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Cronaca

Ricerche sospese: il Canavese inghiotte un alpinista svizzero senza lasciare segni

Le squadre di soccorso hanno perlustrato senza esito le montagne del Canavese. Ricerche sospese in attesa di nuovi indizi

Ricerche sospese

Ricerche sospese: il Canavese inghiotte un alpinista svizzero senza lasciare segni

È come se fosse svanito nel nulla, inghiottito da un versante di roccia e silenzio, nel cuore più aspro delle montagne del Canavese. Da quasi un mese, nessuno ha più notizie di un alpinista svizzero di 64 anni, partito in solitaria il 23 giugno scorso per una traversata tra l’alta Valchiusella e il vallone di Scalaro, in provincia di Torino. Le ricerche sono andate avanti per 25 giorni, tra voli in elicottero, sorvoli con droni, perlustrazioni a piedi tra canaloni scoscesi e pareti impervie. Ma dell’uomo, nessuna traccia. Ora, con una decisione difficile ma inevitabile, il coordinamento tra Soccorso Alpino, Guardia di Finanza, Carabinieri e Vigili del Fuoco ha optato per la sospensione delle operazioni.

L’annuncio è arrivato nella serata di giovedì 18 luglio, dopo un’ultima giornata di tentativi andati a vuoto. Le squadre a terra hanno faticosamente risalito tratti di prato inclinato e salti rocciosi del vallone, nella speranza di un indizio: un indumento, una traccia sul terreno, un oggetto abbandonato. Nulla. Anche i droni dei Vigili del Fuoco hanno battuto la zona da più angolazioni, mentre l’elicottero Drago ha compiuto l’ultimo sorvolo tecnico del canalone. L’intera area – tra le più selvagge e meno battute del Piemonte – è stata bonificata più volte, sia dall’alto sia via terra, ma senza risultati concreti.

L’ultima segnalazione certa dell’uomo risale proprio al 23 giugno, giorno della sua partenza. Da allora, il telefono cellulare risulta spento o irraggiungibile e non si sono verificati né avvistamenti né segnalazioni utili. Nonostante il suo profilo fosse quello di un alpinista esperto e ben attrezzato, l’area scelta per l’escursione è notoriamente isolata, priva di rifugi presidiati e con segnale telefonico molto instabile. È proprio qui, nel tratto tra la cresta spartiacque della Valchiusella e il vallone che scende verso Scalaro, che i soccorritori hanno concentrato gli sforzi, giorno dopo giorno, con il supporto dell’elicottero della Guardia di Finanza.

A rendere ancora più complesso l’intervento è stata anche la morfologia del territorio, fatta di pendii erbosi che si interrompono bruscamente, rocce friabili, passaggi stretti tra massi e canaloni che possono celare tutto, anche un corpo. È per questo che, pur sospendendo le ricerche attive, le squadre rimangono in stato di allerta, pronte a intervenire qualora emergessero nuovi elementi: una segnalazione da parte di escursionisti, un ritrovamento casuale, un cambio nelle condizioni meteorologiche che possa offrire visibilità su zone finora precluse.

Il caso ha colpito anche perché ricorda altri episodi analoghi avvenuti in passato in Piemonte, dove alpinisti esperti hanno perso la vita o sono scomparsi senza che si riuscisse a localizzarli. Queste aree di alta quota, lontane dalle rotte turistiche, sono molto amate dagli escursionisti più solitari, ma possono diventare trappole micidiali se si presenta un imprevisto: un malore, una caduta, anche solo un errore di valutazione.

Non è escluso, a questo punto, che il corpo dell’alpinista possa trovarsi in un’area non visibile né raggiungibile senza ulteriori rischi per gli operatori. Anche per questo motivo si è scelto di interrompere le attività, come ha confermato il comunicato diramato al termine del vertice congiunto tra forze coinvolte. Una sospensione non definitiva, ma fino a nuova segnalazione.

In attesa che qualcosa riemerga da quel silenzio di pietra, la montagna resta lì, immutabile e impenetrabile, testimone di una presenza che ora vive solo nel ricordo e nell’incertezza. Le ricerche potranno riprendere in futuro, ma per ora il Canavese conserva il suo mistero.

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