioni decisive. Secondo questa ricostruzione, inoltre, l’Inps avrebbe potuto acquisire autonomamente la notizia della detenzione del figlio dai registri pubblici, senza necessità di una comunicazione diretta da parte del padre. Una posizione che mira a ridimensionare l’elemento dell’omissione volontaria, spostando il piano della responsabilità su un terreno meno intenzionale e più amministrativo.

Il procedimento, ora, entra nella sua fase istruttoria. Le testimonianze che verranno raccolte dovranno chiarire se la mancata comunicazione sia frutto di una scelta omissiva consapevole oppure, come sostiene la difesa, di un comportamento dettato da inesperienza e scarsa conoscenza delle norme. Solo alla fine del dibattimento sarà possibile stabilire se l’uomo dovrà restituire le somme e affrontare una condanna, o se potrà essere assolto dalla contestazione.

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