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URS La Chivasso: tutti bravi a “pontificare”...

URS La Chivasso: tutti bravi a “pontificare”...

Gli Esordienti dell'Urs La Chivasso (foto di repertorio)

Chivasso, Natale del 1919. Dopo tanti anni di guerra ci sarebbe di che essere felici, ma la “Spagnola” è ancora lì, a ricordare che si può morire anche lontano dalle trincee, tra le mura di casa, avvolti nel tepore delle proprie lenzuola.

Però adesso è Natale, la celebrazione della vita, l’epidemia sta mollando e poi, tutto sommato, la gioventù è sfrontatezza, voglia di ricominciare, di divertirsi calciando un pallone spelacchiato nella Piazza d’Armi, sognando di essere un calciatore della fortissima Pro Vercelli o della rivelazione Casale.

Nasce, più o meno così, l’Unione Ricreativa Sportiva La Chivasso, principale punto di riferimento, negli anni a seguire, del calcio chivassese (ad onor del vero, va detto che, ad un certo punto, comparvero in città almeno un altro paio di importanti realtà calcistiche, di modo che anche qui, come in tutte le principali capitali europee, si potesse avere un derby e litigare nei bar…). 

Oggi, autunno del 2021, dopo oltre un secolo da quel Natale, mentre anche noi, come quei ragazzi, sogniamo la fine dell’epidemia (per noi che ci crediamo, ovvio…), l’URS La Chivasso ritira le proprie squadre dai campionati e, di fatto, chiude i battenti. Uno strappo profondo nel tessuto dell’associazionismo sportivo chivassese.

Una ferita lacerante. Adesso tutti a cercare i colpevoli, secondo la migliore tradizione per la quale trovare il peccatore annulla il peccato e dà prestigio a chi lo individua. L’associazionismo sportivo, per andare avanti, ha bisogno, innanzitutto, di soldi.

A settembre, noi portiamo i nostri ragazzi al campo o in palestra, paghiamo una quota, riceviamo in cambio una borsa o una tuta o una maglietta o tutte e tre e torniamo a casa, magari lamentandoci perché l’iscrizione aumenta ogni anno o perché il materiale non è di buona qualità.

Intanto un gruppo di volontari, riuniti a casa di uno di loro, prova ad immaginare (più spesso a fantasticare…) dove andare a recuperare i soldi che mancano per poter pagare affiliazioni varie, iscrizioni ai campionati, tasse gara, affitto delle strutture, acquisto del materiale e via dicendo.

Finito l’allenamento, andiamo a prendere i ragazzi, guardiamo gli allenatori sgolarsi sul campo e torniamo a casa esprimendo su di loro giudizi per lo più negativi, perché, si sa, tutti possono allenare e, soprattutto, i nostri figli sono sempre talenti incompresi.

Intanto, il solito gruppo di volontari prova a stilare la lista dei commercianti amici da cui andare a chiedere il consueto obolo o compila moduli per contributi da fame o, ancora, s’imbarca nella lettura di complicatissimi ed irraggiungibili bandi, perché gli allenatori si meritano  almeno un rimborso spese e, quelli bravi, quelli che, magari, piacciono ai genitori, anche qualcosa in più.

Infine, al sabato pomeriggio o alla domenica mattina, andiamo ad accompagnare i nostri ragazzi al punto di ritrovo dove il solito gruppo di volontari li attende con le proprie macchine per accompagnarli a giocare in giro per il mondo (a differenza degli allenatori, i membri del solito gruppo non hanno diritto ad alcun rimborso spese, per loro stessa decisione, quasi sempre formalizzata per evitare tentazioni…).

Noi, intanto,  torniamo a casa a guardarci comodamente  la partita in tv, finché all’intervallo, quando per un attimo torniamo a pensare, un fastidioso quesito ci attraversa rapido il cervello: ma che cosa spinge quelli là a portare in giro mio figlio a giocare? Sarà la passione? Sarà che non hanno niente di meglio da fare? O avranno qualche tornaconto..? E intanto gli anni passano, finché un giorno, per un motivo o per un altro, quelli del solito gruppo di volontari si sono stufati o magari non hanno più trovato i commercianti disponibili o, perché no, purtroppo hanno sbagliato qualche scelta e non riescono più ad andare avanti. Allora noi, seduti sul divano, naturalmente nell’intervallo della partita, apriamo i social e cominciamo a pontificare perché, si sa: che cosa ci vuole a portare avanti una società sportiva? Già… Che cosa ci vuole..?

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