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Cronaca

Torino, due condanne per violenza, poi lo stalking: ora il processo si ferma per infermità mentale

Scarcerato nel 2024, M.F. è accusato di stalking e rifiuto d'identità. Processo sospeso per disturbo psicotico

Torino, due condanne

Torino, due condanne per violenza, poi lo stalking: ora il processo si ferma per infermità mentale

Un nome già noto alle cronache giudiziarie. Due condanne per violenza sessuale alle spalle. Una nuova accusa, questa volta per atti persecutori. E un processo che si ferma perché l’imputato, secondo una perizia medica, non è in grado di sostenerlo. Il caso di M.F., 27 anni, originario della Guinea, sta provocando sconcerto e inquietudine a Torino, dove i fatti si sono svolti.

L’uomo era stato condannato nel 2020 per due distinti episodi di violenza sessuale, scontando alcuni anni in carcere. Dopo la scarcerazione nel febbraio 2024, si pensava che la sua vicenda giudiziaria fosse conclusa. Invece, nel giro di pochi mesi, il suo nome è tornato nei registri della procura, questa volta con una nuova accusa: stalking ai danni di una giovane barista che lavora in un locale di via San Secondo.

Secondo quanto emerso dalle indagini, tra luglio e agosto dell’anno scorso, M.F. si sarebbe presentato ripetutamente nel bar dove la donna era impiegata. Si sedeva ai tavolini senza ordinare nulla, osservava in silenzio, tornava giorno dopo giorno, fino a diventare una presenza inquietante e opprimente.

Inizialmente la ragazza aveva cercato di ignorarlo, poi ha iniziato a sentirsi minacciata, fino a decidere di rivolgersi alle forze dell’ordine. Da quella denuncia è partita un’indagine che ha portato, oltre all’accusa di stalking, anche a un altro episodio: durante un controllo della polizia, M.F. si è rifiutato di mostrare i documenti, aggravando la propria posizione.

A seguito delle accuse, l’uomo è stato riportato in carcere e rinchiuso nella casa circondariale torinese Lorusso e Cutugno. Ma al momento dell’udienza preliminare, tenutasi lo scorso maggio, è arrivata la svolta: su richiesta della difesa è stata disposta una perizia psichiatrica, che ha accertato un disturbo psicotico NAS (non altrimenti specificato).

Secondo i periti, M.F. non è in grado di affrontare un processo, almeno per ora. Alla base della sua condizione clinica ci sarebbe anche una pregressa patologia oncologica, che potrebbe aver influito sul quadro psicologico generale. La diagnosi è potenzialmente reversibile, motivo per cui il giudice ha deciso di sospendere il procedimento e rinviarlo a ottobre, quando sarà effettuata una nuova valutazione clinica.

Nel frattempo, la barista che ha trovato il coraggio di denunciare si ritrova in un limbo: nessuna sentenza, nessun chiarimento, nessuna condanna. Solo una misura cautelare che tiene l’uomo in cella, ma che non risolve il problema di fondo.

Il caso di M.F. apre infatti una questione più ampia, che riguarda il trattamento giudiziario dei soggetti con problemi psichiatrici e il diritto delle vittime a una risposta chiara e tempestiva. Dopo la chiusura degli OPG, le alternative detentive per chi non è imputabile ma rappresenta un rischio per la collettività sono poche e spesso inadeguate.

La paura, per chi subisce le minacce, resta concreta. Lo stesso M.F., secondo quanto riportato da amici e parenti sentiti dalla polizia, avrebbe ammesso in modo confuso e frammentario la gravità del proprio comportamento. In attesa del nuovo esame psichiatrico, la città osserva, le istituzioni tacciono, e la giustizia resta in sospeso.

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