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Cronaca
28 Giugno 2025 - 11:07
Una normale mattinata di shopping si è trasformata in un’esperienza angosciante e umiliante per una 29enne che, lunedì scorso, si trovava in un negozio di abbigliamento all’interno del centro commerciale di Pavone Canavese. Stava provando dei pantaloncini, quando il gesto più banale — togliersi la gonna in un camerino — è stato interrotto da qualcosa di anomalo, disturbante, inaspettato: una mano, comparsa dal nulla, ha fatto capolino dallo spazio tra il pavimento e il separé, reggendo un cellulare acceso con la fotocamera puntata verso di lei.
La giovane ha avuto il riflesso immediato di voltarsi verso lo specchio, e quello che ha visto non è stato il suo riflesso, ma un incubo in diretta. Una scena rubata, silenziosa, ma di una violenza tanto invisibile quanto devastante. Scioccata, ha iniziato a urlare, tentando di coprirsi, richiamando l’attenzione delle persone nelle cabine vicine. Chi era nei paraggi ha pensato a un furto, a un’aggressione generica. Nessuno, all’inizio, ha capito davvero cosa stesse succedendo.
Nel caos che si è generato in pochi secondi, l’uomo è riuscito a darsi alla fuga, sparendo tra i corridoi del centro commerciale. Le commesse e la vigilanza sono intervenute, cercando di rassicurare la ragazza e ottenere una descrizione, ma del molestatore si sono perse subito le tracce.
Sconvolta e sotto shock, la vittima è stata accompagnata dai Carabinieri, dove ha formalizzato una denuncia dettagliata, ricostruendo l’episodio con lucidità nonostante lo stato emotivo. I militari dell’Arma hanno immediatamente avviato le indagini, partendo dall’acquisizione delle immagini di videosorveglianza, sia interne al negozio sia nelle aree comuni del centro commerciale. L’obiettivo è identificare l’uomo che, con un gesto tanto codardo quanto calcolato, ha violato la privacy della ragazza nel momento di maggiore vulnerabilità.
Il reato ipotizzato al momento è quello di interferenze illecite nella vita privata, ma non si esclude un aggravamento del capo d’imputazione: la dinamica, il luogo e il contesto potrebbero infatti portare a configurare l’episodio come violenza sessuale, anche nella sua forma non fisica ma psicologicamente invasiva e destabilizzante.
Nel frattempo, l’episodio solleva una riflessione più ampia: quanto sono sicuri i camerini nei negozi? Quanto è facile, per chi ha intenzioni devianti, approfittare di quegli spazi chiusi ma non del tutto protetti? E soprattutto, quante ragazze e donne ogni giorno si ritrovano in situazioni simili senza riuscire a denunciare, per paura, per vergogna, per senso di colpa?
La giovane ha avuto il coraggio di reagire e denunciare, rompendo un silenzio che spesso protegge solo chi compie questi atti. Tocca ora alle indagini fare il resto, ma resta la certezza che un camerino, luogo di intimità e scelta personale, non dovrebbe mai trasformarsi in una trappola.
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